giovedì 20 dicembre 2018

I PRIMI RADARS ITALIANI, EVOLUZIONI SOCIETARIE NAZIONALI E INTERNAZIONALI


Negli anni precedenti il Secondo Conflitto Mondiale, pochi sanno, ma noi italiani eravamo allo stesso livello degli altri anche nello sviluppo del radar. 

Nuove armi furono impiegate in base a nuovi concetti che sostituirono la guerra di trincea con la guerra di movimento e, purtroppo, con i bombardamenti terroristico-strategici.
L’efficienza delle nuove armi fu moltiplicata dal progresso tecnologico in campo preminentemente elettronico: 
  • l’ecogoniometro (il sonar); 
  • il calcolatore; 
  • il radio detector Telemetro (RDT), o radiolocalizzatore o radar. 

La prima intuizione tecnico-scientifica sul “radiolocalizzatore” venne naturalmente a Guglielmo Marconi nel 1922. Così scriveva:

“””…apparati con cui una nave potrebbe proiettare un fascio di questi raggi, i quali sarebbero riflessi incontrando un oggetto metallico…”””.

Nel 1935 Marconi organizzò una dimostrazione per ufficiali del Regio Esercito Italiano sulla rivelazione di reparti di fanteria in movimento. Il successo tecnico fu subito chiaro ma l’applicazione in sé non era molto interessante all’epoca per le forze di terra. Lo scienziato condusse anche esperimenti da un noto albergo di Sestri Levante a picco su di uno sperone roccioso; è possibile che le voci di popolo sul fantomatico raggio della morte sia collegato a questi esperimenti.
Nel 1935 L’Italia aveva le capacità teoriche tecnologiche ed industriali richieste per la costruzione del radar, e questo è avvalorato dalla costruzione di una ionosonda ad impulsi dall’Istituto di ricerca delle Regie Poste. L’Istituto Militare Superiore delle Trasmissioni conferì al professor Ugo Tiberio l’incarico per le prime ricerche sul Radio Detector Telemetro, o RDT: era la prima definizione italiana del radar.
Il professor Tiberio già dal 1933 fu il primo al mondo a pubblicare lo studio teorico sul funzionamento e l’equazione fondamentale del radar nel suo articolo “Misura di distanze per mezzo di onde ultracorte”. Egli, all’epoca, era docente universitario di Elettrotecnica presso l’Università di Palermo ed insegnante presso la Accademia Navale di Livorno. Svolse le sue ricerche dal 1936 al 1943 presso il Regio Istituto Elettrotecnico Comunicazioni della Regia Marina lavorando allo sviluppo dei radiolocalizzatori. Elaborò prima la teoria completa del funzionamento del nuovissimo apparato elettronico, e quindi procedette ad una campagna di prove con strumenti costruiti in laboratorio. 
Dal 1936 i prototipi passarono dall’EC- 1 all’EC- ter, che fu lo strumento mostrato ai nostri Ammiragli nell’Aprile 1941, subito dopo il tragico affondamento di due incrociatori della nostra marina da parte della Royal Navy britannica.

Entro l’estate 1943 quasi tutte le nostre navi montavano il radar GUFO per scoperta navale (portata 12 km), avevamo pronto il FOLAGA per la difesa costiera ed un modello per la scoperta di aerei in avvicinamento l’ARGO con portata di 250 km!
Nel 1938 la Direzione Armi Navali richiese alla SAFAR di Milano lo studio e la realizzazione di prototipi del sistema di radio-localizzatore navale.
Nel 1942 il Ministero dell’Aeronautica non ritenne interessante il progetto rivoluzionario di un radar di bordo per aerei da caccia che funzionava scansionando su di un piano bidimensionale il raggio elettromagnetico di localizzazione, rendendo visibile addirittura la sagoma del bersaglio invece che la sua traccia generica. Anni di anticipo sugli americani, progettista l’ingegner Castellani della SAFAR.
Dopo la fine della guerra si venne a sapere che i nostri disturbatori radar prodotti dall’IMST avevano sempre accecato e reso inutilizzabili i radar inglesi a difesa di Malta.
Come al solito una miscela indigeribile di incapacità, ignoranza e supponenza dei nostri capi militari ci fece perdere tempo prezioso e, purtroppo, tante vite di soldati e marinai italiani.
Spesso sull’argomento RADARS ITALIANI appaiono accuse di disfattismo e tradimento: molti attribuiscono la sconfitta della Seconda Guerra Mondiale alla tragica combinazione di quei due fattori.
Circa i radio rilevatori o “RARI”, cioè i radar italiani, ci sarebbe molto da dire, non tanto sui risultati raggiunti, quanto sul come questi non siano stati conseguiti e ciò malgrado alcuni tecnici valorosi si occupassero del problema ed intravvedessero la sua importanza fin dal 1935…… l’Inghilterra e l’America hanno impiegato migliaia di esperti per la progettazione e costruzione dei radar: in Italia i tecnici addetti ai radar erano al massimo qualche decina, il numero esiguo degli studiosi addetti li obbligava poi a seguire sia le ricerche sperimentali sia la produzione.
Per fare un esempio la Società Anonima più tardi Fabbrica Apparecchi Radiofonici o SAFAR, una delle più avanzate delle poche società italiane nel settore, impiegava nei due stabilimenti di Milano e Roma non più di 12 ingegneri, 60 progettisti e 4.500 fra impiegati e operai per una produzione ad ampio spettro civile (radio per uso domestico e i primi televisori) e militare (potenzialmente capace una produzione mensile di 200 telefoni interni per navi, 100 apparati radio per navi e basi aeree, 40 apparati radio per aeromobili, 3/4 idrofoni, 6 ecogoniometri, 10 apparati RARI-per questi ultimi nel 43 si riteneva possibile produrre 15/20 rari, circa 3/4 al mese, per passare a pieno regime soltanto nel 1944.
Gli stessi Stati Uniti non riuscirono a coinvolgere nel loro programma di ricerca Radar non più di 4400 tecnici e ingegneri abbastanza qualificati pur potendo disporre di risorse e di una base di reclutamento enormemente più ampia. Da un gruppo iniziale di alcune centinaia di persone, si passò a circa 400 nel 1941 ed a 4400 nel 1946, con stanziamenti annuali passati da 1,7 a 13,7 milioni di dollari, il numero di progetti in corso da 200 a circa 900, mentre per la produzione di apparati Radar fu investita la somma di due miliardi e 700 milioni di dollari e questo senza contare l’apporto britannico che fu molto importante.

