venerdì 24 novembre 2023

Word War 2: in quel conflitto mondiale i carri armati divennero l’arma più importante in campo terrestre, il mezzo principale per attaccare le linee nemiche, occupare e/o liberare territori ostili.






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I carri armati furono inventati per la prima volta durante la prima guerra mondiale, dove erano concepiti come veicoli terrestri invincibili in grado di rompere lo stallo della guerra di trincea e condurre alla vittoria. Le carenze tecnologiche fecero sì che i carri armati non fossero ancora in grado di mantenere quella promessa durante la prima guerra mondiale. Durante la seconda guerra mondiale divennero l’arma più importante sul campo di battaglia terrestre e il mezzo principale per occupare e/o liberare i territori.
Questi furono i carri armati più importanti della Seconda Guerra Mondiale.




T-34 (Unione Sovietica)

Il carro armato sovietico T-34 fu concepito e costruito in URSS in totale segretezza, e le forze tedesche che lo incontrarono alla fine del 1941 subirono un duro shock. 








Dal giugno 1940 furono costruiti circa 40.000 T-34 e la produzione continuò nei paesi del Patto di Varsavia fino alla fine degli anni '40. La combinazione di potenza di fuoco, protezione e mobilità del T-34, unita alla sua importanza sul fronte orientale nello sforzo bellico complessivo, lo resero senza dubbio il carro armato più importante della guerra.
Il T-34 presentava un peso di 26 tonnellate con un motore diesel da 500 cavalli, ampi cingoli a nido d'ape e un sistema di sospensioni introdotto dall'inventore americano J. Walter Christie. Ciò lo aveva reso un carro armato agile in grado di attraversare terreni che i carri armati tedeschi non potevano attraversare. L'armatura del carro armato fu resa più efficiente dagli angoli inclinati che effettivamente aumentavano lo spessore della piastra d'acciaio. Il design della torretta fu modificato tre volte e il calibro del cannone aumentato da 76 mm a 85 mm per affrontare i carri armati tedeschi più pesanti.
I T-34 videro l'azione anche nella guerra di Corea, nelle guerre arabo-israeliane, nella guerra del Vietnam e nella guerra Iran-Iraq.
Fu con l’estendersi della guerra verso l’est, contro l’URSS, che avvenne la svolta decisiva nelle direttive amministrative riguardo i prototipi e i progetti di nuovi carri da approvare. L’incontro-scontro con il T-34 sovietico risultò scioccante per l’alto comando tedesco. 
Il T-34 può a ragione essere considerato il miglior (relativo, non assoluto) carro armato dell’ultima guerra mondiale se si rimane contestualizzati al periodo storico e alle esigenze operative alle quali era chiamato.
Il carro armato T-34 fu il mezzo corazzato che rappresentò la spina dorsale delle forze corazzate sovietiche nel corso della seconda guerra mondiale.
All'inizio dell'Operazione Barbarossa (l'attacco tedesco all'Unione Sovietica), le truppe della Wehrmacht lo incontrarono raramente: pure, in quelle sporadiche occasioni, riuscì a gettare i carristi germanici e i loro ufficiali in uno sconforto parossistico, prossimo quasi al panico. Heinz Guderian, l'organizzatore dei reparti corazzati tedeschi, nonché realizzatore della teoria di utilizzo programmatico dei Panzer in battaglia, di fronte alle caratteristiche innovative del mezzo, che lo rendevano superiore a ogni mezzo della Wehrmacht arrivò a suggerire che gli ingegneri tedeschi lo copiassero direttamente.
In realtà il carro russo aveva molti difetti: i suoi cingoli erano fragili, la torretta era scarsamente difesa anche contro i calibri minori delle armi anticarro, la sua trasmissione - nei primi anni del conflitto - era la più primitiva dei suoi tempi, il cannone degli ultimi modelli era così lungo che tendeva a interrarsi e quindi ad esplodere quando utilizzato. Nonostante ciò, il T-34 iniziò a formare la componente principale delle unità corazzate sovietiche durante il 1942, quando le fabbriche che lo costruivano, evacuate in tutta fretta dall'Ucraina e dalla Russia Bianca (minacciate dall'avanzata tedesca) vennero ricostruite al sicuro dietro gli Urali, riprendendo a piena forza i loro ritmi produttivi.
Le grandissime innovazioni tecniche del T-34 (rispetto al suo predecessore BT-7) furono l'introduzione della corazza inclinata, i cingoli larghi (ben 55 cm ognuno, ovvero più di 1/6 della larghezza del carro) e il cannone a canna medio-lunga (i Panzer IV tedeschi dell'epoca avevano un cannone corto da 75mm, adatto soprattutto per il supporto alla fanteria, piuttosto che alla lotta controcarro). L'inclinazione di 60 gradi (rispetto ad un asse verticale) della corazza frontale, che misurava 45 mm, si traduceva in una resistenza equivalente a circa 90mm di acciaio posto verticalmente, giacché l'inclinazione peggiorava l'angolo penetrativo di una granata sparata orizzontalmente, un vero e proprio uovo di Colombo che consentiva anche un risparmio di acciaio di circa il 50%. I cingoli larghi (distribuendo il peso su una superficie più vasta) consentivano al mezzo di attraversare i terreni più difficili, come le plaghe nevose invernali o gli infidi pantani primaverili, che caratterizzano le pianure russe durante il disgelo (rasputica) e gli conferivano una maggiore mobilità su tutti i tipi di terreno. Il cannone da 76,2 mm era nel 1942 l'arma anticarro di maggior calibro e riusciva a perforare facilmente le corazze delle controparti tedesche (Panzer III e IV). Inoltre, il T-34 fu uno dei carri armati medi più veloci di tutta la seconda guerra mondiale, in grado di raggiungere una velocità massima di ben 55 km/h, il che lo rendeva un bersaglio più difficile da colpire durante gli scontri e gli consentiva di reagire più rapidamente alle esigenze della battaglia.
Mentre la produzione dei carri tedeschi era piuttosto lenta (la lavorazione ancora semi-artigianale dava ottimi risultati, a scapito però della velocità), la costruzione di un T-34 (totalmente aderente al principio della catena di montaggio) era veloce e semplice, essendo ogni operazione scomposta nella maniera più elementare, tanto che le fabbriche ricostruite dietro gli Urali poterono incrementare i loro organici anche attingendo alla popolazione locale, composta da contadini, donne e adolescenti troppo giovani per il servizio militare.
Il mezzo aveva un'autonomia di 465 km, notevolmente superiore a quella dei corazzati tedeschi dell'epoca.
Come contromisura al T-34, i tedeschi installarono cannoni lunghi da 50mm (da 60 calibri) sui Panzer III e 75mm lunghi (da 43 o 48 calibri) nei carri Panzer IV, e progettarono il nuovo Panzer V Panther, che riprendeva le innovazioni tecniche del T-34, ma con corazza e peso maggiore.
Il T34 venne prodotto a partire dal 1940 nella grande fabbrica di trattori di Stalingrado (STZ) e nella fabbrica di locomotive di Char'kov (KhPZ), ma dopo l'inizio dell'invasione tedesca gli impianti di Char'kov furono precipitosamente trasferiti a oriente negli Urali, e la produzione ricominciò in massa alla Uralvagonzavod di Nižnij Tagil, mentre la fabbrica di Stalingrado continuò a funzionare fino al settembre 1942 quando venne distrutta durante la fase più accanita della battaglia di Stalingrado.
La dirigenza sovietica cercò subito di potenziare al massimo la produzione del T-34 e tra il 1941 e il 1942 vennero attivati, in sostituzione degli impianti di Char'kov e Stalingrado, altri centri produttivi; oltre alla Uralvagonzavod, che rimase la fabbrica principale, iniziarono a produrre il carro armato anche la Krasnoe Sormovo N. 112 di Gor'kij, la Omsktranmaš di Omsk, il famoso complesso Tankograd di Čeljabinsk e la Uralmaš di Sverdlovsk.
Per un certo periodo i russi scartarono ogni progetto di miglioria o di modifica del T-34, per mantenere la produzione la più alta possibile, almeno fino all'arrivo del Panzer V Panther e del Panzer VI Tiger. I lunghi cannoni di questi nuovi carri permettevano ai carristi tedeschi di combattere senza preoccuparsi di nascondersi. 
Le perdite inflitte dai Panzer V nella Battaglia di Kursk convinsero i russi ad approntare una nuova versione del loro "cavallo di battaglia", il T-34/85 che disponeva di armamento, corazza e autonomia superiori alla precedente versione. La torretta del T-34 fu sostituita con una più grande, che ospitava tre uomini e un cannone lungo da 85 mm; questa liberava il comandante dal dover svolgere anche il ruolo di puntatore e, protetta da una corazza frontale di 90 mm garantiva una migliore speranza di sopravvivenza all'equipaggio. Il nuovo cannone consentì ai carristi sovietici di raggiungere molti successi contro gli equipaggi della sempre più logorata e indebolita Panzerwaffe.
Il feldmaresciallo tedesco von Kleist definì il T-34 il miglior carro armato del mondo; alla fine del conflitto ne erano stati prodotti circa 53.000. La sua facilità di produzione ed i componenti semplici di cui era composto fecero sì che la produzione raggiungesse i 2000 esemplari al mese, quando ad esempio di Panzer VI Tiger I tedeschi ne vennero prodotti 1500 in tutta la guerra.
Il T-34 era un mezzo facilmente utilizzabile anche da soldati poco addestrati (eccetto il pilota, che doveva essere ben addestrato per manovrare il complicato sistema di controllo), anche se, con il volgere della guerra in loro favore, gli alti comandi sovietici apprezzarono sempre di più i benefici di una più profonda istruzione tecnica e tattica dei loro equipaggi, riuscendo infine a confrontarsi da un piano di superiorità con i carristi della Wehrmacht che, costretti dalla necessità, si trovarono infine (come i loro nemici nel 1941-42) a schierare battaglioni e reggimenti di reclute poco addestrate tenuti insieme da veterani esperti ma demoralizzati.
Il T-34 è stato un carro armato usato da moltissimi operatori, ad esempio dagli eserciti arabi, che ricevettero una versione ceca del T-34/85, dalla Cina comunista, dalla Corea del Nord, dal Vietnam del Nord, dalla Jugoslaviadi Tito, da Cuba, dalla Somalia di Siad Barre e dall'MPLA Angolano.
In questi paesi il T-34 ha avuto modo di venire impiegato in azione fino agli anni novanta (durante i conflitti etnici che seguirono la disgregazione della Jugoslavia); per quanto tecnologicamente superato esso si è rivelato efficace se impiegato contro nemici poco o per nulla dotati di propri mezzi corazzati o di sofisticati sistemi di difesa anticarro.
All'inizio del conflitto, il ben corazzato T-34, nonostante la sua imperfetta trasmissione, incapace di sostenere lunghe marce, si dimostrò un buon carro armato di supporto alla fanteria. Ma progressivamente perse il suo vantaggio in corazzatura che aveva avuto all'inizio del conflitto. Alla fine del 1943 o all'inizio del 1944, il T-34 era diventato un obiettivo relativamente facile per i carri tedeschi con i cannoni da 75 mm e per le armi anticarro, mentre i colpi del cannone da 88 millimetri del Tiger, le batterie anti-aeree e le armi anticarro PAK-43 risultavano invariabilmente letali. La torretta era perforata in maniera relativamente facile dalle armi tedesche. La sua corazza era molto meno inclinata di quella che copriva lo scafo del carro russo ed offriva scarsa resistenza anche ai colpi da 37 mm delle armi antiaeree automatiche (T-34/76 modello 1940 e 1941). La situazione era aggravata dal fatto che spesso le torrette del T-34 erano colpite da pezzi di artiglieria pesante come l'88 mm antiaereo e dai carri tedeschi equipaggiati con cannoni a canna lunga come il 75 mm e il 50 mm. A ciò si univa una gravissima mancanza di vie di fuga adeguate per l'equipaggio, dal momento che il portellone monoblocco sulla torretta rappresentava l'unica uscita facilmente agibile per i membri dell'equipaggio (il portello davanti alla postazione del pilota, infatti, era fin troppo piccolo e macchinoso da aprire).
Anche i cingoli erano un punto debole. Nel 1941, per il carro russo compiere viaggi di centinaia di chilometri sarebbe risultato letale. I cingoli erano un serio punto debole. Erano la parte riparata più di frequente. Gli equipaggi si portavano addirittura le parti di ricambio in combattimento. A.V. Maryevski ricordava: "I cingoli si potevano spezzare anche senza essere colpiti. Quando la terra si incollava tra le ruote dentate, il cingolo, soprattutto durante una curva, si tendeva tanto che i perni e gli stessi cingoli non potevano resistere”.
Inoltre la trasmissione dei primi modelli di T-34 era la più primitiva dei suoi tempi. Cambiare marcia nei T-34 dei primi anni del conflitto, con cambio a quattro marce, era molto complicato e richiedeva una grande forza fisica. I veterani carristi russi ricordavano quanto fosse difficile cambiare marcia e di come dovessero aiutarsi con le ginocchia. Inoltre, risultava quasi impossibile, pena la rottura degli ingranaggi, utilizzare III e IV marcia in fuoristrada (la velocità massima effettiva si riduceva così a soli 15–20 km/h). La frizione, poi, estremamente arcaica (era composta da semplici dischi di ferro), non poteva essere fatta slittare senza incorrere nel rischio di una sua rottura. Era assolutamente necessario che gli equipaggi dei T-34 fossero molto ben addestrati. "Se un guidatore non lo era - ricordava il comandante di plotone A.V.Bodnar - avrebbe potuto ingranare la quarta invece della prima e la terza invece della seconda, la qual cosa avrebbe portato alla inevitabile rottura del cambio.




