La classe Zara fu una classe di incrociatori pesanti della Regia Marina, impiegata durante la seconda guerra mondiale; la classe era composta da quattro navi, Zara, Fiume, Pola e Gorizia.
La classe Zara fu l'evoluzione della classe Trento e apparteneva a quella categoria di incrociatori pesanti da 10000 t. definiti con il Trattato navale di Washington del 1921. Tra gli incrociatori pesanti da 10000 t tipo Washington, gli incrociatori classe Zara sono universalmente considerati i meglio riusciti e i più equilibrati in corazza, armamento e velocità.
Le navi parteciparono alle principali missioni belliche della Regia Marina nella seconda guerra mondiale come la battaglia di Punta Stilo (9 luglio) e la battaglia di Gaudo (28 marzo 1941) che fu il preludio alla battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941).
Fu durante quest'ultima battaglia che ben tre navi della classe, gli incrociatori Zara, Fiume e Pola furono affondate insieme ai cacciatorpediniere della classe Oriani Alfieri e Carducci.
L'incrociatore Gorizia, unica unità superstite della classe, dopo essere stato colpito gravemente il 10 aprile 1943 a La Maddalena nel corso un bombardamento aereo americano in cui venne anche affondato l'incrociatore Trieste, venne trasferito, per le necessarie riparazioni, a La Spezia dove fu ritrovato, semiaffondato, alla fine della guerra, non avendo potuto seguire all'armistizio dell'8 settembre il resto della squadra navale trasferitosi a Malta.
Lo Zara fu un incrociatore pesante della Regia Marina, che diede il nome alla omonima classe, evoluzione della classe Trento e che comprendeva anche le navi Fiume, Pola e Gorizia.
Costruito presso il cantiere OTO della Spezia, fu varato il 27 aprile 1930 ed entrò in servizio il 20 ottobre 1931. All'inizio della seconda guerra mondiale era inquadrato nella Iª Divisione Incrociatori della Iª Squadra di base a Taranto quale ammiraglia di Divisione con insegna dell'Ammiraglio Pellegrino Matteucci con in dotazione gli idrovolanti IMAM Ro.43. Lo Zara partecipò alle principali missioni belliche della Regia Marina nel conflitto come la battaglia di Punta Stilo (9 luglio 1940) e la battaglia di Gaudo (28 marzo 1941) che fu il preludio alla battaglia di Capo Matapan (29 marzo 1941): in tale occasione la Zara fu affondato assieme al Fiume, al Pola e ai cacciatorpediniere Alfieri e Carducci.
Lo Zara, nave di bandiera dell'ammiraglio Carlo Cattaneo, comandante la I Divisione, venne inviato in soccorso del Pola, colpito da un siluro di uno Swordfish britannico e immobilizzato dalla totale mancanza di energia elettrica e forza motrice. Con esso, il gemello Fiume e la IX Squadriglia cacciatorpediniere, composta dai caccia Oriani, Alfieri, Carducci e Gioberti.
Arrivate nella zona dove si aspettavano di trovare il Pola, prive di radar e quindi impossibilitate a rilevare minacce nell'oscurità che nel frattempo era calata, la squadra italiana (che giunse in prossimità del Pola addirittura con i calibri "chiusi" dai tappi previsti per la normale navigazione notturna in acque non ostili) fu cannoneggiata, a sorpresa e alla distanza estremamente ridotta di circa 6 miglia, dalle corazzate inglesi Barham, Valiant e Warspite. Lo Zara, che procedeva in testa alla formazione, fu centrato da numerose salve di grosso calibro incendiandosi e finendo fuori combattimento in circa quattro minuti, senza avere la possibilità di allontanarsi o rispondere al fuoco. Il comandante ordinò l'autoaffondamento; mentre l'ordine veniva eseguito da un gruppo di volontari guidati dal ten. col del genio navale Domenico Bastianini, sopraggiunse il cacciatorpediniere Jervis, che lanciò quattro siluri contro l'incrociatore. Centrato da due di essi, lo Zara saltò in aria. Morirono 782 dei 1098 uomini a bordo, fra cui l'ammiraglio Cattaneo ed il comandante della nave, c.v. Luigi Corsi, che avevano deciso di affondare con la nave. Dei sopravvissuti, 279 furono catturati dagli inglesi.
Il Fiume fu un incrociatore pesante della Regia Marina italiana. Con altre tre navi gemelle (Zara, Pola e Gorizia) faceva parte della classe Zara, sviluppata negli anni 1930.