Tornando a noi, nel 1933 Guglielmo Marconi, in una esperienza fatta alla presenza delle autorità militari italiane, dimostrò la possibilità di rivelare ostacoli mediante la riflessione di onde elettromagnetiche. A seguito delle esperienze di Marconi, nel 1935 venne presentato un rapporto al “Comitato Interministeriale per i Servizi Militari Elettrici” che sintetizzava una ricerca condotta da Ugo Tiberio intesa a chiarire se e in qual modo gli apparati per il sondaggio ionosferico potessero adattarsi alla rivelazione di aerei e di navi a grande distanza. In tale rapporto erano preminente la teoria elementare della portata radar (equazione del radar nello spazio libero) e gli schemi e i dati fondamentali dei due apparati, uno ad onda continua ed uno ad impulsi.
In ogni caso il Prof. Tiberio, nominato Ufficiale di complemento del Corpo Armi Navali, nel 1936 (anno in cui un primo prototipo di radar americano venne testato in mare cosa che dimostra che il ritardo tecnologico del nostro paese era di 3/4 anni non enorme ma incolmabile date le diverse realtà tecnico scientifiche) venne trasferito al Regio Istituto di elettrotecnica e delle Comunicazioni (RIEC) di Livorno con l’incarico di insegnare fisica e radiotecnica all’Accademia Navale e tra i suoi incarichi gli fu dato quello di approfondire le sue ricerche per arrivare a definire un Radio-telemetro. Gia da questa parola appare chiaro che quello che si ricercava non era un apparato di scoperta ma bensì un apparato in grado di misurare le distanze a integrazione dei tradizionali telemetri ottici, da impiegare in condizioni di scarsa visibilità quando questi non erano i grado di fornire i dati con sufficiente precisione e con secondarie capacità di scoperta; tali requisiti erano gli stessi alla base dello sviluppo dei radar imbarcati tedeschi.
Durante la prima guerra mondiale la Regia Marina Italiana era certa che le sue navi non avrebbero potuto condurre il tiro cannoniero da distanze superiori ai 10/12.000 metri (come francesi austriaci russi e americani); inoltre aveva scoperto con rammarico che le marine britanniche e tedesca erano in grado di combattere a distanze attorno ai 20.000 metri: iniziò perciò una affannosa opera per colmare questo limite tecnologico sviluppando tutta una serie di attrezzature: apparati di punteria generale, gimetri, inclinometri, telemetri centrali di tiro, e finanziando la nascita di un industria in grado di produrli.
Si riuscì a colmare questo gap solo all’inizio degli anni ’30.
Lo sviluppo del radar navale si inserisce in questo sforzo volto alla progettazione di un apparato che integrasse i sistemi ottici di conduzione del tiro. Purtroppo, l’apparato radio-telemetrico all’epoca poteva fornire un rilevamento con un approssimazione di circa 150 metri che se era irrilevante per un apparato di scoperta era grande per un apparato di puntamento: questo aiuta a capire perchè fosse cosiderato non ancora utile per un uso pratico immediato da un esperto di sistemi della conduzione del tiro come l’ammiraglio Iachino che, in questo caso specifico, può essere al massimo accusato di essersi troppo concentrato sulla materia di cui era riconosciuto specialista senza immaginare usi alternativi di questa tecnologia.
Dal 1936 l’ing. Ugo Tiberio portò avanti le ricerche e realizzò diversi prototipi di Radio-telemetro. 
I mezzi finanziari ed il personale messi a disposizione per tale compito furono limitatissimi (quattro sottufficiali, alcuni operai ed una assegnazione per l’anno 1937 di 20.000 lire – circa tredicimila Euro). Assieme al professor Tiberio iniziò a lavorare nel progetto anche il professor Nello Carrara, altro insegnate di fisica presso i Corsi normali dell’Accademia Navale.
Il professor Carrara già dal 1924, giovane fisico, faceva parte dell’Istituto EC e, sin dal 1932 si occupava di ricerche nel campo delle microonde; è sua la creazione del neologismo “microonde” (e di “microwaves”) nella letteratura scientifica dell’epoca. Il professor Carrara nel progetto “RDT” si occupò principalmente della progettazione e realizzazione di valvole di potenza e magnetron, componenti, questi, indispensabili per poter ottenere risultati apprezzabili e che l’industria italiana purtroppo ancora non produceva.
Nacque così nel 1936 il primo RDT (Radio Detector Telemetro) ad onda continua E.C.1 (acronimo derivato dal nome dell’Istituto EC) cui seguirono nel 1937 l’EC1/bis e l’EC/2 che non dettero risultati soddisfacenti.
Nel 1937 entrò a far parte del gruppo di ricercatori il Capitano delle Armi Navali, ingegner Alfeo Brandimarte che cominciò subito a lavorare alla realizzazione sperimentale del prototipo dell’EC3, non più ad onda continua modulata in frequenza, ma ad impulsi. Questa collaborazione, però, fu di breve durata perché Brandimarte, sposatosi senza autorizzazione, si vide precluse le possibilità di carriera in Marina, per l’entrata in vigore di una legge sul celibato e fu costretto a dare le dimissioni. Nel 1939, sul tetto dell’Accademia Navale, allora comandata dall’amm. Iachino, giravano così due radiotelemetri e il prof. Ugo Tiberio fece assistere l’ammiraglio ad un esperimento nel quale l’apparato a impulsi rilevò un aeroplano alla distanza di 30 km. Difficile giustificare la sua sorpresa nella notte di Matapan!
Solo dopo la disfatta della battaglia di Capo Matapan, la ricerca sul radio-telemetro venne accelerata e la fase di ricerca in cui era stata fino ad allora investita la somma complessiva di 60.000 dollari dell’epoca (1.140.000 lire/741000 euro) portò finalmente ai primi risultati concreti.
Furono in gran fretta ripristinati i prototipi fino ad allora realizzati e da questi scaturirono due apparati, battezzati rispettivamente “Folaga” e “Gufo” che differivano principalmente per la banda di frequenza di lavoro e che facevano del “Folaga” un prototipo per la vigilanza costiera (dopo l’armistizio, i tedeschi trasferirono in Germania la sua catena di montaggio.ndr) e del “Gufo” un prototipo per l’impiego navale.
Dal 1942 presso la divisione radiolettrica del centro sperimentale di Guidonia era stato costituito un altro gruppo di ricerca costituito da 3 ufficiali del genio aeronautico (Piccinini, Niutta, Barzilai) assistito da altri 4 tecnici e nell’ambito della “Mobilitazione RaRi”, vennero intrapresi per conto della Regia Aeronautica e del Regio Esercito studi e realizzazioni sperimentali di radar aviotrasportati per la ricerca marittima la caccia notturna e le future contromisure elettroniche (ECM) e terrestri per la ricerca lontana per la difesa del territori. 
Nacquero così progetti, prototipi originali o derivati da altri prototipi che presero nomi come “Argo”, “Vespa”, “Razza”, “Veltro”, “Lepre”, “Lince”, nelle versioni “Lince Vicino” e “Lince lontano”.
Definiti i progetti fu impostato un piano di produzione da affidato alle poche ditte italiane in grado di produrre tali materiali (Safar, Allocchio Bacchini, Marelli che si ritenevano capaci di produrre fino a 25 RARI al mese) del valore di 970 milioni di lire, circa 50 milioni di dollari, che avrebbe dovuto permettere di schierare 510 radar terrestri per avvistamento guida caccia e direzione del tiro contraereo e di dotare di radar 120 unità navali (tutte quelle in linea dalle torpediniere alle navi da battaglia) nonchè apparati di guerra elettronica.
La Germania concesse la fornitura di 400 apparati radar di cui 200 consegnati e 120 resi operativi alla data dell’armistizio e la licenza di produzione di altri 266 (produzione mai iniziata) presso la Telefunken Italia, ditta non coinvolta nella produzione di radar italiani. Sembrerebbe che, prototipi compresi, l’industria italiana abbia costruito prima dell’armistizio 13 radar navali e 21 terresti; dopo l’armistizio 67 radar navali e 77 terrestri.
Se per i radar terresti i problemi erano minori per quelli imbarcati voleva dire essere all’inizio del percorso.
Non si tratta di portare in una certa posizione della nave alcuni scatoloni, aprirli e collegare gli apparati come si farebbe con un televisore domestico: prima di tutto una nave era (ed è ancora) priva di ampi spazi disponibili: non è affatto semplice imbarcare e mettere in funzione un apparato radar in una delle zone più sensibili ed “affollate” di una nave già in servizio e procedere ad un vero e proprio refitting delle aree operative.
Sulle navi dell’epoca il problema era già tragico, come spazi disponibili: imbarcare l’oggetto significava collegarlo, assegnare spazio agli operatori, alimentarlo con l’energia necessaria, con l’ulteriore piccolo particolare che le navi italiane dell’epoca non erano ridondanti come potenza elettrica installata, e non ultimo problema erano alimentate in corrente continua.
Quindi, bisogna farlo funzionare: non solo chi e come lo deve gestire ma essere sicuri che gli apparati del sistema rispondano come nelle installazioni di prova: non siamo più sul terrazzo di un laboratorio di ricerca, ma su ponti metallici sottili, flessibili, in presenza di vibrazioni, di concussioni (non ci si meravigli quindi che la debolezza dei servomeccanismi, la poca potenza dei motori, le sollecitazioni meccaniche del moto nave, la temperatura, l’ umidità (non esisteva certo il condizionamento) furono il tallone di Achille del funzionamento a bordo, il fattore che ne impedì spesso l’utilizzazione pratica.
Anche il periodo di cobelligeranza è molto significativo per valutare l’ “efficienza” del sistema navale italiano. 
Durante la cobelligeranza, per un breve periodo di prestito da parte inglese e poi nell’immediato dopoguerra per cessione statunitense, furono imbarcati i primi radar su alcune delle “unità maggiori”, come gli incrociatori della classe Duca degli Abruzzi: non è il caso di addentarsi in dettagli, ma malgrado si trattasse di apparati ormai conosciuti, diciamo di impiego comune e certo non sperimentali, si trattò di un compito arduo e mai con risultati soddisfacenti (sino a che non si procedette, con ogni regola possibile, al rimodernamento delle unità, aumentando le sovrastrutture ed irrobustendo ponti, supporti ed alberatura).
Da tutto questo appare la differenza tra l’Italia e i belligeranti maggiori, pochi tecnici (sia pure di grande valore) poche risorse, poche ditte moderne e, parzialmente non erano comunque al massimo livello mondiale, tecnologicamente avanzate che non potevano supportare l’attività ricerca delle forze armate e in special modo della Marina che se compirono errori li fecero anche perché furono le sole a livello mondiale a dover scegliere tra pagare la ricerca e la produzione di navi e armi e su quali fronti di ricerca concentrare l’attività dei pochi ricercatori esistenti a detrimento di altri: caratteristico era il fatto che la Safar era costretta a dividere le sue risorse produttive e di ricerca dando alternativamente la precedenza a RARI o ecogoniometri a seconda delle esigenze rallentando lo sviluppo di questi sensori entrambi assolutamente necessari.

