giovedì 2 aprile 2020

Il Reggiane Re.2000, noto anche, non ufficialmente, come "Falco"


Il Reggiane Re.2000, noto anche, non ufficialmente, come "Falco", era un aereo da caccia monomotore, monoplano ad ala bassa e monoposto, sviluppato dall'azienda aeronautica italiana Officine Meccaniche Reggiane nei tardi anni trenta.
Primo progetto realizzato in proprio dall'azienda emiliana, controllata dalla Caproni SpA, trovò impiego marginale nella Regia Aeronautica nella prima parte della seconda guerra mondiale. Il velivolo ebbe successo commerciale soprattutto all'estero: venduto in Svezia ed Ungheria (in quest'ultimo paese venne anche costruito su licenza), venne utilizzato dalle relative aeronautiche militari che lo denominarono, rispettivamente, J 20 ed Héja.




Storia del progetto

Il progetto del Re.2000 nacque nel 1938 a cura degli ingegneri Roberto Longhi (di ritorno da un biennio di studi compiuto negli Stati Uniti d'America) e Antonio Alessio in risposta alla richiesta per un caccia monoplano avanzata dalla Regia Aeronautica fra il 1935 ed il 1936.
Posteriore agli altri progetti (AUSA AUT 18, Caproni Vizzola F.5, Fiat G.50, Macchi M.C.200 e IMAM Ro.51) presentati a fronte della medesima richiesta, il disegno del Re.2000 si distaccava in modo sostanziale dai suoi concorrenti, incorporando soluzioni tecniche e costruttive d'avanguardia la cui paternità viene attribuita all'esperienza internazionale maturata dall'ingegner Longhi.
Tutte le fonti bibliografiche, tuttavia, evidenziano la notevole somiglianza esteriore tra il Re.2000 e lo statunitense Seversky P-35 (la fusoliera e le ali erano identiche, anche se la cabina di pilotaggio, il carrello d'atterraggio e il radiatore dell'olio vennero ridisegnati.
Fino a tempi recenti non sembrava peraltro provato il nesso oggettivo, lungamente discusso, tra il P-35 e il Reggiane 2000, tanto che a tutt'oggi la famiglia Caproni ufficialmente rifiuta la derivazione del Reggiane dal Seversky, al più ammettendo l'ispirazione dal velivolo americano.
La Reggiane era un'azienda minore nel campo aeronautico italiano, e certo anche il fatto che il progettista dei suoi aerei, Roberto Longhi, non era laureato, non aiutava a capire come mai fosse stata capace di progettare in breve tempo un velivolo più avanzato della concorrenza. Recenti informazioni hanno però cambiato marcatamente il quadro della situazione.
Nata nel 1901, specializzata in costruzioni meccaniche di vario tipo (anche agricole e ferroviarie), la Reggiane-OMI non navigava in buone acque, e a causa della situazione finanziaria: nel 1933 era finita nell'IRI e nel 1935 venne comprata dal gruppo Caproni, che all'epoca aveva circa 40.000 dipendenti ed era uno dei maggiori produttori meccanici italiani.
Grazie anche a consistenti finanziamenti erogati dalle banche, fu possibile aumentare la produzione aeronautica e costruire su licenza numerosi prodotti: i motori A.74 della Fiat, per esempio, arrivarono a 90 al mese nel 1937, mentre venivano anche realizzati i Piaggio P.VII e XI, né mancarono i Savoia S.79, ben 405 dei quali, pari a circa un terzo del totale, realizzati tra il 1938 e il 1943.
Ma per riuscire a sfondare nel mondo aeronautico era necessario fare qualcosa di più delle semplici produzioni su licenza. Tuttavia, la capacità progettuale della Reggiane era all'epoca assai obsoleta, specialmente per le strutture metalliche moderne. La migliore realizzazione nel campo dei caccia, all'epoca, era il Caproni Ca.165, un aereo per molti versi obsoleto. Inoltre i progettisti della Caproni erano all'epoca principalmente gli ing.Verduzio e Pallavicino, rispettivamente a Taliedo e alla C.A.B. L'arrivo di Giovanni Pegna non ebbe in pratica risultati apprezzabili e nel 1937 l'ufficio che gli era stato affidato, l'S.B.G.C. (studi e brevetti del gruppo Caproni) venne sciolto dopo una breve vita in cui si cercò di rivitalizzare il fallito bimotore P.32.
La relazione dell'ing. Alessio (vicedirettore della Reggiane) e Piattelli, stilata dopo il viaggio in America di fine 1937, ipotizzava proprio la produzione su licenza del P-35, tramite una società privata (la American Armament Corporation dei fratelli Miranda), senza passare tramite ambasciata italiana e Dipartimento di Stato. I contatti con la casa madre sarebbero stati fatti da un intermediario definito dalla relazione come la 'nota persona', mai nominata apertamente in questa fase, ma che era Guiscardo (detto Roberto) Longhi. La relazione lodava la velocità del P-35, con cui De Seversky aveva fatto un volo da N.Y.a Cuba a 530 km/h di media, ma riteneva necessario dargli un motore più potente per battere la concorrenza nazionale.
L'ipotesi di accordo era di pagare 325.000 dollari per un esemplare (senza motore) e i disegni costruttivi. All'epoca, però, questo comportava 6,15 milioni di lire. Alessio ipotizzava anche una seconda possibilità: realizzare il P-35 senza licenza ufficiale, utilizzando i disegni già in possesso della 'nota persona'. In cambio questi chiedeva 7.000 dollari, assunzione alla Reggiane a 5.000 lire al mese, e una royalty di almeno 10.000 per ogni aereo costruito. Se questo non fosse accaduto entro gennaio 1938, lui sarebbe stato poi capace di presentare l'offerta alla Piaggio, e se rifiutato, di distruggere quanto in suo possesso per poi fare il rappresentante della Seversky in Europa.
In qualche forma, questa proposta venne evidentemente accettata, tant'è che, nonostante lo stesso Alessio fosse perplesso sui rischi di 'clonazione', si sarebbero potuti risparmiare soldi e soprattutto si sarebbe evitato di ammettere che la Reggiane non fosse capace di progettare da sé un aereo moderno, per giunta producendo un tipo straniero, in un'epoca di autarchia. Probabilmente la soluzione fu intermedia, perché da un lato nessuna licenza venne mai ufficialmente concessa, ma ancora nel dopoguerra il comandante De Prato, collaudatore della Reggiane, parlava, nel suo libro Un pilota contadino, a pag.239, di pagamenti di royalties alla Republic (ex-Seversky).
Sta di fatto che l'aereo definitivo mostrava chiaramente una derivazione da quello americano. Ma non era solo una somiglianza: vennero anche comprati macchinari in America per costruire profilati metallici, mentre Longhi e Caproni in un loro incontro, chiesero direttamente all'ing. Donegani (presidente della Montecatini la cui Lavorazioni Leghe Leggere era il principale fornitore della Regia Aeronautica), di produrre leghe 17ST e 24ST nonché Alclad (in Italia chiamata Chitonal).
Per realizzare in concreto l'aereo, però, bisognava anche riprogettarlo accuratamente. Le dimensioni in misure anglosassoni vennero convertite una per una dall'ing.Pambianchi (già coinvolto in progetti come il Ro.41 e di fatto, capo-progettista della Reggiane per i velivoli Re.2000 e 2001) e rifatti i calcoli strutturali per le prove statiche onde omologare l'aereo in Italia. La conversione, quando si trattava di valori da approssimare, veniva fatta in eccesso per rafforzare la struttura.
Per ottenere un aereo migliore e più prestante, vennero tuttavia anche fatte altre innovazioni: nel P-35, per esempio, c'era un rivestimento molto rozzo, fatto in fogli di lamiera sovrapposti e la chiodatura annegata era solo al 16% del profilo. Con il Reggiane venne adottato un rivestimento a foglio unico e la chiodatura annegata salì al 40% della corda, mentre la cabina venne abbassata.
Il motore americano era debole, e venne sostituito con il P.XI RC.40 da 1.000 cv: aveva una potenza superiore del 18%, pur con un diametro di 11 cm maggiore e un peso di 87 kg superiore. Si dovette anche allungare il muso per ripristinare il centraggio. Nel caso del Reggiane, a differenza di altri caccia italiani ed europei, esso era molto avanzato (al 24,8% a pieno carico). Era molto utile per la maggiore stabilità di volo assicurata, mentre la maneggevolezza e la pronta risposta veniva fatta con superfici di comando più grandi. Le prestazioni migliorarono molto, specie in quota e in salita, ma l'affidabilità del motore era molto discutibile, anche nel modello P.XIbis (dopo il 1940). Il motore di per sé non era altro che una versione migliorata del francese GR 14K, debole soprattutto nelle testate e valvole. Esse vennero riprogettate ma complici anche i lubrificanti autarchici (olio di ricino), la durata e sicurezza non fu mai soddisfacente.
L'installazione del motore riuscì molto bene, aerodinamica ed efficiente, anche se ovviamente dava una visibilità molto inferiore rispetto al tipo originale. L'abitacolo fu a sua volta abbassato per renderlo più aerodinamico, il che si aggiungeva al problema posto dal motore più grande.
Ma forse la cosa più notevole fu il carrello: questo era a semplice retrazione in carenature alari, nel caso del P-35. Però era poco adatto aerodinamicamente ad un caccia ad alte prestazioni e nel 1939 si poteva fare di meglio che quattro anni prima. E così venne adottato un carrello capace di ripiegarsi con movimento a 90° rientrando di piatto nell'ala. Questo però era un brevetto Boeing (usato sul rivale del P-35, il P-36) e così venne aggirato con un altro brevetto, che ritardava la rotazione fino a poco prima del rientro nelle ali, per motivi 'aerodinamici'. Per il resto l'azionamento era a vitone con motore elettrico, come nel P-35. Il vantaggio di questo carrello era di poterlo lasciare all'esterno delle strutture principali dell'ala, per evitare di rompere la continuità del cassone alare stagno.
Il progettista del carrello era l'ing. Vardanega. Quanto a Pambianchi, nel dopoguerra sarà coinvolto nella commercializzazione della Vespa Piaggio.
Tutto il lavoro fu condotto con notevole velocità e determinazione, e alla fine il Reggiane Re.2000 poteva essere considerato 'sufficientemente italiano'. In pratica, dalla documentazione emersa, esso derivava direttamente dal P-35, di cui aveva conservato praticamente intatta (carrello e rivestimento esterno a parte) la velatura, mentre era abbastanza diverso nella fusoliera anteriore (motore); in aggiunta, il motore era di origine francese, mentre il carrello era un'elaborazione modificata di quello usato sul P-36, già avversario del Seversky. L'armamento era italiano anche se di derivazione parzialmente straniera (mitragliatrici Breda-SAFAT). Un autore di aviazione storica italiana, in un suo recente articolo (luglio 2017) ricorda come i dati siano venuti fuori recentemente, ad opera di Michele Bellelli, ricercatore dell'Istoreco di Reggio Emilia (autore di un libro sulle Officine Reggiane) e chiosa infine ricordando come i disegni furono presentati da Pambianchi in scala 1:20 il 2 aprile 1938, confermando sia la derivazione americana, che l'estraneità di Longhi ed Alessio alla fase progettuale vera e propria: ci sono voluti poco meno di 80 anni per arrivare a chiarire questa vicenda, a conferma del fatto che la Storia dev'essere continuamente riscritta.
Dopo esperimenti nella galleria del vento del campo di aviazione di Taliedo, ai comandi di Mario de Bernardi, già collaudatore della Caproni, il Re.2000 venne portato in volo per la prima volta a Reggio Emilia, sulla pista di prova dell'azienda, il 24 maggio 1939. La macchina diede riscontri positivi e furono necessarie solo modifiche minori agli scarichi del motore e alla presa d'aria del carburatore (allungata), oltre all'aggiunta di un'ogiva all'elica prima di inviare il prototipo MM.408 a Guidonia per successivi test, dove tornarono di nuovo in luce le buone caratteristiche complessive. In particolare, a differenza degli altri due caccia italiani all'epoca già in fase di consegna ai reparti (il Macchi M.C.200 ed il Fiat G.50), il Re.2000 non tendeva ad entrare in autorotazione. Un altro fattore di vantaggio del Re.2000 era determinato dall'utilizzo di tecniche costruttive altamente industrializzate, impiegate al fine di consentirne una più agevole produzione in grande serie.
Di contro, tra i difetti della macchina vennero evidenziati la presenza, fatto unico nel panorama nazionale dell'epoca, di serbatoi integrali disposti nelle ali (soluzione che generò preoccupazioni nelle autorità preposte alla valutazione del velivolo in considerazione anche del fatto che la perdita di alcuni rivetti aveva provocato fuoriuscite di carburante) e l'insoddisfacente affidabilità del motore radiale Piaggio P.XI RC.40, un 14 cilindri a doppia stella, derivato dal francese Gnome-Rhône 14K Mistral Major.
L'esito finale delle prove valutative fu quindi avverso al caccia Reggiane, che venne impiegato solo marginalmente dalle forze armate del proprio paese d'origine. Al contrario la macchina suscitò interesse al di fuori dei confini nazionali: il primo paese straniero a siglare un contratto d'acquisto fu l'Ungheria che, nel dicembre del 1939, ordinò un lotto di 70 velivoli ed acquisì la licenza per altri 200 esemplari. In seguito, nel novembre del 1940, anche la Svezia (colpita dall'embargo statunitense che, consentendo vendite di armamenti al solo Regno Unito, impedì la consegna di 60 Seversky P-35) stipulò un contratto per 60 Re.2000.
A tal proposito, risultano contraddittorie le notizie relative all'interessamento di altri paesi nei confronti del caccia della Reggiane: non vi sarebbe infatti alcun riscontro circa 300 (oppure 1 000) esemplari, la cui richiesta da parte del Regno Unito sarebbe stata oggetto di trattative protrattesi fino ai primi mesi del 1940. Un'altra fonte tuttavia scende più in profondità nei dettagli e attribuisce al Regno Unito un ordine di 300 Re.2000 firmato nel 1940 e nato dall'interruzione dei contatti con gli statunitensi per l'acquisto del P-35 in seguito alla riorganizzazione della Seversky nella Republic Aviation Company; l'idea della Royal Air Force era di inviare i Re.2000 nel Medio Oriente, ma l'ingresso dell'Italia in guerra al fianco della Germania nazista interruppe ogni dialogo con la fabbrica italiana. Analogamente vengono citate richieste da parte delle autorità di Svizzera, Spagna, Regno di Jugoslavia (per 50 esemplari ciascuno) Finlandia (100 velivoli), Portogallo (produzione su licenza di 50 macchine) e Francia (generici "contatti"), ma sempre con l'uso del condizionale.
Se dal punto di vista tecnico non vengono riportate differenze sostanziali rispetto al prototipo ed ai pochi esemplari realizzati per la Regia Aeronautica, alcune modifiche vennero apportate agli esemplari ungheresi una volta giunti a destinazione: in particolare fu inserita una protezione corazzata alle spalle del pilota; questa modifica (non concordata con il costruttore), incidendo sul baricentro del velivolo, provocò cedimenti strutturali nella zona del ruotino d'appoggio posteriore e diede origine a fenomeni di autorotazione assenti all’origine.
Il Re.2000 fu oggetto di ulteriori sviluppi in seguito alle sollecitazioni provenienti da alcuni comandanti dei reparti di volo italiani, al fine di sfruttare l'autonomia di cui era dotato (superiore a quella di tutti i velivoli di pari ruolo in servizio). Tre o quattro esemplari di una delle commesse estere furono modificati con l'adozione di serbatoi di carburante aggiuntivi in fusoliera e, sulla base di questa modifica, altri undici o dodici esemplari furono realizzati ex-novo, dando così origine alla Serie II (nota anche come GA, "Grande Autonomia").
Della stessa caratteristica venne fatto tesoro per realizzare una versione "navalizzata" del Re.2000: definita Serie III, o "Catapultabile", essa fu studiata per l'impiego sulle principali unità della flotta. Destinata a decollare mediante l'uso di catapulta (da cui la denominazione corrente), integrava irrobustimenti strutturali necessari a sopportare le sollecitazioni al momento del lancio ed era dotata degli opportuni ganci d'attacco alla catapulta. Non erano necessarie strutture aggiuntive per l'atterraggio, che avveniva, in ogni caso, presso basi sulla terraferma.
Il Re.2000, infine, costituì la base per lo sviluppo delle successive realizzazioni delle Reggiane: Longhi e Alessio nei mesi successivi realizzarono il Re.2001, il Re.2002 ed il Re.2003, facendo ampio ricorso alle esperienze maturate col "Falco"; i primi esemplari di tali modelli furono realizzati mediante la modifica di cellule di Re.2000.




