“Le tre profezie. Appunti per il futuro” di Giulio Tremonti
Il nuovo libro è una provocazione che lascerà un segno indelebile nel dibattito economico e politico della nostra amata Italia.
Tutto ha origine da tre profezie che affondando le loro radici ben due secoli or sono, tre “misteri” della storia reinterpretati da Giulio Tremonti alla luce degli avvenimenti di questo secolo:
- La prima è di Marx: lo stregone ha evocato forze che non riesce più a controllare, ed ecco il capitalismo globale alla deriva.
- La seconda di Goethe: l’uomo ha venduto l’anima a Mefistofele in cambio di un mondo artificiale, quello che oggi definiremo “internet”.
- La terza è di Giacomo Leopardi: Roma è caduta dopo esser diventata civiltà cosmopolita, e oggi la civiltà occidentale non se la passa diversamente.
Giulio Tremonti aggiunge all’analisi economica e giuridica, politica e sociale delle grandi tendenze del mondo contemporaneo il tassello culturale, che a tutto questo prova a conferire maggiore profondità e un respiro più ampio. Siamo in un passaggio storico straordinariamente delicato e pericoloso; mai come adesso ci si è trovati all’incrocio fra il passato e il futuro. E mai come adesso sono utili forme di conoscenza e di cultura differenti dalle scienze sociali e giuridiche tradizionali.
Tremonti ricorre a due scrittori che operano sul crinale della letteratura e della filosofia, come Goethe e Leopardi, e a un filosofo come Marx che usa, nella costruzione del suo pensiero, un linguaggio metaforico e immaginifico.
La degenerazione della finanza è rappresentata da una idea cupa e affascinante di Mefistofele: …«Il regno è fallito ed è proprio in questa drammatica circostanza che, veicolata da Faust, si fa strada l’idea di Mefistofele: secondo il diritto romano, ciò che è nel sottosuolo appartiene di diritto al sovrano. In base a questo principio, il sovrano non deve realmente estrarre l’oro che c’è nel sottosuolo, gli basta dire che l’oro c’è, e tutti gli daranno fiducia, accettando i pezzi di carta che vengono così a incorporare la sua parola, concretando una cambiale mefistofelica. E come Faust e Mefistofele insieme spiegano al sovrano, questo è un esercizio che si può ripetere all’infinito, tanto da rendere continuamente possibile pagare i vecchi debiti facendo nuovi debiti, pagare gli interessi ai primi con il denaro dei secondi, con una magia che permette di creare quasi dal “nulla”, e senza limiti, una ricchezza di tipo nuovo, immateriale e infinita.
Questa profezia non è stata solo sulla creazione delle banconote, ma in generale sul potere che può essere sprigionato dalle “cambiali mefistofeliche”. E così sulla possibilità di andare per astrazione oltre la realtà materiale, sostituendola con realtà inventate e con mondi virtuali.
Come accade oggi sulla Rete e nel mondo digitale, un mondo dove ormai vale un categorico “digito ergo sum”. Biglietti alati, dunque.
A ispirare Goethe, che è stato anche ministro del Tesoro a Weimar - può essere stato il caso dei titoli della Louisiana, titoli rappresentativi di remote, sconfinate ma in realtà inesistenti ricchezze di cui invece si pensava e si diceva che essa disponesse. Ma, certo, quel passaggio sui biglietti alati ha qualcosa di profetico, rispetto a quanto sarebbe successo oltre un secolo e mezzo dopo in Occidente.
Tremonti, con un codice interpretativo differente dal consueto, considera il grande caos contemporaneo fatto di fine del mondo diviso in comunismo e democrazie e di scissione dolorosa fra la ricchezza e le nazioni, di crisi delle forme istituzionali novecentesche e di rimodulazione degli equilibri geopolitici.
La seconda profezia è del Leopardi. L’autore del saggio scova suoi passaggi che sembrano scritti da un nostro contemporaneo che chiosa la fine della globalizzazione e la crisi dell’Europa.
….«Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che Cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l’amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu più patria di nessuno e i cittadini Romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto».…
Così Leopardi nello “Zibaldone”, composto fra il 1817 e il 1832, definisce la costruzione, l’adesione e poi il distacco - fino a una sorta di anomia - di una civiltà, come quella di Roma, che è stata globale e cosmopolita. Proprio come la nostra “globalizzata”.
…..«Converrà riprendere il discorso sulle nazioni e sull’Europa, sull’egoismo. La patria moderna dev’essere abbastanza grande, ma non tanto che la comunione d’interessi non vi si possa trovare, come chi ci volesse dare per patria l’Europa. La propria nazione con i suoi confini segnati dalla natura, e la società che ci conviene»..…
Leopardi prevede la crisi dell’ordine posto dal Congresso di Vienna, nel 1815. Le sue parole potrebbero essere riferite alla lacerazione identitaria prima che istituzionale dell’Unione europea di oggi.
La terza profezia, quella di Marx del 1848, che pubblica con Engels il “Manifesto del Partito Comunista”:
…..«Lo stregone non potrà più dominare le potenze sotterranee da lui evocate»…. Marx si riferisce alla borghesia. Ma, davvero, le élite della globalizzazione - o, meglio, quella che Tremonti definisce la loro “mente collettiva” - hanno edificato un mondo - basato sulla ideologia della globalizzazione e sullo spossessamento delle autorità statali, sulla finanziarizzazione dematerializzata e sulla materializzazione delle reti sulla tecnologia e sulle coscienze - in cui le potenze sotterranee evocate sono sfuggite loro di mano.
L’economista Tremonti intuisce alcuni fenomeni apparsi ancora invisibili: il 19 luglio del 1989, sul Corriere della Sera, in concomitanza con i duecento anni dalla rivoluzione francese, pubblica l’intervento “1993, una rivoluzione che svuota i parlamenti”, che prefigura la crescente riduzione del potere politico e il graduale assottigliamento della funzione legislativa. Con questo testo, Tremonti chiude il cerchio iniziato circa 30 anni fa e prende spunto da tre profezie che emergono dal profondo della storia.
Particolare spazio nel libro è stato quindi dedicato alla degenerazione della finanza e alla finanziarizzazione dell’economia.
Il limite è stato superato quando sono caduti i confini, politici, nazionali, ma anche reali, e quando con la globalizzazione la ricchezza viene inventata in rete.
La ricchezza oramai non è più reale; viene creata in modo artificiale attraverso la rete, i computer, e sopraggiunge quella cambiale di Mefistofele in cui i biglietti iniziano a staccarsi dalla realtà. In un contesto in cui la massa finanziaria è sempre più scollata dall’economia reale diventa difficile dire quando l’evoluzione è diventata involuzione.
C’è troppa finanza!
La storia, che doveva essere finita, sta tornando con il carico degli interessi arretrati e la giovane «talpa» del populismo sta scavando il terreno su cui, appena caduto il muro di Berlino, è stata costruita l’utopia della globalizzazione. Oggi sembra di essere tornati agli anni ’20 di Weimar, in una società stravolta e incubatrice di virus politici estremi.
Noi siamo ancora fiduciosi, però!
Non tutto è perduto, per la nostra amata Patria e per l’Europa, delle nazioni però!
(Web, Google, Wikipedia, You Tube)
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