Di seguito si riportano alcune informazioni sull’evoluzione societaria delle aziende elettroniche che più hanno contribuito allo sviluppo tecnologico nazionale in campo radaristico.

La ditta SAFAR, Società Anonima Fabbricazione (più tardi Fabbrica) Apparecchi Radiofonici, nacque a Milano nel 1923 per produrre inizialmente solo cuffie radio e telefoniche, usate principalmente dalle Forze Armate italiane. Nel 1927 espanse la sua attività e contava all'epoca 375 dipendenti.
Nel 1931 iniziò la produzione radio in grande stile ed avendo ottenuti grandi ordinativi dall'Aeronautica e dalla Marina la ditta ampliò lo stabilimento.Nel 1933 la SAFAR produsse il “fono-goniometro a compensazione" che può essere considerato il primo ecogoniometro marino ad ultrasuoni.
Con l'occupazione dell'Etiopia la SAFAR fu incaricata di impiantare nuove stazioni radio ad Addis Abeba, Harrar, Mogadiscio; Asmara e Massaua. Una nuova specializzazione fu conseguita con la produzione di tubi a raggi catodici per tutti gli usi e di iconoscopi per le riprese televisive.
Dopo la guerra l'attività riprese per breve tempo nello stabilimento di Milano in Via Bassini 15, ove furono impegnati 12 ingegneri, 60 progettisti e 4.500 fra impiegati e operai.Dopo la cessazione dell'attività lo stabilimento passò alla LABEN Elettronica ed attualmente ospita la sede del CNR a Milano.
Nel 1946 i laboratori della televisione SAFAR erano già pronti per la produzione in grande serie di piccoli televisori commerciali, derivati direttamente dal ricevitore del radar "Gufo", con standard europeo a 625 righe. Purtroppo ancora una volta la SAFAR era troppo in anticipo sui tempi dato che in quegli anni in Italia la Televisione era l'ultima delle preoccupazioni.
Nell'estremo tentativo di diversificarsi la SAFAR arrivò addirittura a fabbricare un'autopista elettrica giocattolo! Si parla quindi di quasi 30 anni prima della famosa Polistil. Tutto ciò purtroppo non funzionò. Dopo aver rifiutato l'associazione con gruppi industriali stranieri la SAFAR, che aveva legato i suoi interessi al passato regime e aveva collaborato con la Germania, dovette cessare ogni attività nel 1948.
Arturo Vittorio Castellani nacque il 19 marzo 1903 a Gorizia e fece gli studi superiori a Trieste. Nel 1928 si laureò in ingegneria a Zurigo. Dopo un primo periodo alla Marelli, che lasciò intorno al 1929 dopo aver litigato col proprietario Quintavalle, nel 1932 divenne Direttore Tecnico Centrale della SAFAR di cui fu anche azionista con il 25-30% delle azioni. All'epoca il cav. Luigi Moscatelli era l'Amministratore Delegato.
Nel 1931, a soli 28 anni, pubblicò il suo primo libro sulla Televisione presso l'editore Hoepli. In questo libro Castellani spiegava come costruire una stazione trasmittente e ricevente televisiva di tipo elettromeccanico. Il libro contiene una descrizione dettagliata dei materiali e dei costi. Secondo lui con una produzione in serie il ricevitore poteva costare 1000 lire, una cifra notevole ma non astronomica. Nel 1932 uscì una nuova edizione. Il suo Trattato di televisione moderna uscì nel 1954 sempre per Hoepli.
L'ing. Castellani registrò numerosi brevetti nel campo della televisione e del radar e aveva installato nell'appartamento dove viveva a Milano un attrezzatissimo laboratorio. In un articolo su "Sapere" del 1939 Castellani previde l'avvento della televisione come servizio pubblico esteso a tutta l'Italia verso il 1945, previsione che si sarebbe certamente avverata se non fosse intervenuta la guerra.
Nel 1941/1942 progettò e costruì il prototipo del RDT/5 Veltro, radar italiano contraereo con dispositivo asservito per la punteria dei cannoni. Curò la produzione industriale di altri radar (EC3 bis, EC3 Ter Gufo ecc.) durante il conflitto.
Nel 1947 creò il Comitè International de Télévision divenendone Presidente nel 1954, alla morte del pioniere francese nel campo radiotelevisivo R. Barthélemy. Tale carica la mantenne fino alla morte.
Dopo la fine della SAFAR nel 1947 l'ing. Castellani svolse unicamente attività di consulenza per importanti ditte del settore elettronico e televisivo.
Fu commissario merceologico della Fiera di Milano sin dal 1947 e fondatore e realizzatore nel 1960 del MIFED (Mercato Internazionale del Film. del TV film e del Documentario).
Nel 1952 tentò di impiantare a Milano quella che sarebbe stata la prima TV privata ma il tentativo fu stroncato dalle autorità.
L'ing. Castellani scomparve prematuramente per infarto il 7 luglio 1968, in piena attività lavorativa.
Figura eminente di scienziato e ricercatore, fu uno degli esponenti più validi del progresso radiotecnologico italiano.
La gamma di televisori SAFAR nel 1939, sostanzialmente di prototipi prodotti in piccolissima serie.
La produzione cessò del tutto all'entrata in guerra dell'Italia (giugno1940). 
Purtroppo nessun apparecchio sarebbe sopravvissuto fino a noi.
L'ultima sede della SAFAR in Via Bassini 15 a Milano. Attualmente l'edificio ospita il CNR.
Le officine si trovavano presumibilmente sul retro dell'edificio.
Un'altra fabbrica era a Roma, in Via Tiburtina 963. Di questa non rimane niente da molti anni, ma non a caso la zona ha preso il nome di "Tiburtina Valley". Per un certo tempo sulle targhette degli apparecchi che costruiva la ditta apparve come "SAFAR Milano Roma". Forse, in omaggio al Regime, pensò di "romanizzarsi". A Roma in Via dei Villini esisteva anche un "Ufficio Rappresentanza Enti Statali”.
La "San Giorgio" - "Società anonima italiana per la costruzione di automobili marittime e terrestri" è stata una casa automobilistica italiana attiva tra il 1905 e il 1909.
Fondata a Sestri Ponente nel 1905 con il nome di "San Giorgio" - "Società anonima italiana per la costruzione di automobili marittime e terrestri" inizia la sua attività con costruzione di autovetture e di carrozze ferroviarie. La società era di proprietà della famiglia Odero, proprietaria dei Cantieri Odero di Genova.
Dopo un avvio molto soddisfacente la crisi economica del 1907 colpì l'azienda soprattutto per colpa dei dazi doganali con la Gran Bretagna dalla quale importava importanti componenti, l'andamento delle vendite sfavorevoli portò alla chiusura del ramo automobilistico dell'azienda nel 1909.
Successivamente la "San Giorgio" si specializzò nella produzione di dispositivi ottici, nella progettazione di strumenti di precisione e nell'elettromeccanica. Tra questi venivano fabbricati telemetri a coincidenza e stereotelemetri in dotazione alla Regia Marina ed ampiamente impiegati sulle navi da guerra italiane nel corso della seconda guerra mondiale. All'inizio della prima guerra mondiale l'azienda contava già 3000 dipendenti. Negli anni l'azienda subirà ancora altre evoluzioni più o meno radicali sia nella produzione che nella proprietà fino ad arrivare ai giorni nostri con il nome di Leonardo.