M4 Sherman (Stati Uniti)

Sebbene l'M4 Sherman sia entrato in servizio più di 80 anni fa, è considerato il carro armato americano per eccellenza. L'M4 non era particolarmente ben armato, protetto o mobile, ma era facile da costruire, manutenere e spedire dagli Stati Uniti continentali all'Europa e al Pacifico. L'Arsenale della Democrazia americano costruì più di 50.000 M4 in soli tre anni, fornendo carri armati ad eserciti tra cui Gran Bretagna, Unione Sovietica, Sud Africa e India.















L' M4 veniva spesso superato dai carri armati tedeschi, ma la sua eccellente affidabilità significava che un numero maggiore di carri armati erano disponibili a combattere in qualsiasi momento. La versione più avanzata per servire con l’US ARMY era l'M4A3E8, un carro armato più grande e robusto con un sistema di sospensioni migliorato e un cannone da 76 mm più potente.
Ancora più potente era lo Sherman Firefly, un progetto di conversione intrapreso dall'esercito britannico per montare il cannone ad alta velocità da 76,2 mm “17 pounder” su una torretta e un telaio Sherman. Il Firefly era l'unico Sherman in grado di penetrare la corazza frontale del decantato carro pesante tedesco Tiger a una distanza maggiore di quella ravvicinata.
Lo M4 Sherman è stato un carro armato medio statunitense, mezzo standard di questa categoria in servizio con l'United States Army a partire dal febbraio 1942. Fu costruito tenendo in considerazione le evoluzioni nella guerra corazzata, introdotte in Europa dalla Wehrmacht, e l'esigenza di disporre in tempi rapidi di grandi formazioni mobili. Armato con un pezzo da 75 mm via via aggiornato e un paio di mitragliatrici, operò con le forze armate statunitensi durante la seconda guerra mondiale e poi nella guerra di Corea, in genere con successo, pur dovendo lamentare la facilità a incendiarsi quando colpito e la corazzatura relativamente modesta (almeno nelle prime versioni). Durante e dopo il conflitto mondiale fu fornito in grandi quantità agli alleati di Washington e un assiduo operatore fu Israele, che mantenne il carro in servizio sino agli inizi degli anni settanta. Ancora nel 2006 lo Sherman era adoperato attivamente dall'Esercito cileno.
Dotato di una meccanica affidabile e di uno scafo versatile, lo Sherman fu il carro armato costruito nel maggior numero di esemplari nella seconda guerra mondiale (oltre 49 000 in diciannove versioni) e fu il capostipite di diversi altri blindati tra cacciacarri e semoventi, a loro forniti in migliaia di unità.
Lo sviluppo dei carri armati nel periodo fra le due guerre mondiali negli Stati Uniti non era stato molto appoggiato dagli ambienti militari, tanto che, nel 1940, l'US Army aveva due soli carri in un numero limitato di esemplari: l'M2 Medium Tank (carro medio), costruito in 18 esemplari, e l'M2 light tank (carro leggero), costruito in diverse versioni, ma in quantità comunque limitate. Dopo i successi ottenuti dalla Wehrmacht con il Blitzkrieg, basata su un uso dei carri in cui veniva sfruttata la loro mobilità per fini strategici, si comprese la necessità di sviluppare carri che potessero essere confrontabili con i carri tedeschi. Per questo fu progettato il carro medio M3 Lee, armato con un cannone da 75 mm in barbetta ed un cannone da 37 mm in torretta.
Apparve subito chiaro che l'M3 era solo un progetto destinato a coprire le esigenze immediate, dato che il cannone da 37 mm era troppo poco potente per impegnare i carri tedeschi a lunga distanza ed il cannone da 75 mm, essendo posizionato in barbetta, poteva sparare solo sulla fronte e sul lato destro del carro. Per questo motivo fu sviluppato un nuovo carro medio che, su uno scafo non troppo dissimile da quello dell'M3, montava un anello di torretta abbastanza ampio da avere una torretta armata col cannone M2 da 75 mm. Questo carro fu l'M4 Sherman.
Il carro M4 Sherman era un carro con scafo saldato, molto simile nella parte inferiore all'M3. Lo scafo presentava una fronte arrotondata ed inclinata, mentre i fianchi erano verticali. Il motore fu inizialmente il Wright-Continental R975 C1 "Whirlwind" (ciclone), radiale sviluppato per usi aeronautici. Il vano di combattimento era nella parte anteriore del carro, mentre il motore era posteriore, separato dal vano equipaggio da un parete tagliafuoco e coperto da una griglia che ne permetteva la refrigerazione. L'albero di trasmissione passava sotto il pavimento della camera di combattimento, per portare la potenza del motore alle ruote dentate anteriori.
Il cambio era a cinque marce e retromarcia. Lo scafo era sostenuto da tre carrelli a due ruote per lato e con ammortizzatori verticali, posteriormente erano montate due ruote folli (che avevano anche la funzione di regolare la tensione dei cingoli) e su ogni carrello era posto superiormente un ruotino di ritorno del cingolo.
I cingoli nel corso della vita operativa del carro, furono di cinque tipi differenti: il primo tipo (T41) erano semplicemente a tacchi rettangolari collegati, uguali a quelli dell'M3 Lee, eventualmente con protuberanze laterali per muovere su terreni fangosi. Il secondo tipo (T48), e, a quanto appare dalle foto il più usato, era del tipo a chevron, cioè con una sagoma a V rovesciata (gommata) per una migliore presa sul terreno (con questo tipo non erano più richieste le protuberanze, quindi, riducendo la larghezza del cingolo, si riduceva la potenza richiesta per il movimento del mezzo).
Il tipo T54 era ancora a chevron, ma con la V più larga, sempre gommato. Infine il quarto tipo (T66), più largo, costruito appositamente per gli E8, era con una sagoma a serpente riportata sui tacchi rettangolari. Infine fu sviluppato un tipo a chevron largo, per l'uso con l'HVSS, indicato come T84.
La torretta era fusa, con due botole superiori ed il supporto per la M2 HB Browning 0,50 in (12,7 mm) di fronte alla botola del capocarro. Il cannone era protetto da un mantelletto, che, nel corso della vita del carro, cambiò diverse volte il suo aspetto. Una delle maggiori novità dello Sherman era la stabilizzazione giroscopica in elevazione del pezzo. Questa novità non fu molto apprezzata, tanto che una delle prime attività degli equipaggi, una volta preso in consegna il carro, era di rendere inoperabile il giroscopio, quindi il fuoco generalmente era effettuato da fermo.
L'equipaggio, di 5 uomini, era nello scafo (pilota e operatore radio/mitragliere) ed in torretta (capocarro, cannoniere e servente). L'accesso, oltre che dalle due botole della torretta, era assicurato da due botole nella parte anteriore dello scafo. Queste botole, costruite senza sfruttare criteri ergonomici, erano di difficile accesso dall'interno dello scafo e, spesso, nel caso di un colpo sulla torretta, era facile che il cannone collassasse su una di esse sigillandola. Questa difficoltà di uscita dal carro era una condanna a morte per l'equipaggio dello scafo nel caso che il carro avesse preso fuoco. Una volta constatato questo, il meccanismo di apertura delle botole fu modificato e fu ampliata la luce delle botole stesse.