Costruito nello Stabilimento Tecnico Triestino di Trieste, entrò in servizio alla fine del 1931. All'inizio del secondo conflitto mondiale era inquadrato nella 1ª divisione incrociatori della 1ª squadra di base a Taranto ed era dotato degli idrovolanti IMAM Ro.43.
Nel corso della battaglia di Capo Matapan, il 28 marzo 1941, fu inviato assieme alle altre unità della I Divisione a soccorrere il gemello Pola, immobilizzato da un aerosilurante britannico. Le navi italiane furono però individuate dalle corazzate britanniche Barham, Valiant e Warspite, che aprirono il fuoco contro le ignare unità della 1ª divisione. Il Fiume, illuminato per primo dal proiettore del cacciatorpediniere Greyhound, fu devastato da numerosi colpi da 381 mm; incendiato, sbandò sul lato di dritta sino a che capovoltosi, affondò. Tra le unità perse nella battaglia, fu quella che ebbe le perdite maggiori fra l'equipaggio: 813 morti su 1104 uomini a bordo, fra cui il comandante, c.v. Giorgio Giorgis, che fu decorato con la medaglia d'oro al valor militare.
Il 10 agosto 1952, su una spiaggia nei pressi di Cagliari, venne rinvenuta una bottiglia molto incrostata ma ben sigillata con della cera che, al suo interno, celava, scritto su un pezzo di tela strappato da una copertura di mitragliera.
Dopo accurate ricerche si trovò il nominativo del marinaio tra quelli dei dispersi dell'incrociatore Fiume, coinvolto nella battaglia navale di Gaudo e Capo Matapan (di 11 anni prima), dove trovarono la morte 2.331 marinai italiani: 782 sullo Zara, 813 sul Fiume, 328 sul Pola, 211 dell'Alfieri, 169 del Carducci e 28 di altre unità navali.
Il caso fece molto scalpore e fu ampiamente trattato dalla stampa italiana, la madre venne informata e suo figlio fu insignito della medaglia di bronzo al valor militare alla memoria.
Il nome discendeva dalla città di Fiume, così il motto Sic indeficienter virtus (così il valore inesauribile) deriva dal motto Indeficienter presente dal 1659 sullo stemma della città.
Il Pola fu un incrociatore pesante della Regia Marina, appartenente alla classe Zara, costruito nei cantieri OTO di Livorno ed entrato in servizio nel 1932. Fu affondato durante la seconda guerra mondiale nel corso della battaglia di Capo Matapan il 29 marzo 1941.
Impostata nei cantieri OTO di Livorno il 17 marzo 1930, la nave venne varata il 5 febbraio 1931 con il nome di Pola in onore dell'omonima città italiana, per poi entrare in servizio il 21 dicembre 1932. Nel corso del periodo interbellico l'incrociatore svolse un'intesa attività di addestramento nelle acque del mar Mediterraneo, oltre a riviste navali nelle acque italiane e visite nei porti nazionali; tra il 1936 e il 1937 il Pola fu impegnato operativamente nelle acque della Spagna durante il periodo della guerra civile spagnola[1], come parte della missione internazionale volta a contrastare il contrabbando di armi nella regione. Il 23 novembre 1938, nel corso di un'esercitazione nelle acque di casa, il Pola investì per errore il cacciatorpediniere Lampo provocandogli gravissimi danni tra cui il distacco della sezione di prua.
Nel giugno 1940, all'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale, il Pola ricopriva l'incarico di nave di bandiera dell'ammiraglio Riccardo Paladini, comandante della 2ª Squadra navale ed era dotato degli idrovolanti IMAM Ro.43. In questa veste l'incrociatore prese parte alla battaglia di Punta Stilo il 9 luglio 1940, primo importante scontro tra le flotte italiana e britannica: l'incrociatore scambiò colpi con le unità nemiche e, al pari del resto della squadra italiana, fu preso di mira per errore dai bombardieri della Regia Aeronautica, senza tuttavia riportare alcun danno. Dal 25 luglio 1940 il Pola fu nave di bandiera dell'ammiraglio Angelo Iachino, succeduto a Paladini alla guida della 2ª Squadra; il 31 agosto l'incrociatore prese il mare con il resto della flotta per contrastare un trasferimento di navi britanniche da Gibilterra ad Alessandria d'Egitto (operazione Hats), ma rientrò in porto senza essere entrato in contatto con il nemico. Il Pola si trovava ancorato a Taranto nella notte tra l'11 e il 12 novembre 1940 quando la base fu attaccata da aerosiluranti britannici, ma non riportò alcun danno; il 27 novembre seguente l'incrociatore partecipò invece alla battaglia di capo Teulada, finendo sotto il tiro delle unità nemiche ma senza riportare conseguenze.