La SMA - Segnalamento Marittimo e Aereo S.p.A. era un'azienda italiana che operava nel settore del segnalamento civile e militare, costruendo radar navali e terrestri, apparecchiature di illuminazione per il segnalamento, sistemi per il monitoraggio ambientale, meteorologici, biomedici.
L'azienda venne fondata il 2 agosto 1943 a Firenze per iniziativa di Enrico Bocci, Lorenzo Fernandes e Giuseppe Salvini allo scopo di produrre apparecchiature meccaniche ed ottiche di segnalamento di progettazione francese. Cofondatore e in seguito presidente e poi presidente onorario della SMA il Professor Nello Carrara.
Nel corso della ricostruzione post-bellica nacquero o si svilupparono in Italia importanti industrie di tecnologia avanzata.
La SMA realizzò e produsse in serie nel 1949 il primo radar post-bellico italiano in Banda X, progettato da Nello Carrara, Lorenzo Fernandez e Pietro Lombardini, denominato CFL-3 dai cognomi dei suoi ideatori dove 3 rappresentava la lunghezza d'onda in centimetri.
Nel 1950 SMA stipulò un contratto con la Marina militare italiana per la fornitura di dieci radar di navigazione, sempre in Banda X, denominati 3N10 (sigla MMI: NMS 8) che furono consegnati nel 1952. Seguì lo sviluppo di diversi radar per usi militari, principalmente radar di navigazione e radar di scoperta aerea per le unità navali.
La tipologia delle apparecchiature radar, impiegate dalla Marina Militare italiana, nel corso degli anni cinquanta, nonostante lo sforzo dell'industria italiana di trovare la giusta soluzione per soddisfare le esigenze della flotta della Marina Militare era molto varia e in gran parte proveniente dal mercato americano; il primo passo per raggiungere l'obiettivo per una più ampia autonomia dal mercato estero, che sarà raggiunto solamente nel nuovo Millenniovenne intrapreso all'inizio degli anni sessanta della Società Segnalamento Marittimo e Aeronautico con la realizzazione di una nuova generazione di apparecchiature radar; il radar multifunzione MM/SPQ-2, realizzato dall'azienda, aveva caratteristiche tali da poter essere impiegato sia per la navigazione, sia la scoperta di superficie navale a breve distanza ed aerea a bassa quota ed in grado da soddisfare le esigenze operative delle unità minori, come unica apparecchiatura imbarcata, e quelle delle unità maggiori per integrare la copertura a breve distanza. Il modello base SPQ-2, che impiegava un'antenna fessurata, dall'inizio degli anni sessanta iniziò ad essere adottato da tutte le unità di nuova costruzione o sottoposte ad ammodernamento.
Negli anni sessanta venne approntato lo stabilimento presso la bellissima Villa Strozzi di San Martino a Soffiano, sopra Firenze, che verrà utilizzato per oltre un quarto di secolo, con successivi ampliamenti pur con le notevoli difficoltà dovute ai vincoli paesaggistico-ambientali.
Nel 1975 l'azienda iniziò lo sviluppo del radar per elicotteri ARS 705, restato in servizio, con diverse varianti ed ammodernamenti, per oltre 20 anni. Nel 1976 iniziò lo sviluppo dei radar navali di scoperta della Serie 700, tra cui SPS 701 su aliscafo Nibbio e del radar SPS 702 sulle fregate ASW Classe Lupo e classe Maestrale. Tra le apparecchiature prodotte l'antenna S.M.A. OA.3 del radar di scoperta aeronavale Selenia MM/SPS-774, che dai primi anni ottanta equipaggia le unità della Flotta della Marina Militare Italiana nonché il sistema di guida del missile Sea Killer.
Il 10 febbraio 1986 Lando Conti, sindaco di Firenze, dirigente della SMA e stretto collaboratore del ministro della Difesa Spadolini venne assassinato da un nucleo armato delle Brigate Rosse, organizzazione terroristica di estrema sinistra di matrice marxista-leninista che con un comunicato rivendicò l'omicidio.
Nel 1988 è entrata a far parte del gruppo EFIM, che controllava il 98.8% della società. Nel 1994 è stata inglobata nella Società Galileo passando sotto il controllo di Finmeccanica.

