martedì 21 aprile 2020

Il mitra sovietico PPŠ-41, in russo: Пистолет-пулемёт Шпагина 1941


Il PPŠ-41 (in russo: Пистолет-пулемёт Шпагина 1941, traslitterato: Pistolet-Pulemët Špagina 1941) è un mitra (a dispetto del nome, che classifica l'arma come pistola mitragliatrice) sovietico progettato da Georgij Špagin come alternativa al più costoso e complesso PPD-40.
Fu una delle armi più usate di tutto il secondo conflitto mondiale. Si stima che nel periodo bellico siano stati prodotti più di 6 milioni di esemplari di tale arma. Costruito per buona parte in acciaio stampato, l'arma poteva essere alimentata sia da caricatori bifilari che da caricatori a tamburo. Fu largamente usato anche dopo la seconda guerra mondiale durante la Guerra di Corea. Anche in Vietnam l'arma divenne popolare sia tra i Vietcong sia tra le forze dell'NVA e rimase in uso fino agli anni settanta.




Storia

Il progetto e la seconda guerra mondiale

Il progetto per il PPŠ-41 risale alla guerra d'inverno 1939-40 contro la Finlandia, la cui fanteria utilizzava il mitra Suomi KP-31 che risultava molto adatto negli scontri ravvicinati in ambienti boschivi o urbani. All'epoca l'Armata Rossa aveva in dotazione limitate quantità di moschetti automatici PPD-34/38 e PPD-40, ma erano armi considerate inadatte al combattimento da fanteria per la loro corta gittata, e distribuite perlopiù alla polizia e al NKVD. L'efficacia dei mitra Suomi usati nei combattimenti delle foreste innevate finlandesi costrinse l'Armata Rossa a rivedere le proprie tattiche ed emerse la necessità di un mitra efficace, poco ingombrante, facile ed economico da produrre. Venne accelerata la produzione del già esistente PPD-40, per ordine personale di Stalin, ma il Commissariato del Popolo per l'Industria Bellica (organo sovietico preposto alla produzione e progettazione di armamenti) ebbe l'ordine di sviluppare un nuovo moschetto automatico idoneo alla produzione in massa, poiché il PPD-40 richiedeva lunghe e complesse lavorazioni alla macchina utensile, con tutti i suoi pezzi fresati e torniti dal pieno.
Nell'autunno 1941 un'apposita commissione valutò vari progetti, e quello considerato più adatto era il progetto di Georgij Špagin, che prevedeva un largo impiego di parti ricavate per stampaggio alla pressa, anziché le tradizionali tornitura-fresatura: cosa al tempo rivoluzionaria per l'URSS, e che consentiva un abbattimento del 50% dei tempi di lavorazione. La produzione dell'arma cominciò nel 1941 a Mosca, sotto la supervisione di alti ufficiali del partito comunista sovietico, addetti al controllo della qualità dei prodotti.
Poche centinaia di esemplari vennero prodotti nel novembre 1941 e altri 155.000 uscirono dalle fabbriche nei cinque mesi seguenti. Per la primavera del 1942, le fabbriche erano arrivate ad un regime di produzione di 3000 armi al giorno. Il PPŠ-41 è il classico esempio di arma semplificata per permettere la produzione di massa (altri esempi sono lo Sten inglese, l'MP-40 tedesco che però è già più raffinato, o l'M3 americano). Le sue componenti (ad eccezione della canna) potevano essere facilmente realizzate anche da operai senza esperienza con la dotazione dei garage per la riparazione delle auto, così da lasciare liberi gli operai specializzati per altri incarichi. Il PPŠ-41 conta 87 parti (contro le 95 del PPD-40, il precedente mitra adottato dall'esercito sovietico) e poteva essere realizzato in sole 7,3 ore di lavoro (contro le 13,7 ore necessarie per il PPD-40). La produzione delle canne veniva accelerata utilizzando le canne dei fucili Mosin-Nagant: si tagliava a metà la canna e la si adattava al proiettile da 7,62 x 25 mm (contro il 7,62 x 54 mm utilizzato dal fucile).




