mercoledì 28 novembre 2018

FIAT AVIAZIONE G 91





Sessant'anni fa la NATO scelse l'agile caccia della Fiat come velivolo da supporto tattico, preferendolo agli aerei inglesi e francesi. Era molto amato dai suoi piloti, che lo chiamavano “Gina".

Gennaio 1958: la NATO annuncia il vincitore del concorso per un nuovo cacciabombardiere tattico leggero che dovrà essere adottato dai Paesi del Patto Atlantico. È il Fiat G 91, progettato da Giuseppe Gabrielli. Grazie alle caratteristiche di volo, alla capacità di operare anche da piste in erba e alla rapidità con la quale può essere rifornito e riarmato fra una missione e l'altra, è preferito ai suoi concorrenti: l'inglese Folland Gnat e i francesi Dassault Etendard e Breguet Taon. Una bella soddisfazione per la Fiat e per Gabrielli, uno dei progettisti più capaci, papà di velivoli come il G 55 Centauro: probabilmente il miglior caccia italiano della Seconda Guerra Mondiale.


Quello del G 91 sarà solo un successo a metà. Gran Bretagna e Francia, piccate per la sconfitta delle loro industrie, non adotteranno il piccolo velivolo della Fiat, che alla fine verrà impiegato soltanto dalle aeronautiche di Italia, Germania Federale e Portogallo. In tutto ne verranno prodotti 756 esemplari, fra quelli usciti dallo stabilimentoFiat di Caselle e quelli costruiti su licenza in Germania dalla Dornier. Numeri che ne fanno uno dei velivoli italiani più affermati. Fra i potenziali clienti compare anche l'Esercito degli Stati Uniti, che ne prova alcuni esemplari. La cosa finirà lì per l'opposizione dell'Air Force, che rivendicherà a sé l'esclusiva disponibilità di velivoli a getto.


Piccolo, leggero, estremamente maneggevole, il G 91 (la "Gina", come veniva affettuosamente chiamato dai piloti tedeschi, in riferimento all'avvenenza dell'attrice italiana Gina Lollobrigida) è ricordato come un velivolo eccezionale. Rapidissimo nell'obbedire ai comandi, tanto che sarà utilizzato per molti anni dalle Frecce Tricolori, la Pattuglia Acrobatica Nazionale, in esibizioni mozzafiato. L'unico difetto che gli veniva imputato era il limitato carico bellico, ma questa caratteristica era conseguenza delle richieste della NATO, che all'armamento avevano anteposto la capacità di operare da piste corte e improvvisate. Cambiata la dottrina militare, Gabrielli cercò di ovviare al problema con una nuova versione dotata di due motori GE J85, al posto del singolo Bristol Siddeley Orpheus. La versione bimotore, chiamata G 91Y per la particolare forma a "Y" del condotto che portava l'aria ai motori, volò per la prima volta nel 1966: dieci anni dopo il prototipo della versione originale. Capace di raggiungere i 1140 chilometri l'ora, restò in servizio sino al 1995.
Nell’agosto del 1956, esattamente il giorno 9, un giovedì, il Fiat G 91 prendeva il volo per la prima volta dall’aeroporto di Caselle, poco fuori Torino, ai comandi il comandante Riccardo Bergamini, dottore in matematica, già pilota dell’Aeronautica Militare, che rimarrà in seguito ucciso negli USA durante un volo di collaudo di un G 91 dotato di razzi supplementari JATO per il decollo rapido.
Il piccolo, a paragone con i caccia USA dell’epoca, velivolo italiano era stato ideato dall’Ingegner Giuseppe Gabrielli, uomo di fiducia della Famiglia Agnelli e di Vittorio Valletta, presidente del gruppo industriale di Torino.
Durante i primi mesi del 1954 la NATO indice un concorso per la creazione di un aereo che potesse essere utilizzato per il supporto tattico delle truppe a terra. Le specifiche prevedevano la possibilità di decollo e atterraggio su piste semi preparate, anche a manto erboso, una ridotta e facile manutenzione nonché la capacità di essere rifornito e riarmato rapidamente da un personale ridotto.
Il velivolo italiano dovette competere con i produttori inglesi e francesi, nel concorso vennero presentati ben dieci disegni di varie macchine e cinque risultarono vincitori di questa fase preliminare, incluso il “nostro” aereo.
Nel giugno del 1955 la Fiat ricevette l’ordine di preparare tre prototipi del G 91, e l’opzione per altri ventisette velivoli, in base alla riuscita dei test futuri.
Il primo prototipo venne allestito in tempo di record, anche avvantaggiandosi dell’esperienza già acquisita dalla FIAT avio con le produzioni precedenti sia ideate dal grandissimo e prolifico ingegner Gabrielli sia prodotte su licenza.
La maneggevolezza e la facilità di decollo dimostravano l‘estrema bontà del progetto, doti che si accompagnavano a prestazioni in volo davvero eccellenti, tant’è che dopo un periodo di pochi mesi il velivolo raggiunse la velocità di Mach 1, dimostrando così anche doti di cacciatore.