Elsag Datamat S.p.A. era un'azienda controllata da Finmeccanica, operante direttamente e tramite società controllate nei settori: ICT, Automazione, Sicurezza, Logistica e Trasporti. Dal 1º giugno 2011, in seguito alla fusione per incorporazione in Selex Communications S.p.A., Elsag Datamat ha cessato di esistere e la società incorporante ha assunto la denominazione SELEX Elsag S.p.A..
Fondata a Sestri Ponente nel 1905 con il nome di "San Giorgio" - "Società anonima italiana per la costruzione di automobili marittime e terrestri" inizia la sua attività con costruzione di autovetture e di carrozze ferroviarie. La società era di proprietà della famiglia Odero, proprietaria dei Cantieri Odero di Genova e dal 1907 partecipò anche alla gestione del Cantiere del Muggiano della Spezia ed aveva la sede direzionale nell'elegante palazzina liberty, progettata dall'architetto Gino Coppedè. La palazzina è tuttora esistente.
Successivamente la "San Giorgio" si specializzò nella produzione di dispositivi ottici, nella progettazione di strumenti di precisione e nell'elettromeccanica. Tra questi venivano fabbricati telemetri a coincidenza e stereotelemetri in dotazione alla Regia Marina ed ampiamente impiegati sulle navi da guerra italiane nel corso della seconda guerra mondiale.
All'inizio della prima guerra mondiale l'azienda contava già 3000 dipendenti.
Negli anni cinquanta, viene costituita la "Nuova San Giorgio S.p.A." società che contribuisce allo sviluppo dell'elettronica italiana, attraversandone tutta l'evoluzione storica dai tubi elettronici ai transistor, dai circuiti integrati fino all'introduzione del microprocessore e sviluppa una gamma completa di soluzioni, via via diversificandosi dal militare al civile.
Nel 1969 la divisione ESA (Sistemi Elettronici) viene da questa scorporata ed inserita nella neo-formata "Elettronica San Giorgio - Elsag", azienda della finanziaria STET. L'azienda effettua cospicui investimenti e partecipazioni azionarie, attivando collaborazioni con Università e centri di studio internazionali e definendo partnership con aziende d'eccellenza quali AEG-Telefunken, IBM Italia, Selenia, Oto Melara e Gruppo Fiat. Dalla collaborazione tra Selenia-Divisione Spazio ed Elsag nasce Selenia-Elsag, società del Gruppo STET, le cui attività nel 1982 vengono cedute a Selenia Spazio S.p.A. che dal 1989 entra a far parte di Finmeccanica.
Alla fine del 1990 Aeritalia incorpora Selenia e la nuova società cambia denominazione in Alenia, mentre la Selenia-Elsag diventa Alenia Elsag Sistemi Navali (AESN) occupandosi di sistemi elettronici della unità militari navali.
Tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta la società acquisisce le americane Bailey Controls Company e Fisher & Porter Company e la tedesca Hartmann & Braun; la Elsag diventa Elsag Bailey, multinazionale quotata in borsa.
Il 1º novembre 1998 nasce Elsag S.p.A. e diventa una società del gruppo Finmeccanica.
Un'ulteriore trasformazione della struttura societaria è avvenuta nel 2007 quando, con effetto dal 1º agosto, Elsag ha incorporato Datamat, società con sede a Roma operante da tempo nel settore dell'IT, già quotata presso la Borsa valori di Milano ed oggetto pochi mesi prima di un'OPA totalitaria da parte di Finmeccanica; oltre a Datamat, la società ha incorporato altre due società: Keycab S.p.A., interamente posseduta da Datamat, ed Elsag Domino S.p.A. interamente posseduta da Elsag. L'operazione ha comportato la variazione della denominazione sociale in Elsag Datamat.
Successivamente, nel secondo semestre 2010, un ulteriore riassetto societario in ambito Finmeccanica ha portato alla cessione di alcuni rami d'azienda, in particolare dei settori Difesa, Logistica e Ambiente alla società Selex Sistemi Integrati e del settore Spazio alla società Telespazio. La sede dell'azienda è sempre stata a Genova Sestri Ponente. Elsag Datamat operava nei settori dell'Information & Communication Technology, della sicurezza, dei servizi bancari e postali, dei trasporti e dei servizi alle pubbliche amministrazioni.
Le società controllate da Elsag Datamat erano le seguenti: ABS Technology, ED Contact, Electron Italia, Elsag North America, E-Security, Italdata, Net Service, Orangee, Sistemi e Telematica (SeT), Vega Deutschland.

Selenia Industrie Elettroniche Associate S.p.A. era una azienda italiana che operava nel settore dell'elettronica (satelliti, impianti radar, telecomunicazioni) e della difesa. Aveva stabilimenti a Fusaro, Roma, Giugliano e Pomezia.
Era controllata dall'IRI, attraverso Finmeccanica (oggi Leonardo-Finmeccanica) e STET.
Era stata fondata a Napoli il 22 marzo 1960, con sede a Napoli, dalla fusione di Sindel e di Microlambda con il nome di Sipel - Società industriale prodotti elettronici S.p.A., partecipata da Edison (20%), Finmeccanica e Raytheon (40%).
Microlambda-Società per Studi ed Applicazioni di Elettronica esistente dal 1951 era una società Finmeccanica-Raytheon già attiva nel settore della radaristica, mentre Sindel era un'azienda del gruppo Edison composta da un gruppo di ex ingegneri Microlambda. Con questa fusione si aveva intenzione di creare un polo industriale italiano per la creazione di complessi elettrici ed elettronici per uso militare.
Si trasforma in Selenia il 6 giugno 1960 e amplia il suo settore di business alle applicazioni per informatica e telecomunicazione civili. Nello stesso anno collabora alla costruzione del sistema missilistico contraereo NATO Raytheon MIM-23 Hawk su licenza Raytheon.
Nel 1961 fonda Vitroselenia.
Nella seconda metà degli anni sessanta, l'azienda progettò e realizzò il microcomputer per uso industriale Selenia Gp-16.
Nel 1969 avrà un ruolo primario in CIA S.p.A., consorzio italiano che si occuperà della progettazione e della costruzione del satellite per telecomunicazioni Sirio 1, in virtù della sua specializzazione nella produzione di apparati di telecomunicazione e telemetria. Le sue attività troveranno impiego anche nel settore meteorologico, missilistico (Aspide) ed aeroportuale.
Nel 1982 le attività di Selenia-Divisione Spazio vengono cedute a Selenia Spazio S.p.A. (Selenia-Elsag, Gruppo STET; dal 1989 Finmeccanica).
Il 21 dicembre 1990 Aeritalia incorpora Selenia e cambia denominazione in Alenia.
Oggi, la sua eredità è stata raccolta da Selex ES, parte del gruppo Finmeccanica (oggi Leonardo).
Secondo un reportage di Roberto Gressi, Roma Capitale delle Armi, pubblicato su L'Unità del 12 settembre 1987, nell'anno precedente Selenia ha realizzato 1.450 miliardi di lire di fatturato di cui 570 all'estero con un portafoglio ordini di 3.500 miliardi di lire e 12.800 dipendenti in 15 stabilimenti. Produceva radar (Pluto, Argos, controllo traffico aereo civile e militare), contromisure elettroniche (intercettazione, analisi e disturbo dei segnali radar di terzi) e sistemi missilistici (Aspide, Spada, Albatros), sistemi per l'elettronica di bordo/avionica (Panavia Tornado, AMX) e sistemi di puntamento laser/controllo guida missili/tiro.