Tecnica

Struttura

Monoplano, ad ala bassa, il Re.2000 era un velivolo dalla struttura interamente metallica, realizzata in lega di alluminio (della tipologia denominata "superchitonal") e rivestimento lavorante.
La fusoliera, rivettata, era di sezione circolare, caratterizzata dalla voluminosa cappottatura del motore al termine della quale iniziava il bordo d'entrata dell'ala. Nella parte superiore la cabina di pilotaggio era dotata di cupolino, con apertura a scorrimento, che nei primi esemplari era interamente vetrato mentre successivamente divenne metallico nella zona alle spalle del pilota. In ogni caso, la visibilità del pilota a 360° era buona, limitata solo frontalmente dalle grandi dimensioni del motore. Nei velivoli delle Serie II e III, all'interno della fusoliera, alle spalle del pilota era sistemato un serbatoio di carburante.
L'ala aveva pianta ellittica e struttura a cassone, realizzata con l'impiego di cinque longheroni, anch'essa in superchitonal e rivestimento lavorante; l'interno dello spessore alare, reso stagno mediante l'applicazione di gomma sigillante tramite un processo definito "semapizzazione", fungeva da serbatoio in grado di imbarcare 454,6 L di carburante nella parte centrale e 240,9 L nelle estremità. Gli impennaggi erano di tipo classico, con gli stabilizzatori disposti alla base della deriva; anch'essi realizzati con la stessa struttura metallica delle altre parti del velivolo, avevano le parti mobili rivestite in tela.
Il carrello d'atterraggio era di tipo triciclo posteriore; gli elementi principali monoruota si ritraevano all'indietro in un'apposita carenatura, con la ruota che (con una rotazione di 90°) alloggiava di piatto nello spessore dell'ala (secondo lo schema definito "Curtiss", dal nome del costruttore che per primo lo aveva utilizzato). In coda il ruotino, orientabile, era retrattile.
L'aereo era fornito di una radio Allocchio-Bacchini B.30 e di un impianto dell'ossigeno.