L'impiego nel conflitto

Fin dalla sua introduzione in servizio il PPŠ-41 superò tutte le aspettative. Era robustissimo, estremamente affidabile e pressoché insensibile al gelo e alla polvere. Aveva una cadenza di tiro molto elevata, circa 1000 colpi al minuto (il doppio della maggior parte dei mitra dell'epoca) ed era piuttosto preciso fino a 100 metri. La cartuccia 7,62x25 era potente e precisa: anche se il proiettile era più leggero del 9x19mm Parabellum ed aveva meno impatto, era però molto più veloce ed aveva una traiettoria molto tesa che permetteva al PPŠ-41 un tiro utile fino a 200 metri.
Alle distanze ravvicinate (fino a 50 metri) che erano la norma, nei combattimenti urbani o nelle foreste, una pattuglia armata di PPŠ-41 poteva scatenare un volume di fuoco pari a quello di un'intera compagnia di fanteria armata di tradizionali fucili. Inoltre, il caricatore a tamburo da 71 colpi consentiva un'autonomia ragionevole e il peso dell'arma, unito all'ottimo calcio in legno, rendeva il tiro facile da controllare. Il caricatore a tamburo presentava qualche difetto: realizzato in lamiera di appena 1,5 mm di spessore, si piegava facilmente, il che causava inceppamenti. Inoltre, la molla interna che spingeva le cartucce era piuttosto dura da azionare e riempirlo tutto richiedeva tempo. I soldati sovietici impararono a non caricarlo con più di 60 colpi, per evitare il rischio che la molla si bloccasse. Dal 1942 furono disponibili caricatori curvi a serbatoio tradizionali da 35 colpi, e nel 1944 furono distribuiti caricatori a tamburo più robusti ed efficaci. Comunque, i militari sovietici tendevano a impiegare solo caricatori a tamburo che permettevano di sfruttare appieno le potenzialità dell'arma.
Per il successo ottenuto e gli elevatissimi numeri prodotti, il PPŠ-41 divenne immediatamente una delle icone della guerra, il simbolo del soldato sovietico così come l'MP-40 lo era del soldato tedesco e l'elmetto Mk.III del soldato britannico: interi battaglioni vennero equipaggiati in massa con quest'arma e lanciati in devastanti attacchi contro le truppe dell'Asse, soprattutto da parte di reparti di sciatori sovietici, ripetendo su scala molto più vasta le stesse tattiche impiegate dalla Finlandia e con efficacia altrettanto devastante. Il PPŠ-41 fu un'arma popolare anche tra i soldati tedeschi, e spesso i mitra catturati venivano utilizzati contro i loro precedenti proprietari. L'assoluta intercambiabilità tra i proiettili da 7,62 × 25 mm Tokarev dell'arma russa e quelli tedeschi da 7,63 × 25 mm Mauser utilizzati nella pistola C-96 permetteva al PPŠ-41 di sparare senza problemi anche questi, per cui i tedeschi potevano facilmente sopperire alla necessità di munizioni.
Dopo la cattura da parte dei tedeschi di un gran numero di PPŠ-41, partì in Germania un programma volto a convertire l'arma in modo che potesse usare il calibro standard per pistole e mitra in uso tra le forze armate tedesche, il 9 mm Parabellum. Le armi così riconvertite vennero denominate MP41(r), dove (r) sta per russisch (russo), mentre i modelli non riconvertiti MP717(r). Vennero persino distribuiti dei manuali d'uso in tedesco per le forze armate.
Non vi è dubbio che il PPŠ-41 soddisfò pienamente le aspettative dell'Armata Rossa: il suo impiego in massa, reso possibile dai moderni criteri di produzione su vasta scala, conferì ai soldati sovietici una potenza di fuoco nettamente superiore ai loro avversari. Ciò permise all'Armata Rossa di acquistare la superiorità tattica in tutte le decisive battaglie dal 1942 in poi, e di sviluppare delle tattiche di combattimento basate su assalti combinati di carri armati e fanteria munita di armi automatiche. Questa dottrina, che si rivelò vincente, fu sviluppata attorno al PPŠ-41 ed è perciò che gli storici e il pubblico, sovietici prima e russi poi, considerano il PPŠ-41, assieme al T-34 e al PPS-43, "l'arma che ha vinto la guerra".