Il 14 dicembre 1940 il Pola si trovava ancorato a Napoli quando il porto fu preso di mira da un'incursione di bombardieri nemici: colpito da due bombe, l'incrociatore riportò 22 morti tra l'equipaggio e vari danni tra cui uno squarcio nello scafo, rimanendo in riparazione fino al febbraio 1941. Promosso Iachino alla guida della squadra da battaglia, il Pola fu trasferito in forza alla 1ª Divisione incrociatori dell'ammiraglio Carlo Cattaneo in coppia con altre due unità della stessa classe, gli incrociatori Zara (nave ammiraglia) e Fiume; il 27 marzo 1941 la divisione salpò quindi per partecipare a una massiccia incursione italiana contro il traffico nemico nel Mediterraneo orientale, azione che portò alla battaglia di Capo Matapan.
Dopo un'infruttuosa ricerca di convogli nemici e uno scontro senza esito con una formazione di incrociatori britannici a sud dell'isolotto di Gaudo, nel pomeriggio del 28 marzo la flotta italiana fu attaccata da aerosiluranti che danneggiarono la nave da battaglia Vittorio Veneto. Le altre unità si radunarono intorno all'unità colpita per difenderla da altri attacchi aerei, e fu nel corso di uno di essi che, alle 19:50 circa, un aerosilurante Fairey Swordfish britannico decollato da Creta colpì il Pola con un siluro, mettendo fuori uso tanto apparato motore quanto l'impianto elettrico e lasciandolo immobilizzato in mezzo al mare; la nave, praticamente alla deriva, imbarcava acqua e, priva di energia elettrica, non poteva muovere le torri dei cannoni[5]. Con una controversa decisione, l'ammiraglio Iachino ordinò a Cattaneo di invertire la rotta e di inviare a soccorso del Pola l'intera 1ª Divisione unitamente ai cacciatorpediniere della IX Squadriglia (Vittorio Alfieri, Giosuè Carducci, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti); la manovra di soccorso portò le unità italiane a breve distanza dalle flotta britannica dell'ammiraglio Andrew Cunningham che, cogliendole di sorpresa grazie all'oscurità, aprirono il fuoco affondando i due incrociatori Zara e Fiume e i cacciatorpediniere Alfieri e Carducci.
Impossibilitato a manovrare e fare fuoco, il Pola era rimasto immobile nel corso dello scontro venendo quasi del tutto ignorato dalle unità britanniche, lanciate alla caccia della danneggiata Vittorio Veneto; solo dopo due ore di infruttuosa ricerca i britannici tornarono a dedicarsi all'immobilizzato incrociatore: il cacciatorpediniere HMS Jervis si avvicinò al Pola con l'intenzione di silurarlo, ma visto che dall'unità non giungevano segni di ostilità il comandante britannico diede ordine di affiancare la nave italiana per trarne in salvo l'equipaggio. I britannici riferirono di aver trovato sull'incrociatore una certa confusione tra l'equipaggio: quando l'incrociatore era stato colpito diversi uomini si erano gettati in mare, convinti che la nave stesse per affondare; in seguito molti di questi uomini erano stati recuperati a bordo, ma il contatto con l'acqua gelata aveva iniziato a produrre casi di assideramento e per scaldarsi molti di essi si tolsero le uniformi bagnate e ingerirono abbondanti quantità di alcolici. Le immagini di gruppi di marinai seminudi e in stato di ubriachezza spinsero quindi i britannici a pensare che sull'unità italiana vi fosse stato un crollo della disciplina. Trasferito a bordo l'equipaggio italiano, il Jervis si staccò dall'incrociatore che, intorno alle 3:55, fu infine silurato e affondato dal cacciatorpediniere HMS Nubian.
In percentuale, le perdite del Pola furono inferiori a quelle delle altre unità, ma fu registrato comunque un numero di vittime elevato: perirono 328 uomini su 1041 imbarcati. Tutti i superstiti, incluso il comandante capitano di vascello Manlio De Pisa, furono fatti prigionieri.
Durante il conflitto l'incrociatore effettuò dodici missioni di guerra per un totale di 13.174 miglia nautiche percorse.