Motore

L'unità motrice prescelta per la motorizzazione del Re.2000 era il Piaggio P.XI, nella versione RC.40 dotata di riduttore.
Motore radiale a 14 cilindri, raffreddato ad aria e capace di erogare la potenza di 1 000 CV, esso era più potente del Fiat A.74 che equipaggiava il Fiat G.50 ed il Macchi M.C.200; esso rappresentò, malgrado le aspettative, uno dei punti deboli del caccia della Reggiane in quanto scarsamente affidabile. La presa d'aria del carburatore venne posizionata nella parte superiore della cappottatura NACA: tale espediente e diversi affinamenti aerodinamici garantirono al Re.2000, benché fornito di un motore meno potente, una velocità di 40 km/h superiore a quella del P-35.
L'elica era anch'essa di costruzione Piaggio: tripala metallica, aveva passo variabile e diametro di 3,10 m.




Armamento

Il Re.2000 era armato con due mitragliatrici Breda-SAFAT calibro 12,7 mm, spesso soggette ad incepparsi, sistemate sopra il motore e sparanti attraverso il disco dell'elica mediante sistema di sincronizzazione. Le mitragliatrici erano azionabili anche singolarmente, e avevano ciascuna 300 colpi a disposizione. La Reggiane pensò anche ad un ipotetico inserimento di una mitragliatrice per ala, ma l'idea venne presto abbandonata.
Sotto le ali erano predisposti attacchi per il trasporto di bombe (fino a 200 kg) o quattro spezzoniere Nardi (due per ala), per missioni di attacco al suolo, ciascuna composta da ventidue ordigni da 2 kg l’uno.




Impiego operativo

Regno d'Ungheria

A metà del 1939 i vertici dell'aeronautica militare ungherese decisero di avviare una modernizzazione della loro forza aerea. Qualche giorno dopo un rapporto giunto dall'incaricato militare ungherese all'ambasciata di Roma consigliò la visita in Italia di una commissione per valutare il Caproni Ca.135bis, il Savoia-Marchetti S.M.79 e il Reggiane Re.2000, con quest'ultimo che, a parere del diplomatico, rispettava tutti i requisiti imposti dall'aeronautica del suo paese. Il 27 dicembre di quell'anno venne siglato con la Reggiane un contratto per la fornitura di settanta Re.2000 armati e forniti della strumentazione di bordo, mentre le radio R-13 di produzione locale sarebbero state installate in Ungheria; il contratto prevedeva anche la costruzione su licenza in Ungheria dell'aereo propulso da un motore, anch'esso ungherese, Weiss Manfréd WMK-14, azionante un'elica Fiat-Hamilton. Questa versione del caccia Reggiane prodotto localmente in circa 200 esemplari venne identificata come MÁVAG Héja II, mentre gli aerei inviati dalla fabbrica italiana presero la semplice denominazione di "Héja" ("astore" in ungherese, traduzione indiretta del "falco" italiano). Le prime consegne erano previste per il 15 gennaio 1940, ma i continui ritardi obbligarono il ministero della difesa ad inviare un proprio incaricato in Italia per verificare la situazione. Giunto a Reggio Emilia verso la metà di aprile, l'ungherese scoprì che era stato completato, a causa della carenza di materiali, un solo aereo. Il primo Re.2000 decollò infatti per l'Ungheria solamente il 21 maggio 1940, seguito per la fine dell'anno solo da altri sei aerei. La Reggiane infatti aveva dirottato nove Re.2000 destinati al paese dell'Europa centro-orientale verso la Regia Marina.
Subito iniziarono i test di volo e l'addestramento dei piloti. Al 21 giugno 1941 erano arrivati in Ungheria quarantotto Héja, assemblati da meccanici ungheresi assistiti da colleghi italiani, così come era italiano il pilota inviato dalla Reggiane a supporto dei test di volo. Quasi tutti questi aerei soffrirono di problemi di aspirazione del motore che sfociarono in due atterraggi forzati e in un aereo coinvolto in un incendio. Tali difetti non vennero corretti prima della fine del 1941. Un altro difetto presente negli Héja erano le mitragliatrici calibrate male e soggette ad incepparsi; il parabrezza di un aereo si staccò durante una manovra acrobatica e quelli di altri tre aerei vennero danneggiati seriamente dal vento. Nonostante tutto l'aeronautica ungherese corresse questi difetti e riuscì a rendere operativi gli Héja. Nel maggio 1942 inoltre fu pronto il primo Héja con armatura posteriore per la difesa del pilota spessa 8 mm.
I rimanenti ventidue Re.2000 arrivarono in Ungheria con estrema lentezza: l'ultimo giunse a Budaörs solamente nel maggio 1943.
I primi aerei giunti dall'Italia vennero inviati, nell'agosto 1940, a Debrecen, per rafforzare la componente da caccia dell'aeronautica ungherese in seguito alla cosiddetta "crisi della Transilvania" con la Romania, che sembrava dovesse sfociare, da un momento all'altro, in una vera e propria guerra. L'Héja trovò comunque un impiego effettivo al fronte orientale della seconda guerra mondiale contro l'Unione Sovietica: il 7 agosto 1941 sette di questi aerei, pilotati da uomini della 2ª squadriglia del 1º stormo caccia guidati dal Százados (capitano) László Gyenes, toccarono terra all'aeroporto di Sutyska, 20 km a sud di Vinnycja, in Ucraina. Tre giorni dopo la squadriglia si spostò a Pervomajs'kyj dove l'11 agosto iniziò la prima missione di guerra degli Héja: cinque di essi scortarono alcuni Caproni Ca.135 ungheresi durante un raid sopra Mykolaïv. Questo genere di missioni fu la principale attività degli Héja fino al 21 ottobre 1941, data in cui vennero richiamati in patria. Durante la permanenza al fronte vennero persi tre Héja più un altro danneggiato a fronte di tre Polikarpov I-16 abbattuti il 27 agosto sopra Dnipropetrovs'k da tre distinti piloti ungheresi.
Dopo una riorganizzazione delle sue forze l'aeronautica ungherese rimandò al fronte dodici Héja facenti parte della 1ª squadriglia del 1º stormo caccia guidato dall'Örnagy (maggiore) Kálmán Csukás. Partito il 1º luglio 1942 ed arrivata al fronte tre giorni dopo, la squadriglia venne inquadrata nell'VIII. Fliegerkorps (VIII corpo aereo) della Luftwaffe, l'aeronautica militare tedesca, con cui vennero anche presi contatti per migliorare il riconoscimento da parte del personale di terra tedesco degli Héja e dei Fiat C.R.42 (vi furono infatti episodi di fuoco amico per via della somiglianza dell'Héja con il Polikarpov I-16). La 1ª squadriglia venne dichiarata pronta al combattimento il 5 luglio e i tedeschi le assegnarono missioni di pattugliamento aereo e di scorta a ricognitori e bombardieri. Il 13 luglio l'unità ungherese cominciò a riposizionarsi all'aeroporto di Staryj Oskol con l'attività che riprese quattro giorni dopo con la copertura aerea di un reggimento corazzato in marcia a terra. Nei giorni seguenti gli Héja funsero invece da scorta agli aerei da ricognizione.
Il 30 luglio arrivarono al fronte altri undici Héja facenti parte della 1ª squadriglia del 2º stormo caccia comandata dal capitano Béla Keresztes che, assieme alla squadriglia di Csukás, si spostò a Ilovskoye nei primissimi giorni di agosto. La squadriglia del 1º stormo, quella di Csukás, venne quindi assegnata alla scorta dei bombardieri, mentre quella del 2º stormo, di Keresztes, si occupò della protezione dei ricognitori. In ogni caso, l'attività venne pesantemente ostacolata dalla necessità di manutenzione continua dei mezzi, afflitti inoltre da svariati problemi tecnici che, all'8 agosto, avevano ridotto il numero complessivo di Héja in grado di volare a quattro. Nello stesso mese poi quattro Héja andarono distrutti per mano della caccia nemica o in seguito ad incidenti mentre altri sei risultarono danneggiati, seppur in maniera non grave. Di converso, i piloti ungheresi abbatterono nello stesso periodo cinque aerei sovietici segnando altre due vittorie certe più un'altra probabile in settembre. Il mese seguente la squadriglia di Csukás iniziò la conversione ai Messerschmitt Bf 109 tedeschi, seguita a novembre da quella di Keresztes. Gli Héja andarono quindi ad equipaggiare la 2ª squadriglia del 5º stormo caccia, che il 25 dicembre ne aveva in carico tredici, di cui però solo sei o sette operativi. Il 12 gennaio 1943 l'Armata Rossa sferrò un'offensiva contro le truppe ungheresi appostate a nord-ovest di Stalingrado. Nel vano tentativo di contrastare l'offensiva due Héja decollarono per scortare una formazione di bombardieri tedeschi che, tuttavia, li scambiarono per caccia sovietici intraprendendo quindi misure di fuga che li allontanarono dagli ungheresi, avvistati invece dai caccia sovietici ma comunque in grado di ritirarsi alla base senza danni. L'ultima missione degli Héja al fronte orientale, una ricognizione, si verificò il 15 gennaio. A partire da questa data tutti gli aerei furono immobilizzati dal gelo a Ilovskoye e, tra il 16 e il 19 gennaio, il personale di terra distrusse gli Héja rimasti per evitarne la cattura da parte delle truppe sovietiche in avanzata.