L'adozione nel secondo dopoguerra

Dopo la seconda guerra mondiale, il PPŠ fu venduto in grandi quantità agli stati filosovietici e alle forze di guerriglia. Il Chosŏn inmin'gun e l'Esercito Popolare di Liberazione ricevettero grandi quantità di PPŠ-41 dalla Russia, utilizzati in combinazione con il Type 49 nord-coreano e il Type 50 cinese, entrambi copie dell'arma sovietica. Sebbene non preciso su lunghe distanze, l'arma si rivelò estremamente adatta ai combattimenti a breve raggio che ebbero luogo durante la guerra di Corea. Le forze delle Nazioni Unite si trovavano in difficoltà nel contrastare l'impressionante volume di fuoco dell'arma sovietica. Molti ufficiali arrivarono persino a definire il PPŠ come la migliore arma di quella guerra: pur non vantando la stessa precisione del M1 Garand o della carabina M1 Carbine, il più alto rateo di fuoco la rendeva un'arma micidiale negli scontri ravvicinati Come disse un capitano di fanteria: “in modalità automatica sparava una quantità incredibile di proiettili e molte delle perdite in Corea furono subite in scontri a breve raggio e di breve durata - dipendeva da chi riusciva a sparare più in fretta. In queste situazioni, superava qualunque arma di cui noi disponessimo. Uno scontro ravvicinato tra pattuglie terminava molto rapidamente, e in molti casi lo perdevamo proprio a causa sua”.
Il PPŠ-41 ed i suoi cloni cinesi, coreani, ungheresi e polacchi (questi ultimi realizzati meglio), fu estesamente impiegato anche durante il conflitto in Indocina del 1945-54, nelle mani dell'esercito del Viet Minh; e fu poi utilizzato nella guerra del Vietnam ed in generale nella maggior parte dei conflitti del secondo dopoguerra fino agli anni 1970.




Caratteristiche

Era un mitra a fuoco selettivo con funzionamento a massa battente ed otturatore aperto, alimentato da caricatori amovibili con proiettili 7,62 × 25 mm Tokarev prodotto con procedimenti industriali per l'epoca d'avanguardia (in URSS almeno) che prevedevano lo stampaggio e tranciatura di quasi tutti gli elementi, era costituito da un castello in acciaio incernierato alla calciatura in legno, ed il principio di funzionamento era il più semplice possibile: massa battente a rinculo diretto. Vi era un semplice ma efficace selettore di tiro, costituito da un cursore situato all'interno del ponticello, di fronte al grilletto, a due posizioni: colpo singolo/raffica.
Con un peso di circa 5,5 kg, l'arma poteva raggiungere una cadenza di fuoco teorica di 1.000 colpi al minuto, molto più alta di molti dei suoi concorrenti durante la seconda guerra mondiale. Era un'arma duratura, costruita a basso prezzo e con materiali semplici, che necessitava di poca manutenzione. Solo gli ultimi esemplari di arma cominciarono a presentare un alzo regolabile a "L", da 100 e 200 metri, mentre in precedenza vi era solo una tacca fissa tarata a 100 m. Il manicotto di raffreddamento della canna era fatto in modo da funzionare da rudimentale compensatore, per limitare l'impennamento dell'arma in fase di sparo (risultato ottenuto solo in maniera parziale) ma produceva una vistosa fiammata. Nonostante i caricatori bifilari da 35 colpi (disponibili dal 1942), la maggioranza dei soldati sovietici preferivano l'uso del caricatore a tamburo. Il principale difetto del PPŠ-41 erano il peso e l'ingombro, ben maggiori rispetto ai molto più compatti MP-40, Sten, M3, rispetto ai quali però vantava un volume di fuoco doppio, una migliore balistica e un'affidabilità senza pari.
Copiato dal finlandese KP-31, il caricatore a tamburo del PPŠ conteneva 71 colpi. Nella pratica, però, caricare l'arma con più di 60 colpi comprimeva troppo la molla interna e provocava inceppamenti ed inconvenienti. Inoltre, il caricatore a tamburo era più complesso da caricare rispetto al bifilare da 35 colpi, che divenne quindi molto comune a partire dalla sua adozione nel 1942. Pur contenendo meno cartucce, il caricatore bifilare garantiva un ulteriore punto d'appoggio per la mano.
Nonostante la presenza della sicura, il funzionamento a massa battente ed otturatore aperto comportava il rischio di fuoco accidentale nel caso di urto dell'arma contro una superficie dura.