Selex ES S.p.A. è stata una società italiana controllata da Finmeccanica, attiva nel settore dell'elettronica per la difesa e la sicurezza. Dal 31 dicembre 2015, le attività di Selex ES sono confluite nelle divisioni Sistemi Avionici e Spaziali, Elettronica per la Difesa Terrestre e Navale e Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni del settore Elettronica, Difesa e Sistemi di Sicurezza di Finmeccanica S.p.A. (dal 2017 Leonardo S.p.A.).
Nata ufficialmente come Finmeccanica Consulting S.r.l., nel dicembre 2011 la società si trasforma in Selex ES S.p.A. (acronimo di Selex Electronic Systems) ricevendo tutte le attività svolte dal Gruppo Finmeccanica nel settore Elettronica per la Difesa e Sicurezza.
Operativa dal 1º gennaio 2013 ha quindi incorporato Selex Galileo, Selex Elsag e gli asset di Selex Sistemi Integrati, acquistati per 66 milioni di euro. Quest'ultima, infatti, non è stata fusa in Selex ES per via dei contenziosi giuridici in essere.
Dopo le riorganizzazioni attuate nel tempo, al 31 dicembre 2015 Selex ES contava circa 17.000 dipendenti, 64 sedi di cui 48 in Italia, un portafoglio di 550 prodotti.
Era articolata in tre divisioni: 
Airborne and Space Systems: (prevalentemente militare) sensori aeroportati, velivoli senza pilota, sistemi di guerra elettronica, sistemi integrati di missione, sistemi di simulazione, aerobersagli, sensori stellari, payload ed equipaggiamenti. 
Land and Naval Systems: (militare) settore elettro ottico, architettura di sistemi complessi, sistemi tattici integrati, sistemi navali da combattimento, radar navali e terrestri, reti di comunicazioni militari. 
Security and Information Systems: (prevalentemente civile) architetture di sistemi per la protezione del territorio e delle infrastrutture critiche, gestione di dati e persone, sistemi di comunicazione, tecnologie dell'informazione e della comunicazione, sistemi aeroportuali e di controllo del traffico marittimo. 