Svezia

Nel 1939 l'aeronautica militare svedese (Svenska Flygvapnet) ordinò il Seversky EP-106 dagli Stati Uniti, ma l'ordine, assieme a quello del Vultee P-66 Vanguard, venne cancellato dall'embargo adottato dagli USA verso la Svezia. Il governo svedese si interessò quindi al Reggiane Re.2000, ordinato in sessanta esemplari il 28 novembre 1940. La commessa venne pagata parte in denaro e parte in nichel e cromo.
I primi Re.2000 (MM.2303 e 2304) arrivarono smontati in Svezia nel 1941 e, dopo essere stati assemblati, vennero testati in volo il 18 settembre. Tutti i sessanta Re.2000 importati dalla Svezia, denominati J 20 (da Jaktplan, "aereo da caccia" in svedese), vennero assegnati al 10º stormo caccia (abbreviato nella forma svedese in "F 10") diviso tra gli aeroporti di Bulltofta, vicino Malmö, e Rinkaby. Se i piloti accolsero favorevolmente il velivolo per la sua velocità, il rateo di salita e la manovrabilità, il personale di terra ebbe invece svariati problemi con le mitragliatrici, difficili da sincronizzare, e i motori, poiché in Italia non si era pensato a nessun accorgimento per adattarli al rigido clima scandinavo.
I J 20 vennero utilizzati per intercettare e scortare a terra gli aerei alleati e dell'Asse che sconfinavano nei cieli svedesi, territorio neutrale. L'unica perdita patita dall'aeronautica svedese in combattimento fu il J 20 che il 3 aprile 1945, durante un volo di pattuglia, intercettò un Dornier Do 24 tedesco sopra Hanöbukten. L'aereo della Luftwaffe aprì il fuoco e danneggiò con il suo cannone da 20 mm il motore del caccia svedese, che esplose poco dopo causando la morte del pilota Erik Nordlund.
Durante la guerra l'aeronautica svedese perse sedici J 20 a causa di errori dei piloti o di problemi meccanici, mentre altri diciotto vennero danneggiati. I J 20 rimasero in servizio fino al 1945 o 1946.

Regno d'Italia

Benché fosse stato escluso dal concorso, la Regia Aeronautica italiana mostrò ugualmente interesse per il caccia Reggiane per un suo possibile uso come aereo imbarcato e pattugliatore marittimo per via della sua autonomia, più ampia rispetto a quella di tutti gli altri caccia monoposto italiani. Tra la fine del 1941 e l'inizio del 1942 venne quindi sperimentata a Guidonia e a Reggio Emilia una versione catapultabile del Re.2000. I due prototipi costruiti (MM.471 e MM.485) andarono distrutti l'uno durante un rientro a Taranto, l'altro durante le procedure di imbarco nella nave; si scelse quindi di prelevare un esemplare (MM.8281) destinato alla Svezia con cui proseguire le prove. I problemi al sistema di lancio ritardarono la realizzazione del progetto, ostacolato anche dal fatto che la Regia Marina, per ragioni di sicurezza, era poco incline a far uscire dai porti le proprie navi per condurre dei test, tanto che dal maggio 1942 le prove continuarono a bordo della nave appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia, soluzione economicamente più vantaggiosa di un'eventuale conversione a scopo sperimentale di una nave da guerra. Il pilota collaudatore era l'asso tenente Giulio Reiner che, dopo prove di lancio con un cassone al posto dell'aereo per tarare la pressione della catapulta, decollò per la prima volta dal Giuseppe Miraglia il 9 maggio 1942.
Alla fine si decise di assegnare questi Re.2000 parte alle navi da battaglia Vittorio Veneto, Littorio e Roma e parte alla neocostituita Squadriglia di Riserva Aerea delle FF.NN.BB. (Forze Navali da Battaglia), che tuttavia non ebbe mai occasione di utilizzare il velivolo in combattimento ma solo in semplici ricognizioni. Nell'aprile 1943 la squadriglia confluì nel Gruppo di Riserva Aerea delle FF.NN.BB. All'8 settembre, giorno in cui venne annunciato l'armistizio di Cassibile firmato cinque giorni prima, i Re.2000 del gruppo rimasti a terra erano solamente due, entrambi inservibili. Al 1º gennaio 1943 il Vittorio Veneto e il Littorio imbarcavano ciascuno un Re.2000. In seguito un altro esemplare andò al Vittorio Veneto e due al Roma, ma il 9 settembre, quando le tre navi salparono per la Sardegna, solo il Vittorio Veneto ospitava due Re.2000, mentre le altre due navi ne avevano uno solo, assieme a due IMAM Ro.43: l'aereo del Roma venne distrutto insieme alla nave, quello dell'Italia (ex Littorio) venne gettato in mare dall'equipaggio a causa del danneggiamento dell'aereo stesso e della catapulta quando la corazzata venne colpita, mentre dei due Reggiane rimasti sul Vittorio Veneto solo uno si alzò in volo per contrastare i velivoli tedeschi ma, essendo al limite dell'autonomia, ricevette l'ordine di raggiungere Ajaccio, in Corsica; nell'atterare il velivolo si sfasciò contro un cannone antiaereo causando il ferimento del pilota, tenente Carlo Parrozani. Conseguentemente soltanto un Re.2000 (MM.8287) rimase disponibile sul Vittorio Veneto, e con esso arrivò a Malta. Questo velivolo venne rimandato in Italia via mare e sbarcato nel porto di Augusta in data sconosciuta, venendo poi recuperato da Reiner agli inizi del 1944 e fatto trasformare in un biposto da collegamento. Nel complesso pare vi sia stata un'unica sortita operativa, una ricognizione armata, il 23 agosto 1943 dal Vittorio Veneto; al termine della missione l'aereo atterrò indenne a Sarzana.
Il caccia Reggiane venne in ogni caso inviato nella primavera 1941 anche al 23º Gruppo (il quale sarebbe divenuto in seguito un gruppo autonomo) di stanza a Catania, che lo inquadrò nella propria 74ª Squadriglia. Poco dopo alcuni piloti del 23º Gruppo formarono una nuova "Sezione Sperimentale" in cui confluirono tutti i sei Re.2000 Serie I della 74ª Squadriglia che, operando dagli aeroporti di Trapani-Milo e Comiso, eseguirono missioni, anche notturne nonostante la completa mancanza di adeguati ausili alla navigazione, di scorta ai convogli navali e attacchi agli aeroporti maltesi. I piloti della sezione si lamentarono dei problemi che affliggevano il sistema di raffreddamento del motore Piaggio che ridussero notevolmente l'attività di volo e, abituati a volare sui Fiat C.R.42, non furono entusiasti neanche della manovrabilità del Re.2000. Dopo la perdita di alcuni aerei per problemi tecnici, i Re.2000 rimasti vennero rimandati alle officine della Reggiane per la conversione alla versione "Bis" (transitoria) e quindi alla definitiva versione "Grande Autonomia”.
La grande autonomia di cui godeva il caccia della Reggiane fece ipotizzare alla Regia Aeronautica un suo invio in Africa orientale, dove le forze italiane erano in difficoltà contro i soldati britannici. A questo scopo vennero dirottati dalle forniture per Svezia e Ungheria alcuni esemplari, completati però troppo tardi e quindi assegnati alla 377ª Squadriglia Caccia Terrestre (nuovo nome della vecchia Sezione Sperimentale) che nell'agosto 1941 era all'aeroporto di Palermo-Boccadifalco con un totale di dodici Re.2000 nella versione "Grande Autonomia", forniti di radio e con capacità di portare delle bombe. A settembre l'unità operò contro il naviglio avversario dalla Sardegna, mentre il mese successivo condusse degli attacchi su Malta decollando dall'aeroporto di Comiso, senza però ingaggiare nessun caccia alleato. Divenuta autonoma a dicembre, nel marzo 1942 la squadriglia ricevette dieci Re.2000 appena riparati per rimpiazzare le perdite e ritornò all'aeroporto di Palermo-Boccadifalco. Da qui l'unità entrò in azione per contrastare l'operazione Harpoon britannica che intendeva rifornire l'isola di Malta, ma non provocò nessun danno al nemico e non perse nessun aereo. Il 24 giugno il Re.2000 ottenne la sua unica vittoria con le insegne della Regia Aeronautica abbattendo un Bristol Blenheim della RAF decollato per colpire Pantelleria. Giudicati dai piloti più faticosi da pilotare rispetto ai C.R.42, e con pochi pezzi di ricambio a disposizione, nel settembre 1942 i Re.2000 rimasti in dotazione alla 377ª Squadriglia fecero ritorno alle fabbriche Reggiane di Reggio Emilia e vennero rimpiazzati dai Macchi M.C.200. Secondo un'altra fonte invece i velivoli vennero passati al 1º Nucleo Addestramento Intercettori di Treviso, ove svolsero un'attività di volo praticamente nulla. Colti dall'armistizio, gli aerei vennero requisiti dalla Luftwaffe che probabilmente ne fece dei rottami sparsi per gli aeroporti dell'Italia settentrionale.
Dopo l'armistizio rimasero solo due o tre Re.2000 ancora in grado di volare. Nel primo caso viene indicato che entrambi gli esemplari fossero in possesso dell'Aeronautica Cobelligerante Italiana (di cui uno radiato l'8 maggio del 1945 e l'altro trasformato come scritto sopra in biposto e utilizzato ancora per qualche tempo); nel secondo caso due esemplari vengono attribuiti in carico alla 1ª Squadriglia Forze Navali, a Sarzana, ed uno (più genericamente) presso il Regno del Sud. In nessun caso vengono segnalate sortite operative.
La Reggiane costruì per la Regia Aeronautica un totale di ventotto Re.2000.