Varianti
  • Type 50: versione cinese del PPŠ-41. A differenza del modello sovietico, non era possibile l'utilizzo di caricatori a tamburo.
  • Type 49: versione nordcoreana del PPŠ-41, utilizzabile solo con caricatori a tamburo
  • K-50M: variante vietnamita basata sul Type 50 cinese. Il copricanna traforato è più corto del normale, è stata aggiunta l'impugnatura a pistola, il mirino originale fu sostituito con quello dell'AK-47 e l'arma presenta un calcio telescopico molto simile a quello del MAT-49 francese. I cambiamenti rendono l'arma più leggera di quasi mezzo chilo. L'arma era alimentata tramite caricatori bifilari, ma poteva utilizzare caricatori a tamburo se il calcio era completamente estratto.
  • MP41(r): versione tedesca ricamerata per il 9 mm Parabellum.
  • MP717(r): denominazione degli esemplari catturati dai tedeschi e alimentati con munizioni da 7,63 × 25 mm Mauser
  • M-49: variante jugoslava del PPŠ-41.
  • PPS-50: versione semiautomatica in calibro .22 LR prodotta dalla Pietta, con caricatori da 30 o 50 colpi. L'arma ricorda esteticamente il PPŠ ma non ne condivide le meccaniche.
  • SKL-41: versione semiautomatica in calibro 9 mm del PPŠ-41 disponibile sul mercato tedesco a partire dal 2008. Oltre alle repliche dei caricatori originali, può essere alimentata tramite caricatori di MP-40.




ENGLISH

The PPSh-41 (pistolet-pulemyot Shpagina; Russian: Пистолет-пулемёт Шпагина; "Shpagin machine pistol") is a Soviet submachine gun designed by Georgy Shpagin as a cheap, reliable, and simplified alternative to the PPD-40. Common nickname is "papasha" (Russian: папаша), meaning "daddy".
The PPSh is a magazine-fed selective fire submachine gun using an open bolt, blowback action. Made largely of stamped steel, it can be loaded with either a box or drum magazine and fires the 7.62×25mm Tokarev pistol round.
The PPSh saw extensive combat use during World War II and the Korean War. It was one of the major infantry weapons of the Soviet Armed Forces during World War II. Around six million PPSh-41s were manufactured. In the form of the Chinese Type 50 (licensed copy), it was still being used by the Viet Cong as late as 1970. According to the 2002 edition of the Encyclopedia of Weapons of World War II the PPSh was still in use with irregular militaries.