Le esperienze belliche dimostrarono abbastanza presto che il cannone M2 da 75 mm, pur essendo abbastanza potente, non era in grado di competere con i migliori carri tedeschi (Panzer V Panther e Panzer VI Tiger I), quindi nella seconda metà del 1944 fu sostituito con un cannone da 76.2 mm lungo. Alcuni carri ebbero come armamento principale un obice da 105 mm, per uso contro bersagli non protetti.
Le munizioni erano immagazzinate con tre colpi direttamente a portata di mano del caricatore, una serie di 12 colpi a disposizione nel cestello di torretta, altri nei vani laterali accessibili sia al caricatore sia al capocarro ed infine sotto il cestello della torretta, disponibili al capopezzo. In ogni caso era una pratica comune caricare munizioni in ogni angolo disponibile.
Gli spessori di corazzatura erano:
  • scafo 51 mm frontale (successivamente aumentato a 63 mm), 38 mm laterale;
  • torretta da 76 mm a 51 mm;
  • Questi spessori erano insufficienti, dato che potevano essere penetrati dai proiettili del 7,5 cm KwK 40 montato sui Panzer IV a 2000 metri di distanza.
Gli Stati Uniti fornirono il carro M4 a diversi paesi alleati durante il secondo conflitto mondiale. Nell'esercito inglese era tradizione denominare i carri con il nome di un celebre generale del paese fornitore e, com'era avvenuto per l'M3 denominato M3 Lee nella versione statunitense e M3 Grant con le modifiche richieste dai britannici, l'M4 venne ribattezzato M4 Sherman, in onore del generale Sherman. La denominazione fu presto ufficialmente adottata anche dall'esercito statunitense. I carri forniti all'esercito russo vennero denominati M4 Emcha e quelli dell'esercito canadese M4 Grizzly (M4A1) o M4 Ram (M4A5).
Al di là delle denominazioni ufficiali, occorre segnalare che, tra i carristi inglesi e statunitensi, il soprannome più diffuso per l′M4 era quello di Ronson, a causa della ben nota propensione ad incendiarsi, facendo il verso ad una pubblicità della nota marca inglese di accendini che recitava: "..si accende al primo colpo! ".
L'M4 Sherman ebbe diverse varianti, principalmente legate al fatto che il motore Whirlwind, essendo un motore aeronautico, era richiesto anche dall'USAAF (United States Army Air Force), che gestiva tutti gli aerei non assegnati all'US Navy. Le principali varianti sono indicate di seguito, con la descrizione delle modifiche rispetto al modello base M4.




Panzer VI Tiger I (Germania)

Il Panzer VI Tiger I (abbreviazione di Panzerkampfwagen VI Tiger I, numero di identificazione dell'esercito Sd.Kfz. 181) è stato un carro armato pesante prodotto dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Sviluppato nel 1942 in risposta ai mezzi corazzati messi in campo dall'Unione Sovietica, fu il primo carro armato della Wehrmacht a montare un cannone da 88 mm e venne impiegato, solitamente in battaglioni corazzati indipendenti, in tutti i fronti di guerra.












Il numero romano "I" venne introdotto quando iniziò ad essere prodotto il Tiger II (soprannominato Königstiger, il termine tedesco per Tigre del Bengala, letteralmente in italiano tigre reale).
Nel 1937-1938 i vertici militari dell'esercito tedesco cominciarono ad ipotizzare un nuovo carro armato per rimpiazzare il Panzer IV. Vennero stesi alcuni progetti, ma nessuno entrò in produzione e la situazione rimase sostanzialmente ferma fino al 1941, quando venne commissionato alla Henschel & Sohn un prototipo di un carro da 36 tonnellate, in grado di raggiungere i 40 km/h e con corazza ed armamento pesante. Il progetto, denominato VK 3601 sfociò nell'effettiva costruzione del prototipo, ma ulteriori sviluppi vennero bloccati nel mese di maggio, quando venne ordinato un nuovo prototipo da 45 t e armato con la versione anticarro del cannone antiaereo 8,8 cm FlaK.
Fu richiesto alla Henschel di completare il prototipo per il successivo compleanno del Führer (20 aprile 1942), perciò l'azienda cominciò a lavorare su un precedente progetto (VK 3001(H)) inizialmente studiato per il Panzer V Panther. Mentre la Henschel portava avanti il suo VK 4501(H), anche la Porsche iniziò a lavorare alla richiesta dell'esercito con il progetto VK 4501 (P) (Panzer VI Tiger (P)). Entrambi i prototipi furono pronti per la data designata ma alla fine, nell'agosto 1942, solo l'idea della Henschel venne ammessa alla produzione di massa sotto il nome ufficiale di Panzerkampfwagen VI Ausf. E (numero di identificazione Sd.Kfz. 181).
L'armamento principale era costituito dal cannone anticarro 8,8 cm KwK 36 L/56 da 88 mm (lungo 56 calibri) che, installato in torretta e protetto da una pesante scudatura d'acciaio spessa 110 mm, era in grado di perforare qualunque carro statunitense o britannico a più di 2.500 m di distanza, mentre con i carri pesanti sovietici del tipo JS-2 e con l'americano M26 Pershing la distanza d'ingaggio si riduceva a 1000 m. Nella torretta era installata anche una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm coassiale al cannone che veniva azionata dal puntatore mediante un pedale; mentre un'altra arma dello stesso tipo era posizionata nella parete anteriore destra dello scafo. Le sospensioni erano a barra di torsione e, per diminuire la pressione sul terreno del carro, furono adottati cingoli larghi 725 mm, che potevano essere sostituiti da cingoli più stretti da 520 mm per il trasporto del Tiger su ferrovia o per marce verso il fronte. Il suo potente motore Maybach HL230P45 da 12 cilindri a V 60° a benzina richiedeva una costante manutenzione e soprattutto una gran quantità di carburante (il serbatoio da 540 litri era sufficiente per soli 195 km su strada, molto meno in condizioni di terreno accidentato), che l'esercito tedesco non fu più in grado di fornire nelle ultime fasi del conflitto.
Al momento del suo ingresso nel conflitto, nel 1942, il Tiger aveva un cannone estremamente potente e una corazzatura notevole, ma era complicato e difficile da produrre, essendo inoltre soggetto a svariati problemi alla trazione, specialmente su terreni accidentati. Con il seguito della guerra la potente corazzatura del Tiger I risultò progressivamente vulnerabile alle nuove e più efficaci armi anticarro avversarie: il cannone D-25 da 122 mm sovietico poteva penetrare il frontale del Tiger I fino a 1.500 m di distanza mentre il 17 libbre britannico poteva riuscirci frontalmente fino a 1.700 metri con i tradizionali proiettili APCBC (Armour Piercing Capped Balistic Cap – perforanti con protezione balistica). A causa di ciò la produzione venne progressivamente ridotta fino a cessare completamente nell'agosto del 1944, dopo che erano entrati in linea circa 1.350 esemplari.