Versioni

Le informazioni sulle versioni, dove non indicato diversamente, sono tratte da Reggiane 2000 Falco I:
  • Prototipi: un prototipo costruito e collaudato (MM.408, poi impiegato dal 23º Gruppo con MM.5074) e uno non completato (MM.409), riutilizzato quale prototipo del Re.2002.
  • Re.2000 Serie I: nota anche come "Intercettore", standard produttivo dei primi esemplari realizzati per la Regia Aeronautica e per le macchine esportate in Ungheria e Svezia. Cinque esemplari costruiti per la Regia Aeronautica (da MM.5068 a MM.5072), settanta per la Magyar Királyi Honvéd Légierő (da V-401 a V-470) e sessanta per la Svenska Flygvapnet (da MM.2301 a MM.2360).
  • Re.2000 Serie II: nota anche come "Grande Autonomia" (o con l'acronimo GA). Si caratterizzava per due serbatoi supplementari da 170 L aggiunti dietro il posto di pilotaggio (i cui bocchettoni avevano sostituito i vetri della parte posteriore del tettuccio), l'installazione del motore Piaggio P.XI bis RC.40 e altre lievi modifiche come l'irrobustimento del ruotino di coda. Una delle fonti reperite indica che con i serbatoi aggiuntivi integrati nelle ali, che consentivano di trasportare complessivamente 1 490 L, l'aereo aveva un'autonomia di 3 000 km alla velocità di crociera di 460 km/h a 5 000 m. Altri indicano che la proposta di ampliare i serbatoi nelle ali non venne accettata e che l'incremento di autonomia fu ottenuto grazie alla presenza dei due serbatoi aggiuntivi, sistemati dietro al posto di pilotaggio, che garantivano al Re.2000 la possibilità di volare per 1 860 km alla velocità di crociera di 430 km/h. In totale ne furono costruiti 12 esemplari, per la Regia Aeronautica (da MM.8059 a MM.8070).
  • Re.2000 Serie III: variante, identificata comunemente come "Catapultabile", destinata all'impiego sulle principali unità della Regia Marina, con decollo mediante catapulta. In genere sulle grandi navi da battaglia venivano impiegati idrovolanti, per poi permetterne il recupero. La Regia Marina, vista comunque la disponibilità di basi nel Mediterraneo, giudicava più economico far atterrare gli idrovolanti lanciati nelle basi costiere, da dove sarebbero stati "riconsegnati" durante le operazioni di rifornimento, piuttosto che effettuare la lunga operazione di ammaraggio e recupero con gru. L'impiego di velivoli dotati di carrello d'atterraggio, per quanto inusuale per il tipo d'impiego previsto, garantiva però l'impiego di velivoli con prestazioni superiori a quelle degli idrovolanti. Otto esemplari costruiti per la Regia Aeronautica (ma impiegati dalla Regia Marina; da MM.8281 a MM.8288). Sebbene vi siano foto che ritraggano l'esemplare MM.8281 con il tettuccio posteriore trasparente (tipico delle versioni iniziali destinate all'esportazione), il ritrovamento di questo aereo al largo di Porto Venere nel 2012 mostra che in realtà il tettuccio posteriore è coperto, per cui, forse, gli otto apparecchi di questa serie furono uniformati tutti a questo standard. È inoltre molto probabile che l'originale colorazione grigio azzurro scuro (nella versione utilizzata dalla Reggiane in realtà molto chiara tanto da essere assimilata ad un celeste) sia stata sostituita col tempo dal verde oliva scuro.
Anche sulla classificazione delle serie produttive esistono difformità tra le varie fonti: alcune confermano le denominazioni poco sopra indicate, mentre altre riportano, al contrario, la denominazione di "Grande Autonomia" per la Serie III; ulteriore elemento di incertezza è determinato dalle indicazioni tra loro diametralmente opposte contenute in pagine diverse della medesima pubblicazione.

Utilizzatori
  • Italia - Regia Aeronautica - Aeronautica Cobelligerante Italiana
  • Svezia - Svenska Flygvapnet
  • Ungheria - Magyar Királyi Honvéd Légierő.

Esemplari attualmente esistenti:

  • Svezia: Un J 20 svedese (MM.2340) è attualmente esposto al Flygvapenmuseum di Linköping.
  • Italia: Negli anni settanta uno dei Re.2000 della versione "Catapultabile", precisamente il citato MM.8287 già trasformato in biposto, era in attesa di restauro presso il Museo Caproni di Trento. Questo velivolo era stato utilizzato fino al 1947 sull'aeroporto di Palermo-Boccadifalco dal capitano Giulio Reiner. La colorazione originale in verde oliva scuro era stata sostituita nel dopoguerra dal color alluminio. Gli stabilizzatori su questo Re.2000 appartenevano ad un Re.2003, mentre i due piani fissi provenivano da un Re.2001.
  • Inoltre il relitto di un Re.2000 è stato individuato nell'aprile del 2012 da un dragamine della Marina Militare al largo di Porto Venere in condizioni, considerando la posizione e gli anni in immersione in un ambiente salino, tutto sommato buone, sebbene sia stato "saccheggiato" da alcuni cacciatori di "souvenir". Secondo il ricercatore Gianpiero Vaccaro, e come è stato poi confermato, si tratterebbe dell'esemplare MM.8281 in organico alla 1ª Squadriglia Forze Navali, prototipo della versione "Catapultabile" ed imbarcato sul Giuseppe Miraglia prima e sulla R.N. Vittorio Veneto poi, uscito di fabbrica nell'aprile 1942 e perduto per incidente il 16 aprile 1943. Il relitto è stato infine recuperato nel dicembre 2013, in vista di un futuro restauro per l'esposizione nel Museo storico dell'Aeronautica Militare.

Reggiane Re.2000 "Falco" Recuperato dalle acque italiane, il 5 dicembre 2013

Un "Falco" è venuto alla luce: il 5.12.2013 si è conclusa con successo la missione di recupero del caccia Re.2000. Il caccia della Reggiane era affondato nelle acque di Portovenere (La Spezia) nel 1943.
L'operazione è stata effettuata gratuitamente dalla compagnia Micoperi: il Falco, originariamente scoperto nell'aprile 2012, era ad una profondità di una ventina di metri e si inabissò al largo delle coste liguri durante una missione di addestramento.
Curiosità nella curiosità, le potenti gru Micoperi sono state prodotte dalle Officine Reggiane.
Le Officine Meccaniche Reggiane SpA era un costruttore italiano di velivoli, di proprietà della Caproni (Conte Giovanni Battista Caproni) e situato a Reggio Emilia, Emilia-Romagna. Il primo aereo prodotto fu il bombardiere medio Piaggio P.32bis, sviluppato dalla Caproni Ca.405C Procellaria. La Reggiane sarebbe poi diventata famosa per i suoi agili caccia monoposto. Quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, i caccia di Reggiane furono acquistati dalla Regia Aeronautica. Altri caccia trovarono la strada per la Luftwaffe tedesca e per le Forze Aeree ungherese e svedese.
Un monoplano ad ala bassa con carrello di atterraggio retrattile, il prototipo Reggiane Re.2000 Falco I, era alimentato da un motore radiale Piaggio P.XI RC.40 da 870 CV (649 kw); fu pilotato per la prima volta nel 1938. La valutazione competitiva con l'MC.200 portò all'ordinazione di quest'ultimo velivolo per la produzione della Regia Aeronautica, anche se il Re.2000 si era dimostrato superiore in manovrabilità, anche quando volava contro il Messerschmitt Bf109E.
Tuttavia, le carenze strutturali del Re.2000 non hanno scoraggiato i clienti dell'esportazione e il modello fu costruito per il governo ungherese, che ottenne anche una licenza di produzione. Il Re2000 fu utilizzato dall'aviazione militare ungherese come Hejja (falco). Il Re.2000 fu fornito anche alla Svezia che lo utilizzò fino al 1945 con la Flygvapen con la denominazione J20. Sebbene il caccia fosse stato rifiutato dalla Regia Aeronautica, la Marina italiana acquistò 12 caccia Re.2000 Serie II appositamente rinforzati per il lancio delle catapulte, seguiti da 24 Re.2000 Serie III con una maggiore capacità di carburante per lo schieramento come caccia a lungo raggio. Il velivolo era una versione Re.2000 Cat (configurazione catapulta) con base a Luni-Sarzana (La Spezia) destinata all'imbarco sulla corazzata Vittorio Veneto. Il 16 aprile 1943 un Re2000 stava effettuando un volo di ricognizione sul golfo ligure, con il maresciallo Luigi Guerrieri ai comandi quando, a causa di un anomalo consumo di carburante, il pilota decise di effettuare un atterraggio di emergenza e ne uscì indenne.
Il recupero è stato commissionato dall'Aeronautica Militare Italiana e autorizzato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici e dalla Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici della Liguria; il velivolo, dopo l'immediato processo di desalinizzazione, è stato trasportato al Museo dell'Aeronautica Militare Italiana a Vigna Di Valle (RM).

ENGLISH

The Reggiane Re 2000 Falco I was an Italian all metal, low-wing monoplane developed and manufactured by aircraft company Reggiane. The type was used extensively by the Regia Aeronautica (Italian Air Force) and the Swedish Air Force during the first part of the Second World War.
The Re 2000 was developed by a team headed by aircraft designers Roberto Longhi and Antonio Alessio to be a lightly-built and highly maneuverable interceptor/fighter aircraft. The emergent design, which had been designated as the Re 2000 Falco I, was equipped with a Curtiss-Wright-style retractable undercarriage, bore substantial similarities to the American-built Seversky P-35. On 24 May 1939, the prototype performed its maiden flight. Flight testing of the prototype revealed it to be able to outfight several significant combat aircraft of the time, including even the more modern Macchi C 200 and the German Messerschmitt Bf 109E fighters. During the run up to and following the outbreak of the Second World War, the aircraft was ordered by several nations, including the Hungarian, Swedish, British and Italian governments.
Upon entering squadron service, the Re 2000 soon proved to be a technically advanced aircraft, being well balanced and extremely aerodynamic during flight, but was not without its faults. Although the aircraft was potentially superior to Italian contemporary fighters (Fiat G 50 and Macchi C 200), the Re 2000 was not considered to be satisfactory by Italian military authorities. Consequently, the manufacturer built the type for export and almost all of the first production served with the Swedish Air Force and Hungarian Air Force, rather than in the Regia Aeronautica. The Re.2000 served as the starting point for several derivatives, including the MÁVAG Héja, Reggiane Re.2001, Re.2002, Re.2003, Re.2004, Re.2005, Re.2006 and Re.2007 combat aircraft.