Il Gorizia fu un incrociatore pesante della Regia Marina italiana, appartenente alla classe Zara. Partecipò alla seconda guerra mondiale, prendendo parte a numerose battaglie prima di venire reso inoperativo da un bombardamento alleato nel 1943.
All'inizio della seconda guerra mondiale era inquadrato nella I Divisione incrociatori assieme ai gemelli Zara e Fiume dotati degli idrovolanti IMAM Ro.43. Partecipò alle principali battaglie del Mediterraneo e a missioni di scorta indiretta di convogli.
Il 9 luglio 1940 partecipò alla battaglia di Punta Stilo, primo scontro con la flotta inglese.
Il 31 agosto fu fra le unità uscite per contrastare l'operazione inglese “Hats” e che però tornarono in porto senza aver concluso nulla.
Si trovava a Taranto durante il celebre attacco aerosilurante inglese della notte fra l'11 ed il 12 novembre. Durante l'incursione fu fatto oggetto dell'attacco di un aereo britannico, che però fu abbattuto dalla contraerea del Gorizia.
Fra il 26 ed il 28 novembre 1940 prese parte alla battaglia di Capo Teulada, durante la quale sparò 12 salve e lanciò un idrovolante per individuare la flotta britannica.
Non partecipò alla battaglia di Capo Matapan e si salvò quindi dall'annientamento della I Divisione. Non esistendo più la sua formazione d'appartenenza, fu aggregato alla III Divisione incrociatori (Trento, Trieste, Bolzano).
Fra il 25 ed il 29 giugno 1941 fornì scorta indiretta – assieme al Trieste e alla XII Squadriglia cacciatorpediniere – al convoglio veloce dei trasporti truppe Esperia, Marco Polo, Neptunia ed Oceania diretti in Libia. Il convoglio era stato in un primo tempo fatto rientrare in porto per via dei violenti attacchi aerei. Prima di rientrare in Italia, il 30 giugno, il Gorizia fu oggetto di continui ma infruttuosi attacchi dall'aria, a Tripoli.
Il 26 agosto uscì in mare per contrastare l'operazione britannica “Mincemeat”. Il comando italiano non comprese però lo scopo della missione inglese (si trattava del minamento del Mar Tirreno al largo di Livorno) e ritenne che si trattasse di un convoglio; le navi italiane rientrarono nei porti senza aver nemmeno avvistato il nemico.
Fra il 21 ed il 22 novembre fu di nuovo in mare (con Bolzano, Trento e la VIII Divisione) per fornire scorta indiretta ad un convoglio diretto in Nord Africa. La formazione italiana fu però vittima di attacchi di sommergibili e aerosiluranti che danneggiarono gravemente il Bolzano e l'incrociatore leggero Duca degli Abruzzi, costringendola al rientro. Il Gorizia scortò, nei limiti del possibile, i mercantili che si erano dispersi sulla rotta di rientro.
Il 12-13 dicembre 1941 fu aggregato temporaneamente alla VII Divisione incrociatori (incrociatori leggeri Garibaldi e Montecuccoli) che con la corazzata Doria componeva il secondo gruppo d'appoggio per l'operazione di convogliamento “M. 41” (tre convogli con in tutto otto trasporti per la Libia). Il comando, avendo ricevuto notizia dell'uscita in mare della flotta inglese (cosa non vera) fece rientrare le navi nei porti, ma gli attacchi subacquei danneggiarono la corazzata Vittorio Veneto e affondarono le motonavi Fabio Filzi e Carlo del Greco (due altri mercantili, i piroscafi Iseo e Capo d'Orso, ebbero seri danni per una collisione).
Il 18 dicembre il Gorizia fece parte del gruppo di sostegno all'operazione di convogliamento “M. 42” (quattro mercantili), con il Trento e le corazzate Littorio, Cesare e Doria. Tale operazione (conclusasi con l'arrivo di tutti i trasporti) sfociò nella prima battaglia della Sirte, che terminò con un nulla di fatto.
Fra il 3 ed il 6 gennaio 1942, in qualità di nave ammiraglia della III Divisione (composta in quell'occasione solo da Gorizia e Trento, essendo gli altri due incrociatori in riparazione), fece parte della scorta indiretta a sei mercantili, nell'ambito dell'operazione “M. 43”.
Il 14 febbraio 1942, assieme al Trento, alla VII Divisione e alla corazzata Duilio (subito fatta tornare in porto), uscì in mare per intercettare un convoglio inglese diretto a Malta, non riuscendo tuttavia nell'intento (il convoglio fu comunque semidistrutto dagli attacchi aerei).