Sturmgeschütz III (Germania)

Lo Sturmgeschütz III non è affatto un carro armato, ma un cannone d'assalto. Lo Sturmgeschütz III, o Stug III, era l'asso killer di carri armati mobili dell'esercito tedesco, con un sorprendente numero di 40.000 distruzioni di carri armati e veicoli blindati al suo attivo. Sebbene la Germania alla fine perse la guerra, lo Stug III contribuì senza dubbio a ritardare la vittoria degli Alleati, soprattutto sul fronte orientale.










Lo Sturmgeschütz III fu originariamente concepito come un "cannone d'assalto", un veicolo corazzato che non era un carro armato ma armato con un cannone da 75 mm per fornire supporto di fuoco alla fanteria. Lo Stug fu costruito senza torretta, con il cannone montato direttamente nello scafo, un processo che lo rese meccanicamente più semplice, più veloce da produrre e più economico. Poiché mancava una torretta, lo Stug poteva ingaggiare solo bersagli nel suo arco frontale, ruotando sul posto per cambiare la direzione del cannone.
Con il progredire della guerra, le missioni dello Stug III si espansero per includere la distruzione dei carri armati nemici, e i modelli successivi montarono lo stesso cannone dei modelli successivi del Panzer IV.
Lo Sturmgeschütz III, denominazione spesso abbreviata in StuG III, è stato un cannone d'assalto in dotazione all'esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale, ricavato dallo scafo del carro armato medio Panzer III. L'installazione dell'armamento principale in casamatta anziché in una torretta girevole, benché rendesse il sistema d'arma meno efficace di un carro armato, rendeva il veicolo di più facile produzione e più economico. L'idea del cannone d'assalto venne concepita dal colonnello (poi generale) von Manstein nel 1935 come modo di fornire appoggio di artiglieria ravvicinato alle unità di fanteria per l'eliminazione di ostacoli non protetti (per esempio: nidi di mitragliatrici, fortini, armi controcarro, ecc.), quindi originariamente gli Sturmgeschütz non erano destinati a impegnare i carri armati. Nel corso della guerra l'impiego tattico degli Sturmgeschütz venne modificato, e a partire dal 1942, oltre all'appoggio delle fanteria furono impiegati come cacciacarri, lasciando il compito esclusivamente di appoggio alla fanteria agli Sturmhaubitze 42. Negli ultimi mesi della guerra, contrariamente al parere del generale Guderian, furono utilizzati tatticamente addirittura come carri armati.
In seguito allo sviluppo della concezione tattica di impiego dell'artiglieria come supporto ravvicinato per la fanteria, nel 1936 la Daimler-Benz ricevette la commessa per lo sviluppo e la produzione di un mezzo di supporto alla fanteria armato con una bocca da fuoco da 75 mm. 
Le specifiche prevedevano che:
  • l'armamento avesse una gittata di almeno 6 chilometri;
  • la corazzatura frontale avesse uno spessore tale che non fosse perforabile da un proietto da 37 mm ad una distanza di 500 m;
  • fosse di peso e dimensioni contenuti (non avrebbe dovuto essere più alto di un uomo di statura media);
  • armamento tale da assicurare un'adeguata copertura alla fanteria e capacità di impegnare mezzi blindati.
La Daimler-Benz per realizzare il mezzo utilizzò lo scafo, le sospensioni e il gruppo di rotolamento del carro Panzer III Ausf. E che aveva già in produzione.
Lo Sturmgeschütz III usava lo scafo, il treno di rotolamento e la motorizzazione del Panzer III, la parte superiore con l'anello di torretta era stata sostituita da una casamatta in cui era alloggiato l'armamento principale un cannone StuK L/24 da 75 mm ("cannone d'assalto lungo 24 calibri"; secondo la terminologia italiana, la bocca da fuoco sarebbe stata classificata come obice e non come cannone). Nella prima versione il mezzo era privo di armamento secondario. L'equipaggio alloggiava nella casamatta, in cui entrava da due ampi portelloni posti posteriormente sul cielo della casamatta stessa. Le sistemazioni generali erano quelle del Panzer III, con il motore posteriore e gli organi di trasmissione anteriori (davanti al compartimento di combattimento).
Lo Sturmgeschütz III passò senza modifiche dalla produzione di prototipi al primo modello operativo (Ausführung A), che fu distribuito quanto prima ai reparti operativi per avere un feedback. I primi esemplari lasciarono le catene di montaggio della Alkett ai primi di agosto del 1940. Tuttavia, già a novembre, dopo che erano stati elaborati i commenti sia sui prototipi (utilizzati operativamente in Francia) sia sul modello A, iniziò la produzione dell'Ausf. B. La principale differenza dall'Ausf. A era data dal nuovo sistema di sospensioni e dai cingoli, la cui larghezza era stata portata a 400 mm, ed utilizzando le componenti meccaniche del PzKpfw III Ausf. H. L'aumentata larghezza dei cingoli e l'aumento di potenza del motore (ora un Maybach HL 120 TRM) permisero di portare il peso del veicolo a 21,8 t, aumentando la sua mobilità. Nel 1941 iniziò la produzione dello StuG III Ausf. C, seguito, con lievi modifiche, dai modelli D ed E; le commesse per questi veicoli passarono dalla Daimler Benz direttamente alla Alkett. La produzione proseguì fino all'autunno 1942, per un totale di circa 450 veicoli dei tre tipi.
Dopo la comparsa sul campo di battaglia dei T-34 sovietici fu chiaro che l'armamento dei veicoli corazzati dell'epoca doveva essere rivisto, e quindi che un pezzo come il 7,5 cm StuK L/24, con la sua bassa velocità iniziale, non funzionava contro i nuovi carri e ci fu una corsa a installare cannoni più potenti. Come era successo al Panzer IV, anche lo StuG III ebbe un cannone da 75 mm lungo, capace di impegnare i carri russi, e poi sullo Sturmgeschütz 40 Ausf. F fu installato il cannone 7,5 cm StuK 40 L/43 (montato sui Panzer IV Ausf. F2 e G); questa arma aveva sia la capacità di impegnare fanterie con proiettili ad alto esplosivo, sia quella di impegnare veicoli corazzati con proiettili perforanti o, dopo la loro introduzione, a carica cava; un problema fu che le munizioni per il cannone lungo erano più ingombranti di quelle del corto, quindi nel nuovo modello fu necessario dedicare maggiore spazio alle riservette delle munizioni; dato anche il maggior volume dei fumi di combustione, fu aggiunto sul tetto della casamatta un ventilatore per estrarli dalla camera di combattimento. Oltre a potenziarne l'armamento, si aumentò anche la protezione per l'equipaggio con una piastra da 30mm sul frontale dello scafo. Questo veicolo fu costruito in 119 esemplari. Nonostante l'introduzione della corazzatura laminata, gli StuG 40 Ausf. E erano scarsamente protetti, soprattutto lateralmente, quindi si sostituì lo scafo base con quello del PzKpfw III Ausf. L, e in occasione della riprogettazione totale che ne conseguì il cannone fu sostituito con il 7,5 cm StuK 40 L/48, lo stesso montato sul PzKpfw IV Ausf. H e J. Con questo armamento lo StuG III fece un ulteriore passo avanti nel suo impiego tattico, diventando praticamente un cacciacarri invece di un semovente d'appoggio della fanteria. Il nuovo StuG 40 Ausf. F/8, che aveva anche un nuovo motore, il Maybach HL 120TRM Ausf. A. L'altezza passò a 2150 mm. La modifica dell'impegno tattico impose anche l'aggiunta di un armamento secondario (non necessario finché il veicolo doveva operare a stretto contatto della fanteria), quindi il veicolo fu dotato di una MG 34, che richiedeva che uno dei membri dell'equipaggio per sparare si sporgesse dal portellone superiore.
Le necessità di spazio entro il vano di combattimento per l'equipaggio e per le munizioni (lo StuG 40 Ausf. F/8 portava solo 44 colpi), impose una casamatta allargata fino a comprendere le coperture dei cingoli, eliminando così gran parte delle trappole per i colpi sul mezzo, e spostando il ventilatore sulla piastra posteriore della camera di combattimento. Esternamente fu aggiunto un supporto per la mitragliatrice ed una piastra mobile per proteggere il servente. Il nuovo Sturmgeschütz 40 Ausf. G fu il modello finale, costruito in più di 7000 esemplari. L'unica modifica portata senza modificarne né la denominazione né le caratteristiche generali, fu la sostituzione del mantelletto del cannone, saldato e di forma prismatica, con la cosiddetta Saukopf (testa di scrofa), una struttura fusa che assicurava maggiore omogeneità e riduceva le trappole per colpi. La linea di sviluppo degli StuG III come cacciacarri aveva portato ad un'arma non più ottimizzata per l'impegno di bersagli scarsamente protetti, ma alla funzione controcarri. Per questo motivo fu necessario progettare un'arma che svolgesse la funzione tattica precedentemente svolta dai cannoni d'assalto, quindi sullo scafo dello StuG 40 Ausf F fu impostato un mezzo armato con l'obice 10,5 cm StuHb42 L/28 (Obice da 105/28), denominato Sturmhaubitze 42 Ausf. F, che ebbe la funzione tattica avuta in precedenza dagli StuG III; quando la produzione di scafi Ausf. F terminò, lo Sturmhaubitze 42 assunse la denominazione Ausf. G. C'era poi lo Sturmgeschütz lange 7,5 cm Kanone L/33, cioè uno StuG III armato con un cannone 75/33, intermedio fra i modelli E ed F. Questo mezzo è esistito solo in una foto, pesantemente ritoccata dalla censura, che mostrava uno StuG III Aus. F a cui era stato accorciato il cannone. Questa foto suscitò molte illazioni in campo alleato, ed ancora negli anni sessanta veniva indicata come prova di un veicolo di transizione fra l'Ausf. E e l'Ausf. F, in realtà mai esistito.
La prima unità a ricevere gli StuG III fu la Sturmbatterie 640 (640ª batteria d'assalto), che ebbe i veicoli prototipo (prima che fosse prodotto l'Ausf. A), che il 10 aprile 1940 fu inserita negli organici dell'Infanterie regiment Grossdeutschland (nucleo originario della divisione e poi corpo d'armata Grossdeutschland), ridenominata 16 Sturmbatterie. la 16 Sturmbatterie entrò in combattimento (prima unità di StuG III ad impegnare il nemico) l'11 maggio 1940 nel villaggio di Villers, nell'area di Sedan, dove impegnò truppe di cavalleria francese, distruggendo completamente il battaglione da ricognizione che contrastava l'avanzata. Il positivo risultato di questo combattimento rese gli StuG III molto popolari fra la fanteria tedesca. Gli StuG III furono utilizzati anche nella campagna dei Balcani (Operazione Marita) e nelle prime settimane dell'Operazione Barbarossa (invasione dell'Unione Sovietica), con risultati positivi finché erano impegnati da fanteria, ma con gravi manchevolezze quando erano impegnati da forze corazzate, considerando sia la minore protezione sia l'armamento inferiore rispetto ai T-34 ed ai KV 1.
Con l'entrata in servizio dello StuG 40 l'impiego di questi mezzi si diffuse su tutti fronti in cui erano presenti le forze tedesche, quindi i vari modelli operarono in Italia, Francia, Unione Sovietica e, alla fine della guerra anche in Germania. Inizialmente inquadrati come batterie d'artiglieria, gli StuG a partire dal 1942 furono inquadrati nei reparti anticarro e, dalla seconda metà del 1944 in poi, furono addirittura inquadrati nei Panzerabteilung (battaglioni carri) nelle divisioni corazzate.
Gli StuG III furono dati anche ad alcuni stati alleati. In particolare in Italia dovevano equipaggiare il reparto controcarri della 1ª Divisione corazzata "M", poi ribattezzata "Centauro II", ed un certo numero di veicoli erano già operativi con la divisione a nord di Roma. Dopo l'8 settembre furono riacquisiti dalla Wehrmacht ed utilizzati nella campagna d'Italia.
Almeno uno di loro è sopravvissuto. Trovato nella località Le capanne nel maggio 1990, è stato restaurato dalla locale associazione carristi ed esposto in piazza Garibaldi a Castiglion Fiorentino dal 1993. Esso è un modello costruito fra il 1942 ed il 1945, ha placche da 30 e 50 mm e un cannone da 75 mm lungo. Attualmente è un monumento per i carristi caduti di tutte le guerre, sistemato su una piattaforma di cemento inclinata.
Oltre l'Italia anche la Finlandia ebbe una sessantina di StuG III Ausf. G, alcuni dei quali sono sopravvissuti e sono in mostra al Museo di Parola; i mezzi furono impiegati in forza alla Panssaridivisioona durante gli scontri della guerra di continuazione e della guerra di Lapponia.