Development

Background

During 1938, the Italian Air Ministry launched Programme R, a comprehensive effort targeted towards the enactment of several improvements, both qualitative and qualitative, throughout the Regia Aeronautica (Italian Air Force). At the time, those fighter aircraft under consideration for their potential adoption had either already reached the prototype phase of development (such as the Fiat G.50 and the Macchi C.200) or were within advanced stages of development (like the Aeronautica Umbra Trojani AUT.18 and the Caproni Vizzola F.5). However, only one aircraft, designated as the Re 2000 by Italian aircraft manufacturer Reggiane, was intentionally designed with the intention of competing for orders under Programme R in mind.
During 1938, work commenced at Reggiane on a new fighter design; the company's design team, which was headed by Roberto Longhi and Antonio Alessio, set about designing an aircraft that would be offered to the Air Ministry that would not only meet but exceed the requirements of Programme R. Having very little time, the company considered various options, including the potential for manufacturing an American-developed fighter aircraft under license, however, under the influence of aeronautical engineer Giovanni Battista Caproni, a completely new design was rapidly prepared. The design team took inspiration from the contemporary American fighter Seversky P-35, which Re.2000 would superficially resemble; according to aviation author Gianni Cattaneo, the design "displayed evidence of fairly strong American influence...certain structural characteristics were strongly reminiscent of the American school, particularly of the Seversky P-35". Refinement of the Re 2000's aerodynamic characteristics greatly benefitted from a series of wind tunnel tests held at Caproni's facility in Taliedo, Milan.

Flight testing

On 24 May 1939, the prototype Re 2000 conducted its maiden flight at Reggio Emilia, Emilia-Romagna, Italy, flown by Mario De Bernardi. According to Cattaneo, early flights had quickly demonstrated the type's favourable flying attitude, including good speed and high manoeuvrability. Only minor modifications were required after the successful completion of the initial factory flight test programme; these including changes to the exhaust, the lengthening of the carburetor air intake, and the replacement of the round windshield with a framed counterpart. Following the completion of armament trials at Furbara, Santa Marinella, in August 1939, the prototype was delivered to the Experimental Estblishment of the Regia Aeronautica to commence its formal evaluation.
During its original set of trials held at Guidonia by the Regia Aeronautica, conducted throughout late 1939, the prototype was able to attain a speed of 518 km/h at an altitude of 5,250 m, along with 506 km/h at 6,000 m; it also climbed to 6,000 m in 6.5 minutes and demonstrated an 11,500 m altitude ceiling. Throughout the test flights, the aircraft showed that it was capable of excellent performance levels, and on several occasions, it demonstrated the ability to perform better than other existing fighters then in production. In mock dogfights, it could successfully fight not only the slower Fiat CR 42 biplane, but even the more modern Macchi C 200 and the German Messerschmitt Bf 109E fighters.
However, an unfavourable technical report of the prototype was also produced by the Directorate of Aeronautical Construction of the Air Ministry. Amongst its findings, it judged the placing of the integral fuel tanks within the wings to be highly vulnerable and prone to leaks, as well as posing some difficulty to manufacture. The negative conclusions of the technical report directly led to an initial for 12 pre-production aircraft, which had been drafted towards the latter half of the flight test programme, to be cancelled, along with the instruction to proceed given to Reggiane to prepare the tooling necessary for a wider production run of 188 aircraft. While some consideration was made at Reggiane towards the adoption of a more conventional three-spar wing with normal fuel tanks instead, only a prototype conforming to this configuration was authorised (this subsequently became the basis for the Reggiane Re.2002 ground attack aircraft).

Further development

The Re.2000GA (Grande Autonomia) version featured additional 340 liters fuel tanks, which was primarily achieved by sealing off the cells of the outer wing structure, to function as a modern long range reconnaissance aircraft for the Regia Marina (Italian Navy). This version was intended to have been used to reach Eastern Africa; during 1941, the Italian government was keen to acquire an aircraft which would be able to fly directly from Italy to Ethiopia. By adopting the Re.2000GA, Italy would be able send reinforcements to the units of the Regia Aeronautica far easier, unlike a batch of 51 C.R.42s that had to be disassembled and air-transported by the large Savoia-Marchetti SM.82s instead. However, the Re.2000GA was not ready to enter operational service until after the Armistice of Cassibile, Italy's surrender to the Allied Powers, had already come into effect.
In comparison to the standard production Re.2000s, the newer Re.2000GA variant was heavier and significantly slower, possessing an empty weight of 2,190 kg compared to the Re.2000's 2,080 kg along with a maximum speed of 520 km/h at 5,300 meters. The armament was a pair of 12.7 mm SAFAT machineguns, complete with 600 rounds, along with provisions for a Nardi dispenser capable of housing 88 2 kg bomblets (this was a typical 'special armament' for the Re.2000). The Re.2000GA was never considered to be highly reliable, even by Re.2000 standards, especially due to its troublesome engine.
The Re.2000bis, equipped with the more powerful P XI bis radial engine, was only manufactured in small numbers. Reportedly, by August 1941, only nine examples had been delivered to the newly formed 377a Squadron.

Design

The Reggiane Re.2000 is an Italian all metal, low-wing monoplane fighter aircraft. It holds the distinction of being the first aircraft to be designed by Reggiane to employ aluminum stressed skin construction, as opposed to the wooden or mixed wood and metal structures that had been traditionally used in contemporary Italian aircraft such as the Savoia-Marchetti SM.79 (which had been previously produced by Reggiane under license). The stressed skin fuselage was highly streamlined, save for the protrusions of the hard-rivetted finish. The majority of the aircraft's exterior, including the tail, was metal-coated; however, the control surfaces had fabric coverings.
In addition to the stressed-skin construction, Reggiane introduced several advanced features on the Re.2000, such as a modern structure, which was considerably more advanced than the ones used in Macchi's and other Italian fighters of the time, along with an elliptical wing profile. Overall, the design possessed greater aerodynamic sophistication in comparison to other Italian rivals such as the Fiat G.50 and Macchi C.200. The Re.2000 was furnished with retractable landing gear; the main gear retracted via the Curtiss method, the wheels rotating around to face flat within the wheel wells when retracted. The atypical fairing covered the landing gear's actuation mechanism, while the legs incorporated hydraulic shock absorbers and drag struts to effectively absorb loads; pneumatic brakes were also fitted. The tail wheel was both retractable and steerable.
However, according to Cattaneo, the Re.2000 was afflicted by a major handicap in the form of the unavailability of reliable in-line engines of sufficient power; as such, the RE.2000 was able to represent only a limited advance over the Macchi C.200. The Re.2000 was powered by a single Piaggio P.XI RC 40 radial engine, which was capable of generating a maximum of 986 hp (735 kW) of thrust; this drove a Piaggio-built three-blade constant speed variable-pitch propeller. This engine proved to be a major weak point of the aircraft in service as it proved to be not altogether reliable. Despite the limitation imposed by a lack of suitable engines, the fighter remained a relatively compact and balanced design.
The aircraft was furnished with an elliptical wing, the internal structure of which comprised a multi-cell configuration using a total of five spars, stress-skin covering, and integral fuel tanks within the center section. The wing made use of a modified N.38 airfoil section and was outfitted with Frise-type ailerons complete with static and aerodynamic balance, along with a split-continuous flap. The cockpit of the Re.2000 featured a large backwards-sliding canopy; it is claimed that this canopy provided "almost unrestricted all-round visability".
The armament comprised a pair of 12.7 mm Breda-SAFAT machine guns, housing 300 rounds each, installed in the upper fuselage; in addition, provisions were made for the fitting of bomblet-dispensers (spezzoniera). It was also possible to install a gun camera, while a small internal bay could be used to hold a few 4.4 lb (2 kg) incendiary bombs. This armament, while typical amongst Italian-built aircraft at the time, was relatively light in comparison to foreign-built rivals then being constructed; additional weapons, such as the installation of a pair of wing-mounted guns, was studied but never applied.
The Re.2000 had no fuel tanks contained within the fuselage; nevertheless, using the entirety of the wing's internal volume for fuel tankage, it could house a maximum of 460 kg (640 lt) of gasoline, providing it with a 900–1,100 km endurance, far in excess of its contemporary rivals built by Macchi and Fiat. However, the Re.2000 was considered to be not as rugged as its Macchi-built contemporaries; specifically, its fuel tanks were considered to be vulnerable, which were not of the self-sealing variety then becoming popular in military service. It has been claimed that this lack of durability had been a major factor when, following an official evaluation by the Regia Aeronautica, the service decided to reject the type.