History

World War II

The impetus for the development of the PPSh came partly from the Winter War against Finland, where the Finnish Army employed the Suomi KP/-31 submachine gun as a highly effective tool for close-quarter fighting in forests and built-up urban areas. Its 71-round drum magazine was later copied and adopted by the Soviets for their PPD-40 and PPSh-41 submachine guns. A submachine gun, the PPD-40, was subsequently rushed into mass production in 1940, but it was expensive to manufacture, both in terms of materials and labor, because it used numerous milled metal parts, particularly its receiver. Shpagin's main idea for cost reduction was to use metal stamping for the production of most parts; that concept was revolutionary in the Soviet Union at the time. Shpagin created a prototype PPSh in September 1940, which also featured a simple gas compensator designed to prevent the muzzle from rising during bursts; this improved shot grouping by about 70% relative to the PPD.
The new weapon was produced in a network of factories in Moscow, with high-level local Party members made directly responsible for meeting production targets. A few hundred weapons were produced in November 1941 and another 155,000 were made during the next five months. By spring 1942, the PPSh factories were producing roughly 3,000 units a day. Soviet production figures for 1942 indicate that almost 1.5 million units were produced. The PPSh-41 is a classic example of a design adapted for mass production (other examples of such wartime design are the M3 submachine gun, MP 40, PPS submachine gun, and the Sten). Its parts (excluding the barrel) could be produced by a relatively unskilled workforce with simple equipment available in an auto repair garage or tin shop, freeing more skilled workers for other tasks. The PPSh-41 uses 87 components compared to 95 for the PPD-40 and the PPSh could be manufactured with an estimated 5.6 machining hours (later revised to 7.3 hours) compared with 13.7 hours for the PPD. Barrel production was often simplified by using barrels for the 7.62mm Mosin–Nagant: the rifle barrel was cut in half and two PPSh barrels were made from it after machining the chamber for the 7.62×25mm Tokarev cartridge.
After the German Army captured large numbers of the PPSh-41 during World War II, a program was instituted to convert the weapon to the standard German submachine gun cartridge – 9×19mm Parabellum. The Wehrmacht officially adopted the converted PPSh-41 as the "MP41(r)"; unconverted PPSh-41s were designated "MP717(r)" and supplied with 7.63×25mm Mauser ammunition (which is dimensionally identical to 7.62×25mm Tokarev, but slightly less powerful). German-language manuals for the use of captured PPShs were printed and distributed in the Wehrmacht. In addition to barrel replacement, converted PPSh-41s also had a magazine adapter installed, allowing them to use MP-40 magazines. The less powerful 9mm round generally reduces the cyclic rate of fire down to 800 to 750 RPM. Modern aftermarket conversion kits based on the original Wehrmacht one also exist using a variety of magazines, including Sten mags. Some enthusiasts have been able to make them work with the original Soviet drum and stick magazines, eliminating the adapter, as well as use of the more powerful 9×23mm Winchester ammo.
As standard each PPSh-41 came with two factory fitted drum magazines that were matched to the weapon with marked serial numbers. If drum magazines were mixed and used with different serial numbered PPSh-41, a loose fitting could result in poor retention and failure to feed. Drum magazines were superseded by a simpler PPS-42 box-type magazine holding 35 rounds, although an improved drum magazine made from 1 mm thick steel was also introduced in 1944.
The PPS submachine gun, an even simpler submachine gun, was later introduced in Soviet service in 1943, although it did not replace the PPSh-41 during the war.
The Soviet Union also experimented with the PPSh-41 in a close air support antipersonnel role, mounting dozens of the submachine guns in forward fuselage racks on the Tu-2sh variant of the Tupolev Tu-2 bomber.
More than five million PPSh submachine guns were produced by the end of the war. The Soviets would often equip platoons and sometimes entire companies with the weapon, giving them excellent short-range firepower. Thousands more were dropped behind enemy lines in order to equip Soviet partisans to disrupt German supply lines and communications.