Panzerkampfwagen IV (Germania)

Il Panzerkampfwagen IV, noto anche come Panzer IV, fu l'ultimo di una lunga serie di carri armati tedeschi iniziata con il Panzer I. Anche se in seguito la Germania sviluppò carri armati più grandi e pesanti, il Panzer IV rimase il cavallo di battaglia della Wehrmacht dal 1941 alla fine della guerra, bilanciando corazza, protezione, mobilità e affidabilità.


























Il Panzer IV offriva una protezione decente che fu aumentata nel tempo da piastre d'acciaio sospese conosciute come Schürzen. Nel 1942, il cannone a bassa velocità da 75 mm fu sostituito con il cannone KwK 40 da 75 mm ad alta velocità e con canna più lunga per penetrare meglio nella corazza del T-34. Come il T-34, cannoni più grandi e armature aggiuntive mettevano a dura prova il motore del carro armato, che rimase invariato, risultando in un carro armato sempre più lento. La Germania costruì 8.553 Panzer IV di tutti i tipi.
Dopo la guerra, i Panzer IV prestarono servizio nell'esercito siriano, combattendo nelle guerre arabo-israeliane del 1967 e del 1973.
Il Panzer IV, (abbreviazione di Panzerkampfwagen IV, numero di identificazione dell'esercito Sd.Kfz. 161) era un carro armato medio tedesco della seconda guerra mondiale, prodotto per tutto il corso del conflitto in molte varianti per un totale oscillante tra gli 8.000-9.000 esemplari, rappresentando la spina dorsale delle forze corazzate della Wehrmacht nel corso della guerra.
Inizialmente era stato pensato come carro di appoggio alla fanteria da affiancare al Panzer III, che era invece concepito per l'ingaggio dei carri armati nemici. Successivamente, durante il corso della guerra venne aggiornato nell'armamento e nella protezione passiva (aumentando gli spessori della corazzatura) ed assunse il ruolo di carro armato standard dell'esercito tedesco: il Panzer IV divenne, così, il carro armato più utilizzato nel maggior numero di esemplari della seconda guerra mondiale e il suo scafo fu usato come base per molti altri veicoli da combattimento, come i cacciacarri Nashorn, i carri-recupero e i semoventi antiaerei Flakpanzer IV Wirbelwind. Il Panzer IV fu usato in tutti i teatri operativi e il suo disegno fu aggiornato ripetutamente in funzione delle continue minacce provenienti dalle forze Alleate.
Nel gennaio 1934, seguendo le direttive elaborate nel 1930 dal generale Heinz Guderian a proposito di un "trattore medio" per eludere il trattato di Versailles, il reparto approvvigionamenti dell'esercito emanò le specifiche tecniche per un carro armato pesante (BW -Bataillonsführerwagen - carro comando di battaglione), con il quale equipaggiare la quarta compagnia di ogni battaglione corazzato. Tale mezzo era stato pensato per fornire supporto alla fanteria e agli altri carri armati, per cui si pensò di equipaggiarlo con un cannone di medio calibro a bassa velocità iniziale (nella contemporanea classificazione italiana sarebbe stato considerato un obice) adatto a sparare granate ad alto esplosivo: quindi, inizialmente fu escluso l'impiego contro altri carri armati. Poi nel 1935 vennero esaminati tutti i prototipi prodotti dalla Krupp, dalla Rheinmetall e dalla MAN AG, chiamati rispettivamente VK 2001(K), (VK 2001(Rh) e VK 2002(MAN), ed in seguito a delle prove, il disegno della Krupp fu selezionato per la produzione su scala industriale.




Panzer V “Panther” (Germania)

Con il proseguire della guerra, i carri armati tedeschi diventarono più grandi, più pesanti e più potenti che mai. Allo stesso tempo, tuttavia, l’offerta tedesca di materie prime peggiorò, così come il bacino di manodopera qualificata, e la produzione affidata al lavoro forzato nei paesi occupati era spesso di scarsa qualità o completamente sabotata. Questi fattori hanno influenzato la produzione e l'affidabilità di serbatoi più grandi e complessi. Nel 1944, il miglior carro armato del mondo, almeno sulla carta, era il Panzerkampfwagen V.