Leonardo è un'azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza. Il suo maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze italiano, che possiede una quota di circa il 30%.
Leonardo-Finmeccanica è il nome con cui si è identificata Finmeccanica a partire da aprile 2016. L'azienda ha successivamente modificato la sua denominazione sociale in Leonardo S.p.A. dal 1º gennaio 2017, a seguito dell'approvazione del cambio di denominazione sociale da parte del Consiglio di Amministrazione dell'Azienda, avvenuta nell'aprile 2016.
Dal 1º gennaio 2016 in Leonardo-Finmeccanica sono confluite le attività delle società precedentemente controllate AgustaWestland, Alenia Aermacchi, Selex ES, OTO Melara e Wass e l'azienda è stata strutturata in 7 Divisioni operative: Elicotteri, Velivoli, Aerostrutture, Sistemi Avionici e Spaziali, Elettronica per la Difesa Terrestre e Navale, Sistemi di Difesa, Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni.
La società è quotata nell'indice FTSE MIB della Borsa di Milano.
La prima delle società storicamente appartenute al gruppo fu la "Società delle miniere di mercurio del Monte Amiata", costituita con atto per notaio Giuseppe Capitani di Livorno in data 20 giugno 1897, Reperto n. 9244, con le seguenti variazioni di denominazione e di ragione sociale: 
muta in "Monte Amiata Società Anonima Mineraria" 
in "Monte Amiata - Società Mineraria per Azioni", adeguando lo statuto alle disposizioni del codice civile 
in "Società Immobiliare e Finanziaria per azioni (SIFA)" 
con delibera assembleare del 30 aprile 1985 muta denominazione in "Società Immobiliare e Finanziaria per Azioni" 
il 20 ottobre 1992 la "Società Immobiliare e Finanziaria per Azioni - SIFA" ha incorporato la "Finmeccanica - Società finanziaria per Azioni", modificando la propria denominazione in "FINMECCANICA - Società per azioni”. 
Periodo IRI
Nata il 18 marzo 1948 come Società Finanziaria Meccanica – Finmeccanica S.p.A., finanziaria caposettore dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) per il settore meccanico, per molti decenni è stata una holding piuttosto diversificata; fino agli anni ottanta le principali aziende del gruppo erano: 
l'Aeritalia (nata nel 1969 dalla fusione della Società Italiana Aviazione, di proprietà della FIAT, dell'Aerfer e della Salmoiraghi, del gruppo Finmeccanica), attiva nella costruzione di aerei a corto-medio raggio nonché nella fornitura ai grandi costruttori di aerei civili e militari; 
l'Alfa Romeo (settore automobilistico), ceduta alla Fiat nel 1986; 
l'Ansaldo, che, scorporate le storiche attività cantieristiche, era attiva prevalentemente nell'elettromeccanica (turbine, centrali, trasmissione) e nel settore ferroviario. 
Nel 1991 SIFA (Società Immobiliare e Finanziaria per Azioni, ex-Monte Amiata) fuse ed incorporò la Finmeccanica.
Il progetto della “grande Finmeccanica”
Dal 1982, con Fabiano Fabiani direttore generale e poi amministratore delegato, prende corpo il progetto della "grande Finmeccanica", cioè di centralizzare nella finanziaria pubblica le aziende italiane attive in settori tecnologicamente avanzati e conferire così una certa "massa critica" alla presenza italiana (pubblica e privata) in settori come le tecnologie spaziali, i sistemi di difesa, la robotica, la microelettronica, fino ad allora frammentata tra le finanziarie Finmeccanica, STET (Iri), e Finbreda (EFIM); infatti, pur trattandosi di gruppi con il medesimo azionista (lo Stato), le varie aziende di fatto si muovevano autonomamente e la collaborazione tra di esse era minima. Vi erano inoltre alcuni gruppi privati in difficoltà nei quali Finmeccanica acquisì partecipazioni (risalgono a quegli anni l'ingresso nel capitale dell'Aermacchi, acquisita completamente vent'anni dopo e l'acquisizione delle Officine aeronavali di Venezia). Ma questo processo di centralizzazione fu lento e molto contrastato per le rivalità politiche nella spartizione degli incarichi ai vertici di aziende e finanziarie. Il 21 maggio 1987 diventa Finmeccanica S.p.A..
Il primo risultato fu raggiunto nel 1989, quando Stet cedette a Finmeccanica tre aziende-chiave: 
la Selenia, attiva nelle tecnologie spaziali, nei sistemi radar civili e militari, e nei sistemi di difesa (missili e siluri), che si fuse con l'Aeritalia per dare origine ad Alenia poi diventata Alenia Aerospazio ed infine AleniaAeronautica; 
la Elsag (già Elettronica San Giorgio), attiva nella robotica e nell'automazione industriale; 
le quote nella SG-S-Thomson, joint-venture italo-francese produttrice di semiconduttori, che negli anni novanta prese il nome di ST Microelectronics e divenne uno dei maggiori gruppi del settore. 
Nel 1990 acquisì le attività italiane del gruppo inglese Ferranti, che comprendevano aziende già in ambito Montedison come la fiorentina OTE (comunicazioni mobili), la milanese LABEN (spazio) e la Elmer (elettronica) di Pomezia.
La difficoltà maggiore per Finmeccanica era quella di reperire le risorse finanziarie necessarie per una crescita molto dispendiosa, dato che l'azionista Iri non era certo nelle condizioni di sostenerla. Così nel 1993 parte del capitale Finmeccanica fu aperto ai privati e l'azienda fu quotata in Borsa.
Con la messa in liquidazione dell'EFIM e delle sue controllate, divenne più semplice per Finmeccanica fungere da polo aggregante dell'industria italiana della difesa. Nel 1994 Finmeccanica assorbì aziende storiche, controllate da EFIM, come la Breda Meccanica Bresciana (munizioni), la Oto Melara di La Spezia (artiglieria), la Officine Galileo di Firenze (sistemi di puntamento) e la Agusta di Samarate (VA, elicotteri); nel 1996, dopo anni di estenuanti trattative con i liquidatori dell'EFIM, fu ufficializzato l'acquisto della Breda Costruzioni Ferroviarie, che andò a formare la AnsaldoBreda.
Tuttavia tra il 1999 ed il 2000 Finmeccanica stipulò accordi internazionali che sarebbero stati decisivi per il suo sviluppo successivo: 
con la britannica Marconi (poi BAE Systems) venne costituita la joint-venture AMS, che raccoglieva le attività ex-Selenia nell'elettronica per la difesa; 
con GKN fu costituita la joint-venture AgustaWestland, che costituiva il secondo produttore di elicotteri al mondo. 
Nonostante l'importante partecipazione in ST Microelectronics ed il mantenimento delle attività nell'energia e nel settore ferroviario, dal 2001, sotto la presidenza di Pier Francesco Guarguaglini, la strategia di sviluppo di Finmeccanica si propose in modo deciso di focalizzarsi nel settore dell'aerospazio e della difesa. Ulteriori passi in questa direzione furono: nel 2002-2003 le acquisizioni di Marconi Mobile (telecomunicazioni), Telespazio (trasmissioni satellitari) e della varesina Aermacchi (produttrice di velivoli da addestramento militare); 
nel 2004-2005 la ridefinizione degli accordi delle joint-ventures AgustaWestland ed AMS, che portarono Finmeccanica ad assumerne il pieno controllo (rilevando così anche numerosi stabilimenti nel Regno Unito). 
Dopo l'acquisizione della totalità di AgustaWestland ed AMS, Finmeccanica è diventata la terza azienda europea per fatturato nel settore della difesa. Eredità del passato ed estranee all'attuale core-business del gruppo, rimanevano Ansaldo Energia, Ansaldo STS ed AnsaldoBreda.
Finmeccanica inoltre possiede ancora una partecipazione (intorno al 10%) in ST Microelectronics ed una quota del 14% nella Avio (già Fiat Avio), produttrice di propulsori aerei e navali, acquisita dal gruppo Fiat nel 2003. Dopo la messa in liquidazione dell'IRI nel 2002, il pacchetto di controllo di Finmeccanica è direttamente in mano al Ministero dell'economia e delle finanze.
Nell'ottobre 2008 viene finalizzata l'acquisizione (per 3,4 miliardi di euro) della DRS Technologies, società statunitense specializzata nel settore dei servizi e dei prodotti elettronici integrati per la difesa. Con il controllo di DRS Technologies, Finmeccanica migliora la propria posizione competitiva sul mercato mondiale della difesa, in modo particolare negli USA.
La crescente sensibilità verso i temi dello sviluppo dei Paesi africani ha portato Finmeccanica a accordare il proprio sostegno per la realizzazione dell'Assumpta Science Center Owerri.
A seguito del processo di privatizzazione, il Ministero dell'economia e delle finanze è diventato il principale azionista, con una quota pari al 30,2% della società (dato aggiornato al 2016). Questa partecipazione è soggetta alla disciplina dettata dal DPCM del 28 settembre 1999, secondo la quale tale quota non può scendere al di sotto della soglia minima del 30% del capitale sociale. Nessun altro azionista può detenere una quota del capitale di Finmeccanica superiore al 3% senza l'approvazione del Ministero.
Il 13 febbraio 2013 il CdA di Finmeccanica nomina Alessandro Pansa amministratore delegato e conferisce la carica di vice presidente al consigliere Guido Venturoni.
Il 3 luglio 2013 il governo Letta designa presidente di Finmeccanica l'ex-capo della Gianni De Gennaro.
Nel dicembre 2013 Finmeccanica cede al Fondo Strategico Italiano il 39,55% della propria quota di capitale in Ansaldo Energia. Il restante 15% della quota Finmeccanica verrà ceduta entro il 31 dicembre 2017.
Gli anni Duemila si caratterizzano anche per una riorganizzazione del gruppo, che, sul modello delle maggiori multinazionali statunitensi, vede la concentrazione a livello di gruppo in Fimeccanica Real Estate della proprietà degli immobili e impianti (strumentali all'attività operativa, e non) e relativa gestione ─ come la negoziazione delle forniture energetiche ─ e la centralizzazione in Finmeccanica Group Service degli acquisti non business critics, principalmente appalti e servizi non direttamente legati al prodotto finale.
Il 15 maggio 2014 l'assemblea degli azionisti Finmeccanica ha nominato un nuovo Consiglio di Amministrazione per il triennio 2014-2016. Alla presidenza del Gruppo è stato confermato Gianni De Gennaro, mentre Mauro Moretti, già amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, è stato nominato Amministratore Delegato e Direttore Generale.