Korean War

After the Second World War, the PPSh was supplied in large quantities to Soviet-aligned states and Communist guerrilla forces. The weapon was widely used during the Korean War. The Korean People's Army (KPA) and the Chinese People's Volunteer Army (PVA) fighting in Korea received massive numbers of the PPSh-41, in addition to the North Korean Type 49 and the Chinese Type 50, which were both licensed copies of the PPSh-41 with small mechanical revisions.
Though relatively inaccurate, the Chinese PPSh has a high rate of fire and was well-suited to the close-range firefights that typically occurred in that conflict, especially at night United Nations forces in defensive outposts or on patrol often had trouble returning a sufficient volume of fire when attacked by companies of infantry armed with the PPSh. Some U.S. infantry officers ranked the PPSh as the best combat weapon of the war: while lacking the accuracy of the U.S. M1 Garand and M1 carbine, it provided more firepower at short distances. As infantry Captain (later General) Hal Moore, stated: "on full automatic it sprayed a lot of bullets and most of the killing in Korea was done at very close ranges and it was done quickly – a matter of who responded faster. In situations like that it outclassed and outgunned what we had. A close-in patrol fight was over very quickly and usually we lost because of it." U.S. servicemen, however, felt that their M2 carbines were superior to the PPSh-41 at the typical engagement range of 100–150 meters.

Features

The PPSh-41 fires the standard Soviet pistol and submachine gun cartridge, the 7.62×25mm (Tokarev). Weighing approximately 12 pounds (5.45 kg) with a loaded 71-round drum and 9.5 pounds (4.32 kg) with a loaded 35-round box magazine, the PPSh is capable of a rate of about 1000 rounds per minute, a very high rate of fire in comparison to most other military submachine guns of World War II. It is a durable, low-maintenance weapon made of low-cost, easily obtained components, primarily stamped sheet metal and wood. The final production PPShs have top ejection and an L type rear sight that can be adjusted for ranges of 100 and 200 meters. A crude compensator is built into the barrel jacket, intended to reduce muzzle climb during automatic fire. The compensator was moderately successful in this respect, but it greatly increased the muzzle flash and report of the weapon. The PPSh also has a hinged receiver to facilitate field-stripping and cleaning the weapon. A chrome-lined bore enables the PPSh to withstand both corrosive ammunition and long intervals between cleaning. No forward grip or forearm was provided, and the operator generally has to grasp the weapon behind the drum magazine with the supporting hand, or else hold the lower edge of the drum magazine. Though 35-round curved box magazines were available from 1942, the average Soviet infantryman in World War II carried the PPSh with the original 71-round drum magazine.
The PPSh drum magazine holds 71 rounds. In practice, misfeeding is likely to occur with more than about 65. In addition to feed issues, the drum magazine is slower and more complicated to load with ammunition than the later 35-round box magazine that increasingly supplemented the drum after 1942. While holding fewer rounds, the box magazine does have the advantage of providing a superior hold for the supporting hand. Although the PPSh is equipped with a sliding bolt safety, the weapon's open-bolt design still presents a risk of accidental discharge if the gun is dropped on a hard surface.

Users
  • bottom: PPS-43, MP 40, K-50M.

Current:
  • Albania
  • Angola
  • North Korea: Made licensed copies under the designation "Type 49".
  • Syria
  • ISIS
  • Russia - Novorossiyan Armed Forces: Limited usage in the beginning of War in Donbass.

Former:
  • Afghanistan - Formerly in service with the Afghan Army in the 1980s. Also used by various self-defense groups.
  • Austria
  • Bulgaria
  • Croatia
  • Cuba
  • China: Made licensed copies under the designation "Type 50".
  • Czechoslovakia: Used during and after WWII until succeeded by the vz.58.
  • East Germany: Used by the East German Grenztruppen and became an unofficial symbol of the force. Designated "MPi41" in DDR service the PPSh-41 was gradually replaced by the AK-47 beginning in 1960.
  • Estonian partisans used captured SMGs against the Soviets in 1941.
  • Finland: Used captured examples.
  • Georgia: Used during civil conflicts in 1990s.
  • Guinea
  • Guinea Bissau: Used by the PAIGC in the Guinea-Bissau War of Independence
  • Hungary: Captured and reissued PPSh-41s in the early 1940s. Produced a local version in the early 1950s called the "7.62mm Géppisztoly 48.Minta", or simply "48m".
  • Iraq
  • Indonesia
  • Iran: Produced a local version in the 1940s with a tangent rear sight.
  • Laos
  • Lebanese National Movement
  • Lesotho
  • Mongolia
  • Nazi Germany: Used captured guns, and also converted some to 9×19mm Luger under the designation "MP41r".
  • Poland: It was used by the First Polish Army. After the war, it was made under license as the "7.62 mm pm wz.41" by Łucznik Arms Factory.
  • Romania: Captured and reissued PPSh-41 submachine guns during 1941–1944. Made licensed copies during the 1950s at Cugir Arms Plant under the designation "PM PPȘ Md. 1952".
  • Sierra Leone
  • Somalia
  • North Korea: Supplied by the USSR during the Korean War.
  • South Korea: Captured from North Korean and Chinese during the Korean war.
  • Soviet Union: In service with the Soviet Army in 1942.
  • United States:Captured from North Korean and Chinese during the Korean war.
  • North Vietnam: Viet Minh, Viet Cong and North Vietnamese Army used PPSh-41 variants, including the K-50M license-built copy
  • Yugoslavia: Locally produced a variant known as the M49 Submachine gun.
  • Tanzania
  • Zimbabwe.