Il Panzer V, noto anche come Panther, era una risposta diretta al carro armato T-34. Il carro armato da 44 tonnellate era eccezionalmente ben corazzato, in parte grazie alla corazzatura inclinata copiata dal T-34. Il cannone principale da 75 mm Kwk 42 L/70 era superiore a qualsiasi cannone alleato, con la possibile eccezione del cannone da 76,2 mm del Firefly. Con un motore due volte più potente di quello del Panzer V, era più veloce e più agile del carro armato più vecchio.
Nel 1944, il Panther divenne il primo carro armato al mondo dotato di un sistema di visione notturna, l'FG1250 Ziel und Kommandanten-Optic. Il Panzer V era probabilmente ancora il miglior carro armato del mondo all'inizio degli anni ’50.
Il Panzer V Panther (abbreviazione di Panzerkampfwagen V Panther, numero di identificazione dell'esercito Sd.Kfz. 171) fu un carro armato medio tedesco prodotto durante la seconda guerra mondiale che prestò servizio dalla metà del 1943 fino alla fine del conflitto in Europa nel 1945. Fu progettato per fronteggiare il T-34 sovietico e per rimpiazzare i Panzer IV e Panzer III. Risolti i problemi iniziali di messa a punto, la sua eccellente combinazione di potenza di fuoco e protezione lo fa considerare dagli storici come uno dei migliori carri armati tedeschi della guerra.
Il disegno del Panzer V prese vita nel 1937, ma proseguì molto lentamente a causa della variazione dei requisiti decisi dai vertici dell'esercito tedesco. Nel 1941, quando il più potente carro armato a disposizione della Wehrmacht era il Panzer IV, sia la Henschel sia la Porsche avevano completato un prototipo dal peso di 30-35 t, designati rispettivamente VK 3001(H) e VK 3001(P), ma ulteriori sviluppi dirottarono i progetti verso il Panzer VI Tiger I.
Una richiesta per un nuovo carro arrivò comunque in quello stesso 1941, che avrebbe dovuto avere un cannone da 75 mm, una corazza inclinata per garantire massima protezione e, al contempo, peso contenuto, e, infine, grandi ruote per una buona mobilità. La Daimler-Benz rispose alla richiesta con il prototipo VK 3002(DB), in sostanza una copia del T-34 sovietico, mentre la MAN completò il VK 3002(M), alla fine scelto per la produzione industriale sotto il nome ufficiale di Panzerkampfwagen V Panther (designazione in codice Sd.Kfz. 171). Dopo un ulteriore prototipo uscito dalle fabbriche nel settembre 1942, i modelli di serie giunsero dalla MAN due mesi più tardi, a novembre, contemporaneamente alla concessione fatta alla Daimler-Benz di produrre anch'essa il nuovo carro (l'autorizzazione verrà estesa nel 1943 anche alla Henschel e alla MNH).
La prima versione ad essere prodotta fu l'Ausf. A, in realtà una pre-serie piuttosto che parte della produzione definitiva, alla quale subentrò l'Ausf. D (le versioni B e C non vennero mai messe in cantiere) e, curiosamente, un'altra Ausf. A, usata in maniera estesa in Normandia. L'ultima versione fu l'Ausf. G. Le principali differenze tra le varie versioni riguardavano l'adozione di una protezione emisferica per la mitragliatrice di scafo, una diversa cupola del capocarro, uno scudo del cannone progettato in modo da impedire che colpi di rimbalzo colpissero il tetto dello scafo e un diverso armamento delle linee laterali dello scafo nella parte posteriore. Nelle ultime fasi della guerra alcuni Panther montarono anche un moderno sistema di visione notturna all'infrarosso. Alcuni degli ultimi Phanter Ausf.G erano dotati di piastre addizionali sul tetto della torretta e sulle griglie del vano motore per difendersi dai mitragliamenti aerei.
L'armamento principale consisteva nel nuovo cannone da 75 mm KwK 42 L/70, capace di perforare a 1.000 metri 111 mm di acciaio inclinato di 30° dalla verticale con la PzGR 39/42 e 149 mm nelle stesse condizioni con la PzGr 40/42. Era presente inoltre una mitragliatrice MG 34 da 7,92 mm coassiale al cannone e un'altra mobile nella prua dello scafo.
Nell'estate del 1943 venne messa in produzione la versione Ausf. A, nella quale erano corretti la maggior parte dei difetti della Ausf. D, seguita all'inizio del 1944, dalla Ausf. G.
Il Panther, prodotto in quasi 6.000 esemplari, fu tra i migliori carri della seconda guerra mondiale grazie alla combinazione di protezione, mobilità ed armamento. Per altri, invece, il numero di esemplari prodotti del Panther (uno dei migliori carri tedeschi se non dell'intero conflitto) si fermò a "più di 4.800", ostacolato dai bombardamenti aerei Alleati sulla Germania che permisero di sfornare ogni mese solamente circa 330 mezzi sui 600 previsti.
Il Panther fu messo in produzione, nella speranza che fosse disponibile già in buon numero per la primavera del 1943; in particolare Hitler desiderava che l'offensiva programmata per l'estate del 1943, volta all'eliminazione del saliente di Kursk, e denominata operazione Zitadelle, fosse condotta potendo contare già su un certo numero di Panther. L'offensiva su Kursk venne anche rimandata per aspettare che un primo reparto di duecento carri (la 10. Panzerbrigade) fosse disponibile. Le gravi lacune nell'impiego vanificarono gli sforzi compiuti per allestire i duecento Panther, il cui apporto alla battaglia fu praticamente nullo: in quell'occasione i Panther, nella versione Ausf. D, mostrarono gravi difetti di affidabilità meccanica, imputabili in gran parte all'affrettata messa a punto e ai non completi collaudi dei nuovi mezzi piuttosto che a imperfezioni progettuali, tanto che in un primo tempo andarono persi più Panther per problemi tecnici che per le azioni del nemico.
Difatti, dopo un'ulteriore intensa fase di collaudo e messa a punto, i Panther iniziarono ad essere impegnati massicciamente, contrastando efficacemente i carri pesanti sovietici ed Alleati, in Normandia e sul fronte orientale. Peraltro fino alla fine della guerra questi carri medi soffrirono di problemi di affidabilità ed efficienza e non si dimostrarono in grado di competere nelle operazioni mobili in campo aperto con i più agili e meno ingombranti Panzer IV ed M4 Sherman. Diverso è il parere di altri autori, che considerano lo Sherman molto inferiore rispetto al più potente e meglio corazzato Panther, considerando anche che lo Sherman poteva impegnare il Panther ad una distanza di 200 m, mentre il Panther impegnava lo Sherman a più di un chilometro.  Lo stesso Adolf Hitler criticò aspramente il Panther e nel gennaio 1944 lo definì "un Heinkel che arranca per terra" riferendosi al fallimentare bombardiere pesante Heinkel He 177, a sua volta definito dal Führer "un Panther volante”.
Il 13 settembre del 1943, sette Panther del 1º battaglione del 2. SS-Panzer Regiment della 2. SS-Panzer-Division "Das Reich", comandato dall'Hauptsturmführer (capitano) Holzer (torretta numero 101) si scontrarono con un gruppo di circa settanta carri T-34 sovietici nei pressi di Kolomak. Durante i venti minuti che seguirono l'ingaggio, i Panther distrussero circa ventotto carri T-34 senza subire perdite. Durante la battaglia vicino a Siedlce il 28/29 luglio del 1944, il 2º battaglione del 5º SS-Panzer Regiment della 5. SS-Panzer-Division "Wiking", distrusse circa 107 carri armati sovietici tra T-34, Sherman e Valentine, perdendo sei carri (un Panzer IV e cinque Panther). Sul Fronte Orientale il Panther regnò indiscusso fino alla comparsa di veicoli studiati appositamente per contrastarlo, vale a dire il T-34/85 (versione 1944). Questa era la diretta controparte del carro tedesco, meglio corazzato e più mobile dei precedenti mezzi dell'Armata Rossa. Il pericolo maggiore per il Panther erano però i semoventi, in particolare l'Archer e il SU-100 che sfruttavano la loro sagoma bassa (il cannone, rispettivamente da 76,2 mm per il primo e da 100 mm per il secondo, era posizionato in casamatta anziché in torretta) per non farsi scorgere dai corazzati tedeschi e contemporaneamente approfittavano dell'ingombrante sagoma del Panzer V per centrarlo da distanze superiori anche a 1000–1500 m.
Nell'immediato dopoguerra, in attesa di carri più moderni, anche l'esercito francese utilizzò i Panther.




L'Infantry Tank Mk IV “Churchill" (Gran Bretagna)

L'Infantry Tank Mk IV "Churchill" fu un carro armato per fanteria britannico prodotto durante la seconda guerra mondiale, famoso per la sua spessa corazza, la sua robustezza e la sua facilità di impiego come veicolo duttile e robusto. Deve il suo nome a Winston Churchill, all'epoca anche Ministro della Guerra britannico, che fu uno dei più grandi sostenitori dello sviluppo dei carri armati già dalla prima guerra mondiale.