Nello stesso anno Finmeccanica cede BredaMenarinibus alla nuova società Industria Italiana Autobus (20% Finmeccanica e 80% King Long). Nel 2015 Finmeccanica si accorda con Hitachi per la vendita al gruppo giapponese delle partecipazioni in AnsaldoBreda e in Ansaldo STS e con il Gruppo Danieli per la vendita della controllata FATA.
Secondo un rapporto realizzato nel 2013 da Prometeia e Oxford Economics, il gruppo generava un valore della produzione superiore agli 11 miliardi di euro, rappresentava l'1,9% del valore totale delle esportazioni, contribuiva per il 5% al saldo commerciale della manifattura e la produttività del lavoro era oltre il 65% più alta della media. Nel 2012 aveva investito 1,3 miliardi di euro in R&S in Italia, pari al 12,3% della spesa complessiva da parte delle aziende italiane e il 6,6% della spesa totale in R&S in Italia (di cui dalle autorità pubbliche per il 30% della spesa totale in R&S, e circa il 48% dei finanziamenti provengono dall'Unione Europea e dai clienti). In Italia 94 province su 110 avevano un fornitore che vendeva direttamente a Finmeccanica, con acquisti per oltre 4,6 miliardi di euro divisi fra 7 000 fornitori, propagando innovazione lungo tutta la catena del valore. Il gruppo per il 2015 non adotta piani di incentivazione individuali del personale che prevedono stock-option, stock-grant o strumenti derivati.
Con il Piano Industriale 2015-2019, sotto la guida di Mauro Moretti, per il Gruppo Finmeccanica viene avviata una riorganizzazione per il rilancio della competitività sui mercati con una nuova struttura articolata in divisioni operative dei settori core business, Aerospazio, Difesa e Sicurezza e cessione di asset considerati non strategici.
La riorganizzazione di Finmeccanica ha visto confluire le controllate AgustaWestland, Alenia Aermacchi, Oto Melara, Selex ES e WASS nella società capogruppo. La nuova Finmeccanica, operativa come azienda unica dal 1º gennaio 2016, è strutturata in quattro settori (Elicotteri; Aeronautica; Elettronica, Difesa e Sistemi di Sicurezza; Spazio) e sette divisioni (Elicotteri; Velivoli; Aerostrutture; Sistemi Avionici e Spaziali; Elettronica per la Difesa Terrestre e Navale; Sistemi di Difesa; Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni), per una migliore gestione delle attività industriali del Gruppo.
A ogni divisione è assegnato un proprio perimetro di attività, portafoglio di business a presidio di un mercato di riferimento, leve/risorse e piena responsabilità sul risultato di conto economico divisionale. Pur sopravvivendo i marchi e loghi originari delle divisioni, trattative e contratti col cliente finale sono condotti e firmati dal brand della capogruppo.
La fase di cambiamento attuata da Mauro Moretti si è caratterizzata per la riduzione dell'indebitamento e dei costi di gestione e per il recupero della redditività. Nel 2015, il titolo Finmeccanica ha più che raddoppiato la sua quotazione rispetto all'anno precedente.
Da Finmeccanica a Leonardo
Dal 2016 è stato avviato un processo di fusione per far confluire tutte le aziende controllate nella società principale, Finmeccanica. Pochi mesi dopo è iniziata anche l'operazione di rebranding del gruppo, modificando la propria denominazione sociale ispirandosi allo scienziato Leonardo da Vinci, confermata dall'assemblea degli azionisti del 28 aprile 2016. Dal 1º gennaio 2017 l'azienza ha assunto il nome di "Leonardo". Il 16 maggio 2017 il Consiglio di Amministrazione ha nominato Alessandro Profumo nuovo amministratore delegato della società.
A settembre 2017, l'amministratore delegato ha nominato i nuovi vertici aziendali.
Il 30 gennaio 2018 Leonardo ha presentato il Piano Industriale 2018-2022 con l'obiettivo di intraprendere le azioni necessarie per riportare una crescita sostenibile nel quinquennio. Le prospettive generalmente positive dei mercati di riferimento, e in particolare quelle dell'export verso i mercati internazionali, permettono a Leonardo di concentrarsi sulle opportunità esistenti per i propri core business.
Dopo aver mosso diversi passi verso la costruzione di un modello operativo "One Company", Leonardo ritiene adesso necessaria un'accelerazione volta a garantire la sostenibilità del business nel medio-lungo periodo, rafforzando la struttura aziendale e migliorando l'approccio commerciale.
Il Piano Industriale 2018-2022 si basa pertanto su un percorso di trasformazione che sarà articolato e implementato sulle aree di ottimizzazione del modello operativo, l'approccio al cliente più efficace, investimenti mirati a supportare la crescita, una maggiore focalizzazione sui costi e la razionalizzazione del portafoglio prodotti.
A Giugno 2018, in seguito ad un'indagine interna e ad alcune contestazioni per presunte irregolarità nei rapporti con fornitori e altre operazioni, l'ing. Andrea Biraghi ha presentato le proprie dimissioni all'azienda dalla carica di direttore della divisione Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni. Alle dimissioni è seguito il licenziamento del suo collaboratore e dirigente degli Acquisti, Stefano Orlandini.
In sostituzione del manager uscente, l'amministratore delegato Profumo ha nominato ad interim Norman Bone, già a capo della divisione Avionica del gruppo, responsabile della divisione Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni. La nomina è ufficializzata nel sito del gruppo Leonardo. La notizia, che avuto scarsa eco nella carta stampata, è stata oggetto di un'interrogazione parlamentare.
Le sue divisioni operative sono: Elicotteri, Velivoli, Aerostrutture, Sistemi Avionici e Spaziali, Elettronica per la Difesa Terrestre e Navale, Sistemi di Difesa, Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni.
Aeronautica
Leonardo produce velivoli militari e civili, velivoli non pilotati di nuova generazione e aerostrutture per velivoli civili e militari. L'azienda è leader nello sviluppo e produzione degli aerei da addestramento e nei relativi servizi di supporto a terra. Partecipa al programma Eurofighter con una quota del 36% (comprendendo l'avionica e i sistemi) e detiene il 50% della joint venture ATR (l'altro 50% è di Airbus Group), che produce aerei regionali a turboelica, mentre con il 51% della joint venture SuperJet International (l'altro 49% è di SCAC-Sukhoi Civil Aircraft Corporation) è attiva nel settore dei jet regionali. Partecipa inoltre al programma JSF F35. L'Italia è il secondo più importante partner internazionale, dopo il Regno Unito. Il Paese contribuisce per il 4,1% alle fasi di progettazione e sviluppo dell'F-35. In Italia è stata realizzata, presso la base dell'Aeronautica Militare di Cameri (Novara), un centro autonomo di produzione e supporto per gli F-35 che in futuro faranno parte della flotta italiana. L'impianto industriale, attualmente l'unico fuori dai confini americani, è costituito da una linea di assemblaggio finale e di prova (FACO - Final Assembly and Check Out) che includerà anche centro logistico per la manutenzione, riparazione e aggiornamento in Europa degli F-35 (MRO&U).
Elicotteri
Leonardo gestisce progettazione, sviluppo, collaudo, produzione, supporto e commercializzazione di un'ampia gamma di elicotteri, la più completa in assoluto per usi commerciali, di pubblica utilità, di sicurezza e per la difesa. La produzione copre tutte le principali categorie di peso, dal monomotore da 1,8 tonnellate al trimotore da 16 tonnellate. Tutti gli elicotteri sono altamente integrati per un uso duale tranne alcuni utilizzati per specifici impieghi militari (NH90, Super Lynx 300 e AW159).
Elettronica, difesa e sistemi di sicurezza
Leonardo realizza sistemi per la difesa, l'aerospazio, la sicurezza e la protezione delle informazioni, delle infrastrutture e del territorio. Realizza e integra sistemi per il controllo e la gestione del traffico aereo e marittimo, il controllo e la protezione dei confini terrestri e marittimi, nonché sviluppa reti di comunicazioni sicure e soluzioni per la gestione di infrastrutture e sistemi. I servizi offerti comprendono anche la progettazione e la gestione di infrastrutture informatiche, nonché il trattamento dati ai fini di intelligence e cyber security. Leonardo è inoltre attiva nella progettazione, sviluppo e produzione di artiglieria navale, veicoli corazzati e sistemi subacquei. Leonardo opera nel settore Elettronica, Difesa e Sistemi di Sicurezza anche tramite la controllata statunitense DRS Technologies e la joint venture MBDA di cui possiede il 25% (il 37,5% è di Airbus Group e l'altro 37,5% è di BAE Systems) attiva nella produzione di missili e sistemi missilistici.
Tramite Thales Alenia Space (67% Thales e 33% Leonardo) Leonardo è attiva nello sviluppo e produzione di sistemi satellitari per la navigazione, le telecomunicazioni, la meteorologia, il controllo ambientale, la difesa, le missioni scientifiche e l'osservazione della Terra, mentre Telespazio (67% Leonardo e 33% Thales), è tra i principali operatori nella gestione di satelliti e nei servizi satellitari di osservazione della Terra, navigazione, connettività integrata e a valore aggiunto.
I siti di Leonardo sono distribuiti in 20 Paesi (42% in Italia e 58% all’estero). I Paesi utilizzatori di prodotti, sistemi e servizi forniti dalla società sono circa 150.
Le attività produttive e le basi industriali e commerciali principali sono collocate prevalentemente, oltre che in Italia, nel Regno Unito, in Polonia e negli Stati Uniti. Nel tempo la società ha stabilito una solida presenza anche in Francia e Germania ed è partner di riferimento in diverse collaborazioni industriali su scala internazionale.
Da aprile 2018 ha preso avvio in tutte le sedi del gruppo un progetto pilota di lavoro in modalità smart working, che si conta di estendere progressivamente alle diverse funzioni aziendali.

Oramai, siamo ai giorni nostri, e questa è un’altra storia….













(Web, Google, Wikipedia, etc…)






























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