Operational history

Overview

Following the decision of the Regia Aeronautica to reject the Re.2000 and cancel its pre-production order, the Italian government authorised Reggiane to promote the type for sales on the global market to international customers, effectively offering the programme a reprieve. Enthusiastic, the company decided to proceed with the production of the original batch of 188 fighters that had been cancelled as a private venture so that immediate delivery could be offered to foreign customers.
Reggiane rapidly set about marketing the Re.2000 towards various interested countries, many of which had been incentivised towards such purchases as a consequence of the breaking out of the Second World War. The type met with a level of success, with several countries being keen to place orders for the type. Accordingly, the Re.2000 was much more prominently used by the Hungarian and Swedish air forces than by the Regia Aeronautica at home. In fact, 80 per cent of the total Re.2000 production went to these two countries; Hungary having ordered 70 aircraft and Sweden opting to procure a batch of 60 machines. Other countries had also exhibited interest in the aircraft, but ultimately did not place orders for the type.

British interest

In December 1939, a British commission, led by Lord Hardwick and Air Ministry representatives, arrived in Italy for the purpose of purchasing various pieces of military equipment; aside from items such as marine engines, armaments and light reconnaissance bombers, the delegation sought to procure of around 300 Re.2000s. During January 1940, the Director of Aircraft Contracts confirmed the British order. The German government issued its approval of the sale in March of the same year, but withdrew its approval during the following month. In light of this, the Italian and British governments then decided to complete the contract through the Italian Caproni’s Portuguese subsidiary as to side-step Germany's objection; however, the British order was cancelled as a consequence of Italy's entry into the Second World War on 10 June 1940.

Italy

Only five Serie Is served in the Regia Aeronautica, including the prototype. They were organized into the Sezione Sperimentale Reggiane inside the 74a Squadriglia in Sicily. Later it was renamed 377a Squadriglia Autonoma Caccia Terrestre, and received nine further Serie III Re.2000bis; 12 of the 26 Reggianes were later converted to GA standard.
The few Re.2000 and 2000GA were used over Mediterranean Sea as escort and attack aircraft, sometimes with Macchi 200/202s and FIAT CR 25 two-engine fighters. 377a was based in Sicily, and fought in Malta and Pantelleria, mainly in an escort role and protecting Axis ships almost until Tunisia (with a range up to 300–350 km), well beyond the other RA single seat-fighters; sometimes it was used to attack Malta with bomblets (spezzoni) and machine guns, typically at dawn. It reported a single 'kill' against a Bristol Blenheim. Overall, their service was not remarkable: there was at least one sudden fatal flat spin, while another Re.2000 had fatal engine damage (a piston was literally driven through the cylinder) and crash-landed, overturning, catching fire and almost killing its pilot (rescued by the ground crew). Although the Reggiane had a long range, it was disliked and even feared by ground crew and pilots, for its difficult maintenance and unpredictable engine reliability and handling. The last Re.2000 was sent back to the factory in September 1942.
The final fate of Re.2000 in Regia Aeronautica was to serve with 1° Nucleo Addestramento Intercettori (N.A.I.), based at Treviso, and serving for experimental purposes until the Armistice. The last two serviceable aircraft were demolished by the Germans, with another one destroyed after being captured at Furbara.
The Regia Marina (Italian Navy), however, experimented with a carrier version (Serie II) which was successfully launched by catapult. Lacking a carrier, Italy used a similar system to the British CAM ships equipped with Hurricanes. The first proposal was made in late December 1940, although the program officially began with an order issued in April 1943. The first modified Re.2000 Cat. (taken from the Swedish orders) flew on 27 June 1941, the last on 18 January 1942 (MM.8282-8288), but crashed on 10 September. There was another navalized Re.2000, the MM.471. It flew initially with a lower powered A.74 RC.38 engine, but it was lost too, during the travel from Reggio Emilia to Taranto (12 May 1941). The first launch was performed on 9 May 1942 with test pilot Giulio Reiner. The work to make suitable the Re.2000 Cat., nicknamed Ochetta (little goose) took considerable time and only at the beginning of 1943 were they used aboard the Littorio class, but not more than one for every ship (although capable of holding three aircraft). Initially the Re.2000 Cat. aircraft were issued to Littorio and Vittorio Veneto, while Roma followed only in the summer, after testing had taken place aboard the RN Miraglia.
The Re.2000 Cat. was slower than a standard Re.2000; instead of 515–530 kilometres per hour (320–329 mph; 278–286 kn), the maximum speed was only 505–520 kilometres per hour (314–323 mph; 273–281 kn) at 5,500 metres (18,040 ft)  km/h at 5,500 m, and 390 kilometres per hour (240 mph; 210 kn) at sea level compared with 541 kilometres per hour (336 mph; 292 kn) for the Re.2000. The climb to 6,000 m was 7,75 min (vs 6,5-7 min), apparently there was not much difference in ceiling 10,000–11,100 m and endurance, range was 450 km, endurance 1,000 km (at 460 km/h), up to km 1,290 (at m 6,000, full loaded, km/h 430). Weights were 2,120–2,870 or, probably with the complete kit, 2,200–2,970 kg; the engine was the P.XIbis, that had 1,000 hp (750 kW) both at take-off and at 4,000 meters. Differing from the Serie I, both Serie II and III variants were equipped with radios. There was the usual Italian armament (two 0.50 caliber Breda machine-guns with 300 rounds each), and some provisions for external loads (tanks or bombs), apparently never utilized.
The Re.2000 were assigned to Squadriglia di Riserva Aerea delle FF.NN.BB. (air reserve squadron for naval battleships), led by Captain Donato Tondi. This was initially based at Grottaglie, then at Capodichino and finally at La Spezia, as air defence for naval bases. The squadron disbanded in April 1943 and was replaced by the 1° Gr. Riserva Aerea delle FF.NN.BB, led by now Maj. Tondi, with three flights. It had all the eight Re.2000s and several old fighters. Many of them were aboard the battleships: two for Vittorio Veneto and Roma, one for Littorio (summer 1943).
Six Re.2000 Cat.s were still available at the time of the Armistice and four were in service aboard the battleships Italia (Littorio before the fall of Mussolini), Roma and Vittorio Veneto (the normal load was only one, the battleship had up to three aircraft, but smaller than the Re.2000). The two left at La Spezia were demolished after September 1943 (they served with 1a Squadriglia). During the Roma's sinking (9 September 1943) only one was launched, as they were a single mission aircraft (forced to reach a land airfield); therefore, Do 217s attacked facing only anti-aircraft guns. The fate of the four Re.2000s was as follows: the one on Roma was lost with the battleship; the one of Italia was damaged and jettisoned from the ship, after the Fritz-X impact. One Re.2000 was launched from Vittorio Veneto to catch the intruders, but failed and finally crashed while landing near Ajaccio airfield. The last one survived and it is still extant, being the only Re.2000 remaining in Italy (another is in Sweden). This is the MM.8287.

Sweden

The Swedish purchases of various types of Italian warplanes in 1939–41 were made as an emergency measure resulting from the outbreak of the war, as no other nations were willing to supply aircraft to this small neutral country whose domestic production did not become sufficient until 1943. The Swedish Air Force purchased 60 Re.2000 Serie Is, which received the Swedish designation J 20 and were delivered during 1941-43.
All of the J 20s were stationed at the F10 wing, Bulltofta airbase, Malmö, in the southern tip of Sweden in 1941-45. They were mainly used to intercept Axis and Allied bombers that violated Swedish airspace. One J 20 was lost in combat, shot down while intercepting a Luftwaffe Dornier Do 24 near Sölvesborg on 3 April 1945.
The pilots appreciated the type, which performed well under harsh conditions and was the fastest aircraft then in operation with the service. However, the Re.2000's mechanical reliability was unable to meet Swedish Air Force requirements; reportedly, the aircraft normally had to spend a great deal of time in maintenance. At the end of the conflict, the 37 J 20s that remained in service were so badly worn out that they were decommissioned during July 1945 and were subsequently scrapped, while only one of these were retained for display purposes.