Nel settembre 1939 il comando dell'esercito inglese si rese conto del fatto che la Gran Bretagna non aveva alcun carro pesante in grado di competere con i carri tedeschi più potenti (come il Panzer IV) o di accompagnare efficacemente la fanteria contro obiettivi fortificati. Inoltre, di lì a poco, i tedeschi, dopo aver conquistato la Francia e il Benelux, sarebbero diventati una minaccia reale per la stessa Gran Bretagna. Era quindi necessario porre rimedio, al più presto, a questa mancanza. È vero che l'esercito inglese disponeva già del discreto Mk II Matilda, ma ci si accorse presto che non sarebbe stato in grado di tenere il passo con i sempre più potenti Panzer tedeschi: il carro Churchill sostituì quindi l'ormai obsoleto Matilda dopo il 1942.
Una ditta irlandese la Harland and Wolff ebbe l'incarico di progettare questo nuovo carro e, sebbene fosse già la fine del 1939, tutti i modelli studiati subivano ancora l'influenza dell'impiego dei mezzi corazzati durante la Prima guerra mondiale: vennero studiati mezzi pesantissimi e corazzatissimi, persino con armamenti appesi su gondole laterali. Progettati essenzialmente per la guerra di trincea, e quindi superare ostacoli, buche provocate dall'artiglieria, demolire ostacoli come filo spinato, e colpire difese statiche, tutte operazioni che non necessitavano di un veicolo rapido, ma di un veicolo lento e pesantemente corazzato.
I risultati si videro dopo solo un anno: il mezzo che ne risultò, pur non essendo un ritorno totale ai vecchi schemi, aveva alcune peculiarità tipiche dei carri della Grande Guerra. Il prototipo era il carro "A20", armato con due cannoncini ai lati e un terzo sulla torretta centrale.
Con la capitolazione della Francia, le innovazioni della Blitzkrieg, e le numerosissime perdite di carri lasciati in mano tedesca dopo l'evacuazione di Dunkerque, l'esercito inglese si rese conto che era necessario lo sviluppo rapido di un nuovo carro armato veloce da produrre, e con caratteristiche tecniche più moderne, anche in vista di difendere il suolo inglese da una sempre più vicina minaccia di attacco tedesco. Così i disegni furono rivisti dal dott. H.E. Merritt, direttore del Tank Design Woolwich Arsenal, e nel giugno 1941 iniziò una produzione febbrile dei nuovi carri A22 denominato ben presto Churchill. A causa della sua celerità il progetto non fu privo di difetti, il motore era sottodimensionato, l'accesso allo stesso difficoltoso e l'armamento debole, fattori che contribuirono al fallimento in azione dei primi carri, soprattutto a Dieppe nell'agosto 1942.
Nel marzo del 1943, dopo una sospensione della produzione a favore del più affidabile carro Mk VIII Cromwell, comparve il Churchill Mk III, l'evoluzione del precedente, che fu utilizzato durante la seconda battaglia di El Alamein, dove i carri si comportarono bene e resistettero molto efficacemente alle artiglierie e ai raid aerei tedeschi. Le campagne degli Alleati continuarono così come lo sviluppo del Churchill, che presentò un grosso miglioramento con il modello Mk VII, utilizzato in Normandia, armato con un cannone da 75 mm.
Per la sua versatilità il Churchill fu utilizzato e sviluppato in molte varianti, da "gettaponti" a veicolo "anfibio" fino a "lanciafiamme", e anche l'Unione Sovietica ricevette circa 300 Churchill Mk III ed Mk IV. Fu un carro longevo in quanto rimase in servizio con l'esercito inglese fino al 1952, e nella versione gettaponti addirittura fino al 1970.
Il carro era dotato di larghi cingoli avvolgenti, i quali gli garantivano un'ottima manovrabilità, una buona tenuta di strada e il vantaggio degli accessi laterali, che permettevano agli occupanti un agevole accesso e, all'occorrenza, una rapida fuga dal mezzo. Gli stessi cingoli avvolgenti davano però qualche problema di manutenzione ed esponevano il carro ai colpi sulle fiancate, tutti questi erano vantaggi e svantaggi tipici dei mezzi con cingoli avvolgenti. I cingoli erano mossi da undici ruote da 10 pollici, solo nove di queste però sostenevano il peso del carro, mentre le altre, assieme alla ruota motrice anteriore e a quella di richiamo posteriore, fungevano da "bilanciamento" nel caso il carro si trovasse nella condizione di superare ostacoli come trincee percorrere terreni molto sconnessi.
La corazzatura era la caratteristica più importante del carro Churchill: spessa fino a 100 mm nella parte frontale e ancor di più in torretta. L' Mk VII addirittura arrivava ad avere una corazzatura spessa fino a 152 mm, nessuna corazza del 1942 era in grado di competere con quella del Churchill (tranne quella del Panzer VI Tiger I tedesco); l'aumento di corazzatura però era proporzionale ad un aumento di peso, mentre l'Mk I pesava 39.118 kg e l'Mk III, pesava 39.626 kg, l'Mk VII pesava 40.643 kg, ciò lo rese un mezzo pesante e di conseguenza lento, l'Mk VII arrivava appena ad una velocità di 21 km/h, l'autonomia, di circa 150 km, era, invece, nella media.
Anello debole del Churchill era l'armamento, che fino alla versione Mk VII montava un cannone Ordnance QF 75 mm in grado di competere con i Tiger, ma non sempre alla pari, anche perché una delle debolezze del Churchill è sempre stata la potenza di fuoco.




Carro medio Chi-Ha tipo 97 (Giappone)

Il carro armato medio Chi-Ha tipo 97 (九七式中戦車 チハ, Kyunana-shiki chu-sensha chiha) è stato il carro armato medio giapponese più prodotto della seconda guerra mondiale, con un'armatura di circa 25 mm di spessore sui lati della torretta e 30 mm sullo scudo del cannone, considerato una protezione media negli anni '30. Circa 3.000 unità furono prodotte dalla Mitsubishi, compresi diversi tipi di tank specializzati. Le versioni iniziali erano armate con un cannone a bassa velocità Tipo 97 da 57 mm, progettato per sostenere la fanteria, ma dal 1942 in poi, il Modello 97 fu armato con un cannone ad alta velocità Tipo 1 da 47 mm, montato in una torretta a tre uomini più grande. Questa versione fu designata Shinhoto Chi-Ha ("nuova torretta").
I carri armati Shinhoto Chi-Ha tipo 97 furono utilizzati per la prima volta in combattimento durante la battaglia dell'isola di Corregidor nelle Filippine nel 1942. Anche se in seguito si dimostrò vulnerabile ai carri armati alleati avversari (US M3 Lee/British M3 Grant, M4 Medium e T-34), il cannone ad alta velocità da 47 mm diede alla Shinhoto Chi-Ha una possibilità di combattere contro di loro e fu considerato il miglior carro armato giapponese ad aver visto il "servizio di combattimento" nella guerra del Pacifico.

Carro armato leggero Ke-Ni tipo 98 (Giappone)

Il tank leggero tipo 98 Ke-Ni (九八式軽戦車 ケ, Kyuhachi-shiki keisensha Ke-Ni) fu progettato per sostituire il carro leggero tipo 95 Ha-Go. Da alcune fonti viene anche chiamato carro leggero tipo 98 Chi-Ni.  Fu sviluppato nel 1938 per ovviare alle carenze del design del Tipo 95 già evidenti dall'esperienza di combattimento in Manchukuo e in Cina nella seconda guerra sino-giapponese. Lo Stato Maggiore dell'Esercito Imperiale Giapponese si rese conto che il Tipo 95 era vulnerabile al fuoco di una pesante mitragliatrice da 13 mm, così determinò lo sviluppo di un nuovo carro armato leggero con lo stesso peso del Tipo 95, ma con armature più spesse.
Anche se il prototipo "Chi-Ni Modello A" della Hino Motors fu accettato dopo le prove sul campo come nuovo carro leggero Tipo 98, la produzione in serie iniziò solo nel 1942. Il Tipo 98 aveva una torretta con due uomini, un miglioramento rispetto alla torretta asimmetrica usata sul Tipo 95, che portava un cannone da 100 da 37 mm, con una velocità della canna di 760 m/s (2.500 ft/s) e una mitragliatrice da 7,7 mm in un supporto coassiale. In totale sono stati costruiti 104 Tipo 98: 1 nel 1941, 24 nel 1942 e 79 nel 1943. Una variante prototipo era il Tipo 98 Ta-Se, un carro armato antiaereo che montava un cannone AA da 20 mm. Un'altra variante nota come carro leggero Ke-To Type 2, iniziò la produzione nel 1944. Esso montava un cannone migliorato di Tipo 1 da 37 mm in una torretta allargata, che dava al carro "prestazioni leggermente migliori". Tuttavia, solo 34 carri armati furono completati alla fine della guerra. Nessun carro armato Ke-To light di tipo 2 è noto per essere stato impegnato in combattimento prima della resa del Giappone.




Carro medio Chi-He di tipo 1 (Giappone)

Il Chi-He di Tipo 1 fu sviluppato nel 1942 per sostituire il Tipo 97. Il nuovo tank si dimostrò superiore al Tipo 97 per design, velocità e protezione delle armature. La torretta a tre uomini e il cannone da 47 mm del Tipo 1 furono montati sullo scafo modificato del Tipo 97, che le fabbriche stavano già producendo. Tuttavia, la produzione iniziò solo nel 1943, a causa della maggiore priorità dell'acciaio assegnato alla Marina imperiale per la costruzione di navi da guerra. Dopo meno di un anno, la produzione fu interrotta a favore del carro medio Chi-Nu tipo 3. I carri armati di tipo 1 Ch-He furono assegnati alla difesa delle isole di origine giapponese.




Carro medio Chi-Nu tipo 3 (Giappone) 

Il tank medio Chi-Nu di tipo 3 fu sviluppato con urgenza per contrastare il carro medio americano M4 Sherman. Originariamente, il carro successivo in sviluppo per sostituire il Chi-He di tipo 1 era lo Chi-To di tipo 4. Tuttavia, lo sviluppo del Chi-To di tipo 4 fu ritardato e fu necessario un "carro di riserva". Lo sviluppo del Chi-Nu iniziò nel maggio 1943 e fu terminato entro ottobre. La bassa priorità data ai tank, insieme alla carenza di materie prime, fece sì che il Tipo 3 non entrasse in produzione fino al 1944. Fu l'ultimo progetto basato direttamente sulla linea di tipo 97. Il Chi-Nu mantenne lo stesso telaio e le stesse sospensioni del Chi-He, ma con una nuova grande torretta esagonale a cannone e una cupola da comandante. Il cannone Tipo 3 da 75 mm era uno dei cannoni più potenti usati sui carri armati giapponesi. Il Chi-Nu fu l'ultimo carro armato IJA schierato, e la produzione continuò fino alla fine della guerra. Il Chi-Nu non vide il combattimento durante la guerra. Tutte le unità prodotte furono mantenute per la difesa della Patria giapponese in previsione della prevista invasione alleata.





