Fra il 21 ed il 24 febbraio fece nuovamente parte del gruppo d'appoggio ad un'altra operazione di convogliamento per la Libia, la “K.7”. In tale occasione, oltre al Trento e al Gorizia, alla III Divisione fu aggregato anche l'incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere. I due convogli della “K. 7” giunsero regolarmente a destinazione.
Tra il 21 ed il 24 marzo, con il Trento, la Littorio e il Bande Nere, prese parte alla seconda battaglia della Sirte, durante la quale colpì e danneggiò in maniera lieve i cacciatorpediniere britannici Kipling e Sikh. Durante la stessa battaglia un altro caccia inglese, il Kingston, fu messo fuori uso da una salva di grosso calibro (l'unità non tornò più in servizio: fu vittima di un bombardamento mentre era in riparazione in bacino a Malta) che si ritiene sparata dalla Littorio. Altre fonti indicano però il Gorizia nella nave dalla quale partì il colpo che danneggiò il Kingston.
Il 14-15 giugno partecipò alla battaglia aeronavale di Mezzo Giugno, insieme alla squadra navale inviata ad intercettare il convoglio britannico “Vigorous” diretto a Malta (corazzate Littorio e Vittorio Veneto, incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatori leggeri Garibaldi e Duca d’Aosta). Il Gorizia (che, per poter comunicare con i velivoli della Luftwaffe, aveva a imbarcato militari tedeschi) subì vari attacchi aerei senza tuttavia essere mai colpito. Non andò così al Trento che, immobilizzato da un aerosilurante, fu finito dal sommergibile HMS Umbra. La squadra navale proseguì comunque contro il convoglio inglese; le due formazioni non entrarono in contatto ma gli inglesi, di fronte alle perdite subite per i continui attacchi aerei e alla prospettiva di affrontare la ben più potente squadra da battaglia italiana, decisero di ritirarsi.
L'11-12 agosto 1942 uscì ancora in mare insieme a Trieste, Bolzano e alla VII Divisione, per prendere parte alla grande battaglia aeronavale di Mezzo Agosto: la formazione avrebbe dovuto annientare il convoglio inglese per Malta, già semidistrutto dai continui attacchi di aerei, sommergibili e motosiluranti. Il Gorizia era la nave di bandiera dell'ammiraglio Parona, comandante la III Divisione. Tuttavia Supermarina, temendo che gli incrociatori potessero essere attaccati da aerei o sommergibili, ordinò il rientro della squadra ben prima che questa potesse raggiungere il convoglio (ciò non impedì che un sommergibile silurasse il Bolzano e l'incrociatore leggero Muzio Attendolo).
Questa fu l'ultima missione di guerra del Gorizia. Il 9 dicembre, assieme al Trieste (l'unico altro incrociatore pesante rimasto in efficienza) si spostò da Messina a La Maddalena nel tentativo di sfuggire ai sempre più pesanti attacchi dell'aviazione anglo-americana.
Fu inutile: alle 14:45 del 10 aprile 1943 la base sarda fu attaccata da 84 bombardieri. A differenza del Trieste, il Gorizia ebbe il tempo di reagire con l'artiglieria contraerea, ma servì a poco. L'incrociatore fu attaccato da 36 aerei e fu presto colpito e messo fuori uso: il ponte fu sostanzialmente divelto dallo scafo, a bordo si svilupparono incendi, l'armamento fu distrutto e numerose falle si aprirono nello scafo. La nave fu ridotta ad un relitto galleggiante ed ebbe 63 morti (4 ufficiali, 6 sottufficiali, 53 marinai) e 97 feriti. Ciononostante si riuscì a ripararla in modo da consentirle di trasferirsi a La Spezia per evitare un sicuro affondamento (l'indomani, infatti, La Maddalena fu nuovamente attaccata da aerei con obiettivo il Gorizia.
Le riparazioni non poterono procedere per mancanza di materiale e così, all'armistizio, la nave era ancora inutilizzabile e non poté prendere il mare. La sera del 9 settembre 1943 fu abbandonata dall'equipaggio e catturata dai tedeschi, che la abbandonarono dopo aver asportato tutto ciò che poteva essere usato.
Nel 1945 fu trovato semiaffondato nel porto ligure e non si poté far altro che demolirlo.
(Web, Google, Wikipedia, You Tube)
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