Variants:
  • Type 50: A Chinese-made version of the PPSh-41. Unlike its Soviet counterpart, it only accepts column-type box magazines. Although new reports have suggested that due to various drum magazine dimensions used, some can be used while others cannot be used at all.
  • Type 49: A North Korean made version of the PPSh-41. This model only accepts drum-based magazines.
  • K-50M: A Vietnamese-made submachine gun based on the Type 50s supplied by China during the Vietnam War. Produced between 1958 and 1964. The chief difference is that the cooling sleeve of the K-50 was truncated to three inches (76 mm) and a foresight based on that of the French MAT-49 was attached to the front of the barrel. Modifications include the addition of a pistol grip, a steel wire-made stock and the shortened barrel. The changes resulted in a weight of 3.4 kg (7.5 lb), making K-50M lighter than the PPSh-41 by 500 g (1.1 lb). The weapon uses a 35-round stick magazine, but the 71-round drum magazine can be used if the stock is fully extended.
  • MP41(r): A captured PPSh-41 converted to 9×19mm Parabellum caliber for use by German forces.
  • MP717(r): A captured, unconverted PPSh-41 placed in German service and supplied with 7.63×25mm Mauser ammunition
  • M-49: A Yugoslavian produced variant of the PPSh-41 design, though it differs in several important ways.
  • PPS-50: A semi-automatic manufactured by Pietta. A non-restricted firearm in .22LR ammunition. The box magazine holds 30 and the drum magazine holds 50. It is cosmetically similar to the PPSh-41, although the two share no other features.
  • VPO-135: A semi-automatic version of the PPSh-41 from Russia.
  • LTD PPSh-41: A semi-automatic-only clone of the PPSh-41. This variant with its fixed wooden stock is manufactured by Luxembourg Defence Technology for the civilian European sport shooting market.
  • SKL-41: A semi-automatic version of the PPSh-41 which became available on the German market in 2008. This version is converted to fire the 9×19mm Parabellum cartridge. Aside from replicas of its original magazines, it also accepts MP 40 magazines.
  • IO SR-41: A semi-automatic version of the PPSh-41 sold by American company InterOrdnance and manufactured by A. A. Arms. The barrel on this version extends past the shroud and is non-removable. Most were made of surplus PPSh parts, however many enthusiasts criticized the gun for dubious quality.
  • Additional semi-auto versions for the American market made by Wiselite and TNW. They were similar to IO SR-41 but had the shroud extend along with the barrel and were much more well received quality wise.
  • Šokac: A Croatian version of the PPSH-41, produced in the 1990s for use in the Croatian War of Independence. Using a metal folding stock and a square receiver, it doesn't look like a PPSH-41 appearance wise, but mechanically the gun is a copy of the PPSH-41. The Šokac was produced because of the lack of arms the Croatians were facing, and turned to producing simple small arms to fix this issue. 


(Web, Google, Wikipedia, You Tube)
















































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