Durante la primavera del 1957 presso l’aerodromo di Bretigny si svolsero le prove NATO, in competizione, agguerritissima, con le altre nazioni coinvolte e i prototipi relativi.

Il velivolo FIAT ne uscì vincitore, proclamato dopo test puntuali e precisi svolti da tecnici e piloti provenienti da diversi Paesi.
Se le cose fossero andate come previsto dai trattati dell’Alleanza Atlantica il caccia italiano avrebbe dovuto essere acquistato da tutti i membri dell’istituzione, ma le cose non andarono proprio così.
Episodi di corruzione vennero svelati quando il parlamento svizzero, con una delibera quantomeno sospetta, optò per i Mirage francesi, sebbene i rossocrociati avessero già ricevuto due esemplari, di G91 che avevano provato con risultati eccellenti e avevano manifestato l’intenzione di produrli su licenza.

Le indagini appurarono che il governo francese e i vertici della Dassault, produttrice del Mirage, avevano corrotto alcuni politici e ufficiali svizzeri che vennero poi condannati, ma la carriera dei G 91 elvetici si arrestò ugualmente. Un altro episodio curioso capitò con l’Austria. Il vicino alpino aveva manifestato l’interesse per la creazione italiana, e in un colloquio fra il ministro della difesa austriaco, l’on. Graf , Il presidente della Fiat Vittorio Valletta e il progettista stesso, Ing. Gabrielli, l’uomo politico austriaco pose come condizione all’acquisto la liberazione, o la riduzione della pena, dell’ufficiale delle SS Herbert Kappler. Come prevedibile questa sorta di ricatto non venne accettata e neanche l’Austria ebbe i G 91.

Ben diversa la sorte del prodotto italiano con l’ex alleato tedesco.
Infatti la Luftwaffe ordinò l’aereo italiano e ne produsse circa trecento su licenza. In totale i germanici ne utilizzarono circa cinquecento, inclusi i modelli biposto, caratterizzati dal suffisso T, Trainer (addestratore). Sebbene sia la Grecia sia la Turchia avessero manifestato interesse, forse per evitare frizioni fra i due ex nemici, le forniture non ebbero luogo.
Il velivolo ebbe un limitato uso in operazioni belliche. Soltanto il Portogallo impiegò, infatti, l’aereo italiano dal 1966 al 1974, a seguito di forniture di macchine di seconda mano da parte della Luftwaffe tedesca, nelle operazioni antiguerriglia in Guinea e Mozambico, per poi toglierlo dalla linea di volo nei primi anni ’90.
Fu utilizzato dalla nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale del 1963 al 1981. L’Aeronautica Militare Italiana lo impiegò fino a metà degli anni ’90.

Il Fiat G.91, poi Aeritalia G-91, spesso soprannominato "Gina" dai suoi piloti, era un cacciabombardiere-ricognitore monomotore a getto ed ala a freccia progettato dall'ing. Giuseppe Gabrielli e prodotto dall'azienda aeronauticaitaliana Fiat Aviazione (divenuta Aeritalia in un secondo tempo) dalla metà degli anni cinquanta. Fu il vincitore del concorso della NATO del 1953 per la produzione di un nuovo aereo leggero da supporto tattico.

Utilizzato principalmente dalla tedesca Luftwaffe e dall'Aeronautica Militare, in Italia è noto anche per essere stato a lungo il velivolo della pattuglia acrobatica nazionale Frecce Tricolori fino alla sua sostituzione con l'Aermacchi MB-339PAN. La Força Aérea Portuguesa impiegò il G.91 dal 1966 al 1973 nelle operazioni controguerriglia nella Guinea portoghese e in Mozambico. Restò in produzione per 19 anni. Ne furono costruiti 756 esemplari, inclusi i prototipi e i modelli di pre-produzione.