Carro armato di tipo 4 Chi-To medio (Giappone)

Il carro armato medio Chi-To Type 4 (四式中戦車 チト, Yonshiki chūsensha Chi-To) fu uno dei nuovi carri armati medi e pesanti sviluppati dall'esercito imperiale giapponese verso la fine della seconda guerra mondiale. Era il più avanzato carro armato giapponese in tempo di guerra a raggiungere la fase di produzione.
Il Chi-To era un carro armato di trenta tonnellate, interamente saldato, con uno spessore massimo dell'armatura di circa 75 mm. Era molto più grande del Chi-Ha tipo 97, con un telaio più lungo, più largo e alto, sostenuto da sette ruote da strada. L'armamento principale, un cannone tipo 5 da 75 mm, era alloggiato in una grande torretta di cannone esagonale, ben blindata e motorizzata. La velocità della canna del cannone principale, 850 metri al secondo (2.800 piedi/s), gli consentiva una penetrazione dell'armatura di 75 millimetri a 1.000 metri. Il carro armato aveva una mitragliatrice pesante tipo 97 montata nello scafo e un supporto a sfera sul lato della torretta per un secondo. Due carri armati Chi-To Type 4 sono noti per essere stati completati prima della fine della guerra. Nessuno dei due carri armati completati vide l'uso in combattimento.







IL CARRO ANSALDO P-40 (Italia)

Il P40, o P26/40, era un carro italiano da 26 tonnellate nominali e ideato a partire dal 1940. Esso era stato pensato considerando che i carri cosiddetti Medi o 'M' non avrebbero potuto a lungo essere all'altezza dei veicoli esteri, i cui esemplari medi tendevano a pesare anche oltre 20 tonnellate.
Il mezzo venne sviluppato soltanto dopo che fu decisa l'interruzione del progetto di sviluppo del carro M "sahariano" (una specie di Crusader italiano) e, secondo i progetti iniziali, doveva essere inizialmente armato con un cannone corto da 75/18, e corazzatura sistemata in modo assai simile agli 'M', ma l'analisi del T-34 di cui i tedeschi fornirono un esemplare catturato, fu una rivelazione e comportò la riprogettazione dello scafo, che venne riallestito con una struttura meglio inclinata su tutti i lati dello scafo e torretta, mentre il cannone da 75 venne portato a 34 calibri. Fu quindi montato sullo scafo un cannone 75/34 Mod.34, dotato di migliori caratteristiche anticarro.
















Il veicolo aveva una tecnica abbastanza avanzata, la cui parte migliore era costituita da un motore diesel che, nella sua ultima elaborazione, aveva una potenza di ben 420 hp, al pari dei carri diesel delle altre potenze. Questo motore, progettato ex novo dalla FIAT, era però afflitto da considerevoli problemi di sviluppo che non furono mai completamente risolti.
Il treno di rotolamento era costituito da piccole ruote assemblate su carrelli con sospensioni a balestra, assai simile a quello degli 'M'. Le corazze erano inclinate (anche se moderatamente, la torretta aveva un'inclinazione di 15° frontali e 25° sui lati e il retro) anche lateralmente e posteriormente e avevano questi spessori: torretta frontale 60 mm, torretta laterale e posteriore 45 mm, scafo frontale 50 mm, scafo laterale 45 mm e posteriore 40 mm; le piastre erano tutte chiodate, riducendone di fatto l'efficacia. Inoltre anche la qualità del materiale con cui era realizzata la corazza lasciava a desiderare, visto che la produzione di acciai speciali in Italia era deficitaria (anche per la scarsità delle materie prime: molibdeno, cromo, ecc., oltre che per la scarsità di personale capace di eseguire correttamente il processo di tempra e rinvenimento) e la Regia Marina aveva ricevuto la priorità per la costruzione delle corazzate classe Vittorio Veneto.
L'armamento era derivato dal cannone campale Ansaldo da 75 mm Mod. 37, lungo 34 calibri. Le munizioni erano 63 da 75 mm e solo 600 per le due mitragliatrici Breda Mod. 38 da 8 mm, una coassiale e una contraerea.
Comparato ai veicoli coetanei, dimostrava già alla sua entrata in servizio i suoi limiti: il pezzo 75/34 era gestito dal capocarro, quando questi doveva essere la "mente" che indirizza l'equipaggio e non poteva anche puntare l'arma (difetto presente anche nel T-34, ma risolti nella versione T-34/85) ed era dotato di ottiche rudimentali e semplici; comparandolo con le precise ottiche tedesche dell'epoca TZF-4 e -5 con ingrandimento 6x, l'efficienza del cannone veniva ulteriormente abbassata dal rateo di fuoco, non elevato rispetto ai carri avversari (il modello M3 da 75 mm montato sullo M4 Sherman statunitense era semiautomatico, in grado di far fuoco ogni 5-6 secondi). Alcuni autori riportano come elemento per valutare la qualità del mezzo anche il numero di portelli e via di fuga a disposizione per l'equipaggio; mentre i carri inglesi, americani e tedeschi avevano dalle 4 alle 6-8 vie, i mezzi italiani ne difettavano ed il P40 disponeva di sole due vie. Le sue prestazioni erano peraltro inficiate dalla tecnologia superata o inaffidabile di vari componenti: la corazzatura era ancora imbullonata, la mobilità era un po' scarsa a causa delle sospensioni, che però erano adattissime a carri che non superavano i 40 km/h, mentre il motore era decisamente inaffidabile, troppo vicino all'equipaggio e ai serbatoi, con paratie scadenti, e con prese d'aria esterne non ben protette. Si noti che i tedeschi produssero il 40% dei P26/40 senza il motore, evidentemente considerato il punto più debole del progetto. Rispetto ai pari classe il P40 nasceva con delle caratteristiche che mostravano la sua scarsa tecnica e mostravano lo scarso adattamento dell'industria bellica italiana dell'epoca alle esigenze ed all'evoluzione degli strumenti militari.
La situazione peggiorò quando entrarono in servizio mezzi come i T-34/85, i Panzer V Panther e i Mk VIII Cromwell. La versione migliorata, rimasta sulla carta, venne chiamata P43, con un tonnellaggio aumentato e caratteristiche migliorate.
Ma lo sviluppo di questo ulteriore prototipo non ebbe seguito anche perché la produzione del P.40 procedeva con estremo rilento: al momento della resa italiana nel settembre 1943 solo 1 mezzo era stato assegnato ai reparti del Regio Esercito. Così esso venne requisito e usato solo dai tedeschi, che lo utilizzarono in qualche reparto corazzato, in compiti secondari.
Le fonti della Ansaldo dicono che è stato prodotto solo un P40 prima del 30 luglio 1943. Alcuni documenti tedeschi parlano invece di vari carri completi catturati all'armistizio di cui uno presentava delle modifiche ai portelli della torretta. Questo fu mostrato a Hitler il 20 ottobre 1943 al balipedio di Arys.
Il carro poteva affrontare i vari Panzer IV, M4 Sherman, Cromwell e T-34, sia pure da una condizione di relativa (e talvolta grave) inferiorità, e anche se risentiva di alcune soluzioni ormai superate, come l'assenza del terzo uomo in torretta, le corazze chiodate, le sospensioni a balestra, che non gli permettevano in pratica di superare i 40 km/h. Circa 100 veicoli vennero realizzati sotto il controllo tedesco, che credevano il P.40 l'unico carro armato italiano degno di produzione, ma parte dei quali (probabilmente 40 o 49) senza motore, per essere utilizzati come fortini lungo la Linea Gotica.
Sono attualmente conservati due esemplari del carro armato: il P26/40 - Museo storico della motorizzazione militare (Roma-Cecchignola); il P26/40 - Caserma "Zappalà" - Scuola di cavalleria dell'Esercito Italiano (Lecce).


Ripensare la guerra, e il suo posto
nella cultura politica europea contemporanea,
è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti
a un disegno spezzato
senza nessuna strategia
per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali.
Se c’è una cosa che gli ultimi eventi ci stanno insegnando
è che non bisogna arrendersi mai,
che la difesa della propria libertà
ha un costo
ma è il presupposto per perseguire ogni sogno,
ogni speranza, ogni scopo,
che le cose per cui vale la pena di vivere
sono le stesse per cui vale la pena di morire.
Si può scegliere di vivere da servi su questa terra, ma un popolo esiste in quanto libero, 
in quanto capace di autodeterminarsi,
vive finché è capace di lottare per la propria libertà: 
altrimenti cessa di esistere come popolo.
Qualcuno è convinto che coloro che seguono questo blog sono dei semplici guerrafondai! 
Nulla di più errato. 
Quelli che, come noi, conoscono le immense potenzialità distruttive dei moderni armamenti 
sono i primi assertori della "PACE". 
Quelli come noi mettono in campo le più avanzate competenze e conoscenze 
per assicurare il massimo della protezione dei cittadini e dei territori: 
SEMPRE!
….Gli attuali eventi storici ci devono insegnare che, se vuoi vivere in pace, 
devi essere sempre pronto a difendere la tua Libertà….
La difesa è per noi rilevante
poiché essa è la precondizione per la libertà e il benessere sociale.
Dopo alcuni decenni di “pace”,
alcuni si sono abituati a darla per scontata:
una sorta di dono divino e non, 
un bene pagato a carissimo prezzo dopo innumerevoli devastanti conflitti.…
…Vorrei preservare la mia identità,
difendere la mia cultura,
conservare le mie tradizioni.
L’importante non è che accanto a me
ci sia un tripudio di fari,
ma che io faccia la mia parte,
donando quello che ho ricevuto dai miei AVI,
fiamma modesta ma utile a trasmettere speranza
ai popoli che difendono la propria Patria!
Signore, apri i nostri cuori
affinché siano spezzate le catene
della violenza e dell’odio,
e finalmente il male sia vinto dal bene…

(Fonti: https://svppbellum.blogspot.com/, Web, Google, SANDBOXX, Wikipedia, You Tube)












 

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