Hungary

German leaders were reluctant to supply the Royal Hungarian Air Force (Magyar Királyi Honvéd Légierő), MKHL, which was seen to be focused on home defence and the possibility of conflict with neighbouring Romania. Adolf Hitler expressed this view during early 1942 when Hungary issued a request for German-built fighters. "They would not use the single-seaters against the enemy but just for pleasure flights!... What the Hungarians have achieved in the aviation field to date is more than paltry. If I am going to give some aircraft, then rather to the Croats, who have proved they have an offensive spirit. To date, we have experienced only fiascos with the Hungarians."
The MKHL consequently became a significant purchaser of Italian aircraft and was the main operator of the Re.2000. Hungary bought 70 Reggiane Re.2000 Falco Is and then also acquired the licence-production rights for this model to produce a total of 200 aircraft, known as MÁVAG Héja ("Hawk") II built between 1940 and 1942. According to other sources, between 170 and 203 aircraft were constructed. The II series was the same aircraft with a different engine and Hungarian machine guns. The first aircraft received from Italy were sent to Debrecen to strengthen home defences, as there was danger that the growing crisis over Transylvania could lead to a conflict with Romania. Conflict was avoided and the Hungarian Reggianes were used on the Eastern Front, in the war against the Soviet Union.
The first seven Re.2000 were sent to the Eastern Front on an experimental basis during autumn 1941. Flying alongside the Fiat CR.32s of 1/3 Fighter Company, the Reggiane pilots claimed eight kills, for one loss, during three months of combat, against Soviet Air Force. In the summer of 1942, Hungarian Air Force contributed with its 1st Repülőcsoport (aviation detachment) to the German offensive Fall Blau. 1/1 Fighter Group (1./I Vadász Osztály) equipped with 13 Re.2000s or Héjas, reached its first front base near Kursk on 2 July. By 3 August, 2/1 FS joined the other Hungarian fighter unit, that had moved to Ilvoskoje airfield. The task of 2/1 was to escort short-range reconnaissance aircraft, while 1/1 would support bombing missions.
Combat performance against the Soviet Air Force was satisfactory. On 4 August, the Hungarians claimed their first kills, when Ens Vajda shot down two enemy aircraft. The first Hungarian ace of the war, 2/Lt Imre Pànczél, claimed his first air victories while flying the Re.2000, three of them in one sortie, in 1942. However, the Re.2000's flight characteristics were markedly different to the Fiat CR.32, from which Hungarian pilots frequently converted. The Re.2000 was much more prone to handling difficulties, especially stalls and spins, as well as reliability issues. All the 24 Re.2000s had suffered accidents (minor and major) within a month of combat deployment. Piaggio P.XI engine proved to be a mechanical nightmare for the mechanics.
Landing and takeoff accidents were common on the rudimentary Russian airfields and due to the Re.2000 not having a rugged landing gear, compared to that of the CR.32. After a steel plate was added behind the cockpit for the protection of the pilots, the shift in the aircraft's center of gravity led to more frequent accidents. In a much publicized mishap, 1/Lt István Horthy (the son of the Hungarian regent Miklós Horthy), serving as a fighter pilot with the Hungarian Second Army died flying a Re.2000 V-421 with 1/3 Fighter Squadron on 20 (on 18, according to other authors) August 1942, on his 25th operational sortie. After a pilot flying above asked Horthy to increase height, he pulled up rapidly, stalled and crashed. Nevertheless, the determined Hungarian pilots kept on flying combat missions and scoring a number of kills against the Soviet fighter, if they managed to force their Russian opponents into a dogfight, thanks to the maneuverability of the Italian built plane.
The Hungarians Re.2000s had their most successful day on 9 August 1942. That day, near the village of Davidovka, 16 Ilyushin Il-2s and a similar number of LaGG-3S were intercepted by four Reggianes. The Hungarians downed four LaGGs, suffering the loss of the Re.2000 of Lt Takács, who crash-landed behind his own lines, wounded. The Hungarian Reggianes flew their last sorties on the Soviet front on 14 and 15 January 1943, when they took off for uneventful patrols and reconnaissance missions. Between 16 and 19 January, with the Red Army rapidly approaching Ilovskoje airfield, and with no time to heat the Piaggio engine's frozen oil, mechanics were forced to blow up the last unserviceable Hejas.
The surviving Reggianes were kept in Hungary for home defence. Production of licence-built Hejas continued: 98 were completed in 1943 and 72 in 1944 although the variant was regarded as no longer suitable for combat against the latest Soviet fighters. Hungary requested that an additional 50–100 Re.2000 airframes be manufactured in Italy, as suitable engines and armament could be locally manufactured; additionally, other countries expressed interest, including Finland (100 examples), Portugal (50), Spain, Switzerland and Yugoslavia. However, no airframes were available by then.
By April 1944, the MKHL still deployed four Héja IIs in 1/1 Fighter squadron and four Hejas II in 1/2, all of them based in Szolnok for home defence duties, along with about 40 Bf 109s and Messerschmitt Me 210s. The last sortie for the licence-built Reggiane Re.2000 occurred on 2 April 1944. That day, 180 bombers from the USAAF 15th Air Force, escorted by 170 fighters, bombed the Danube Aircraft Works and other targets in Budapest. The Hungarian fighter control centre in the Géllert hill, near Budapest, scrambled one wing of Hejas from 1/1 Fighter squadron, along with 12 Bf 109G-4/G-6S and a couple of Messerschmitt Me 210Cas-1s from the Experimental Air Force Institute (RK1). The Hungarians reported 11 aerial victories, of which six were confirmed, while USAAF pilots claimed 27 MKHL aircraft shot down. However, later records showed only two Honvéd pilots were killed.

Variants:

Italian versions
  • Re.2000
  • Initial prototype, one built.
  • Re.2000 Serie I
  • Production model, 157 built. Serie I had modified windshield and slight equipment changes.
  • Re.2000 Serie II
  • Ship-borne version, 10 built. Serie II had a 1,025 hp Piaggio P.XIbis engine and arrester gear.
  • Re.2000 (GA) Serie III
  • Long-range fighter, 12 built. Serie III had redesigned cockpit, increased fuel capacity and option of a 170 l auxiliary fuel tank or a dispenser of 22 2 kg bomblets.
  • RE 2000 "Catapultabile"
  • Re 2000 aircraft modified for catapult launch from Regia Marina ships. On the day of the armistice, 8 September 1943, 6 Re 2000 "Catapultabile " were in service, with two on the battleship Roma and one each on the Vittorio Veneto and Italia (formerly the Littorio).

Hungarian versions
  • Héja I - Hungarian designation for Serie I.
  • Héja II - Hungarian designation for modified license-produced Serie I. Héja IIs had a 986 hp WMK 14 engine and two Hungarian 12.7 mm Gebauer machine guns. 204 built.

Operators
  • Germany - Luftwaffe
  • Hungary - Royal Hungarian Air Force
  • Kingdom of Italy - Regia Aeronautica
  • Sweden - Swedish Air Force

Specifications (Re.2000 Series I)

General characteristics:
  • Crew: 1
  • Length: 7.99 m (26 ft 3 in)
  • Wingspan: 11 m (36 ft 1 in)
  • Height: 3.2 m (10 ft 6 in)
  • Wing area: 20.4 m2 (220 sq ft)
  • Airfoil: N-38
  • Empty weight: 2,090 kg (4,608 lb)
  • Gross weight: 2,839 kg (6,259 lb)
  • Powerplant: 1 × Piaggio P.XI R.C.40 14-cylinder air-cooled radial piston engine 1,000 CV (986 hp; 735 kW) at 4,000 m (13,123 ft)
  • Propellers: 3-bladed Piaggio-D'Ascanio, 3.1 m (10 ft 2 in) diameter constant-speed propeller.

Performance
  • Maximum speed: 530 km/h (330 mph, 290 kn) at 5,300 m (17,388 ft)
  • Cruise speed: 440 km/h (270 mph, 240 kn)
  • Range: 545 km (339 mi, 294 nmi)
  • Service ceiling: 11,200 m (36,700 ft)
  • Time to altitude: 4,000 m (13,123 ft) in 4 minutes.


Armament

  • Guns: 2× 12.7 mm Breda-SAFAT machine guns.


Reggiane Re.2000 “Falco” Recovered From Italian Waters, December 5, 2013

The “Falco” (Italian for hawk) has come to light: yesterday the mission to recover the fighter Re.2000 was successfully completed. The  Reggiane’s fighter  had sunk in the waters of Portovenere (La Spezia) in 1943.
The operation was carried out for free by the company Micoperi (the same company which  has completed he straightening of the cruise ship Costa Concordia).The Falco, originally discovered  in April 2012, was about twenty feet deep and it crashed off the Liguria coast during a training mission.
Curiosity in the curiosity, the powerful cranes Micoperi were manufactured by Reggiane.
Officine Meccaniche Reggiane SpA was an Italian aircraft manufacturer, owned by Caproni (Count Giovanni Battista Caproni) and situated in Reggio Emilia, a city of what today is the Emilia-Romagna region. The first aircraft produced was the medium bomber Piaggio P.32bis, which had been developed from the Caproni Ca.405C Procellaria.
Reggiane would eventually become famous for its agile single-seat fighter aircraft. When World War II erupted, Reggiane’s fighters were taken over by the Regia Aeronautica (the Italian Air Force). Other fighters found their way to the German Luftwaffe and to the Hungarian and Swedish Air Forces.
A low wing monoplane with retractable landing gear, the Reggiane Re.2000 Falco I prototype, powered by a 870 hp (649 kw) Piaggio P.XI RC.40 radial engine, was flown for the first time in 1938. Competitive evaluation against the MC.200 resulted in this latter aircraft being ordered into production for the Regia Aeronautica, although the Re.2000 had shown itself to be superior in manoeuvrability, even when flown against the Messerschmitt Bf109E.
However, the Re.2000’s deficiencies (primarily structural) did not deter export customers and the type was built for the Hungarian government, which also acquired a manufacturing licence. The type was operated by the Hungarian Air Force as the Hejja (hawk). Re.2000s were supplied also to Sweden being operated until 1945 by the Flygvapen under the designation J20. And though the type had been rejected by the Regia Aeronautica, the Italian navy acquired 12 Re.2000 Serie II fighters especially strengthened for catapult launching, followed by 24 Re.2000 Serie III aircraft with increased fuel capacity for deployment as long range fighters. The RE2000 CAT MM 8281 aboard of the RN Miraglia during tests which took place in the Sea of Taranto in Spring 1942. Note the fully glass canopy, typical of interceptors.
The aircraft was a Re.2000 Cat (catapult configuration) version based at Luni-Sarzana (La Spezia) was intended to board the battleship Vittorio Veneto. On April 16, 1943 it was making a reconnaissance flight over the gulf, with  Marshal Luigi Guerrieri at the controls  when, due to an abnormal consumption of fuel, the pilot decided to make an emergency landing and emerged unscathed.
The recovery was commissioned by by the  Aeronautica Militare Italiana (Italian Air Force) and authorized by the Superintendence for Archaeological Heritage and the Superintendence for the Historical and Artistic Heritage of Liguria.The aircraft, after the immediate desalinization process, will be transported to the Museum of the Italian Air Force at Vigna Di Valle.

(Web, Google, Wikipedia, warbirds, You Tube)
























































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