Progettato in risposta al concorso per una macchina d'attacco e appoggio tattico indetto dalla NATO nel dicembre del 1953, designato NBMR-1 (NATO Basic Military Requirement № 1), il Fiat G.91 rispondeva in toto alle caratteristiche richieste: capace di operare da piste di fortuna e non preparate, era dotato di buona velocità (il primo prototipo superava mach 1 a 9 000 m di quota[6]) e poteva trasportare carichi offensivi di almeno 450 kg.

La realizzazione del primo esemplare avvenne con un certo anticipo rispetto ai principali concorrenti, anche in ragione della scelta operata dalla Fiat di basare il progetto (in scala più ridotta) su quello dell'F-86 Sabre che l'azienda torinese costruiva su licenza[6]. La somiglianza che ne derivò, oltre a suscitare proteste da parte di aziende concorrenti nella gara NATO, valse al G.91 il nomignolo di piccolo Sabre.

Il prototipo venne portato in volo per la prima volta il 9 agosto 1956 all'aeroporto di Torino-Caselle ai comandi del collaudatore Riccardo Bignamini. Malgrado i primi risultati estremamente confortanti, i problemi non mancarono: solo una settimana dopo, nel corso di collaudi a bassa quota, si registrarono problemi di natura aerodinamica (nello specifico insorsero fenomeni noti come flutter) che determinarono il cedimento dell'impennaggio e la conseguente perdita del prototipo.

Nel gennaio 1958 il G.91 venne dichiarato ufficialmente vincitore del concorso, dopo aver superato un nutrito gruppo di avversari (7 in tutto), tra i quali il Breguet Br 1001 Taon, il Dassault Mystère XXVI (divenuto poi Étendard VI), il Folland Gnat e l'Aerfer Sagittario 2.

Gli esemplari di preserie equipaggiarono (a partire dall'agosto dello stesso anno) il 103º Gruppo (allora inquadrato nella 5ª Aerobrigata) che ne testò le caratteristiche nel corso di missioni operative. L'estate successiva questi esemplari vennero sottoposti all'attento esame di una commissione NATO che, anche in questa occasione, ebbe ad emettere un giudizio estremamente positivo.

Il G.91 è un monoplano ad ala bassa, con configurazione a freccia con un angolo di 37°; la fusoliera, con struttura a semiguscio in lega leggera, alloggia il motore nel tronco posteriore, subito davanti al quale sono disposti i serbatoi del carburante e gli alloggiamenti del carrello d'atterraggio.

Nella sezione di prua è disposto l'abitacolo, sotto al quale è posizionata la presa d'aria dinamica per il motore; la postazione di pilotaggio era equipaggiata con un seggiolino eiettabile Martin Baker Mk.3 che successivamente fu portato alla configurazione 0 quota e 0 velocità, grazie ad un pacco di razzi disposti inferiormente che lo portavano ad una quota tale da poter far aprire il paracadute e far ritornare a terra il pilota senza danno con velivolo fermo a terra.

Le mitragliatrici (o, secondo le versioni, i cannoni) sono disposte a fianco della presa d'aria, sotto la cabina ed all'estrema prua sono alloggiate le macchine fotografiche e le apparecchiature di controllo delle stesse. I piani di coda oltre agli impennaggi sono composti anche da una pinna ventrale di dimensioni ridotte.

Il carrello è di tipo triciclo anteriore: la gamba anteriore, nel ritrarsi all'indietro, compie una rotazione di 90° e la ruota è alloggiata di piatto sotto la presa d'aria; le gambe posteriori trovano spazio nelle semiali, con le ruote che, ritraendosi verso l'interno, vengono alloggiate in fusoliera.

A seconda delle versioni, alle semiali sono agganciati due o quattro piloni cui è possibile applicare serbatoi di carburante o carichi bellici (in genere bombe non guidate o lanciarazzi).

Durante tutta la propria vita operativa il G.91 venne motorizzato con il turbogetto Bristol Siddeley Orpheus (lo stesso motore che equipaggiava il Folland Gnat).

Il prototipo era equipaggiato con un turboreattore derivato da quello utilizzato per un missile terra-terra. Per questo motivo aveva una durata operativa di sole 300 ore (TBO) al termine delle quali doveva essere sottoposto a revisione generale. Dotato di un eccellente rapporto peso/spinta, aveva un complesso sistema di regolazione del carburante composto di parti variamente dislocate sul motore. Caratteristico il sistema di avviamento che avveniva ad opera di una piccola turbina azionata dai gas prodotti dalla combustione di una carica di cordite.

Dal punto di vista produttivo, pur raggiungendo numeri di tutto rispetto, il G.91 non vide realizzate le aspettative nutrite dalla Fiat dopo la vittoria in un concorso internazionale. La Luftwaffe, infatti, fu l'unica forza aerea della NATO che fece seguire ordini di produzione alle proprie manifestazioni d'interesse nei confronti del velivolo, in ciò attratta (oltre che dalle innegabili doti della macchina) anche dalla possibilità di partecipare al programma di produzione su licenza, che costituì fattore di attrattiva nei confronti dell'industria aeronautica tedesca che si stava ricostituendo dopo la seconda guerra mondiale ed i successivi divieti imposti nel settore delle costruzioni aeronautiche.

La produzione di serie fu così realizzata sia in Italia, presso gli stabilimenti Fiat, che in Germania Ovest dove, negli stabilimenti della Dornier Flugzeugwerke (in parte confluita, a seguito di intricate fusioni societarie, nella Flugzeug Union Süd, con sede a Ottobrunn), furono costruiti 294 esemplari degli oltre 500 che vennero impiegati dalla Luftwaffe.

L'Aeritalia G-91Y, soprannominato amichevolmente dai piloti Yankee (dalla lettera Y in Alfabeto fonetico NATO), che sottolineava la forma della presa d'aria, unica frontalmente ma internamente divisa in due per alimentare separatamente i motori, quindi a forma di Y, era un cacciabombardiere bimotore a getto ed ala a freccia prodotto dall'azienda italiana Aeritalia negli anni sessanta.

Derivato dalla precedente versione G.91R, ne manteneva l'aspetto generale e se ne differenziava principalmente per l'adozione di un impianto propulsivo bimotore, a differenza del primo monomotore, e del conseguente aumento prestazionale e di capacità di carico bellico.

Il G-91Y venne utilizzato solamente nell'Aeronautica Militare essenzialmente nel ruolo di aereo per il supporto tattico ravvicinato e da ricognizione aerotattica, restando operativo fino agli anni novanta, quando venne sostituito dal più moderno AMX.

Il progetto dell'G-91Y, o meglio il suo sviluppo dalla famiglia dei G.91, si deve all'esigenza di fornire un mezzo da utilizzare come cacciabombardiere/aereo da attacco leggero che esprimesse caratteristiche più moderne e più specifiche rispetto a quelli utilizzati dall'Aeronautica Militare fino ad allora.

L'evoluzione venne sviluppata dallo stesso progettista del G.91 (Giuseppe Gabrielli) con l'intento di non stravolgere il progetto originale, sia in funzione delle sue buone caratteristiche di base, sia per mantenere i costi di produzione a livelli accettabili per le disponibilità economiche offerte dal periodo; inoltre le aspettative di commercializzazione puntavano a replicare il successo internazionale conseguito con il precedente modello, portando a scegliere un approccio conservativo che, tuttavia, si rivelerà inadeguato: la concorrenza di altri progetti esteri decreterà la diffusione del G-91Y solamente sul territorio italiano.

Il prototipo venne portato in volo per la prima volta il 12 dicembre 1966, dall'aviosuperficie aziendale di Caselle Torinese e, dopo averne verificato la rispondenza alle specifiche progettuali, il nuovo velivolo venne dichiarato idoneo alla commercializzazione. Venne quindi presentato al pubblico l'anno successivo al Salone internazionale dell'aeronautica e dello spazio di Parigi-Le Bourget ma si dovette aspettare il 1969 per ricevere il primo ordine emanato dall'Aeronautica Militare. L'interessamento da parte della Svizzera per un eventuale fornitura alla sua forza aerea fece sviluppare una versione specifica nel ruolo di caccia leggero multiruolo, la G-91YS, che però non ebbe seguito produttivo, in ragione della scelta del governo svizzero di dotarsi invece dei Northrop F-5E Tiger II. L'unica versione costruita fu la conseguenza dell'ordine emesso dal governo italiano per la fornitura di 75 esemplari, ridotti però a 65 effettivamente consegnati.

Il G-91Y venne impiegato operativamente negli Stormi Caccia Bombardieri e Ricognitori (CBR), nell'8º Stormo Gino Priolo con sede a Cervia, tra i cui il 101º Gruppo, ed il 13º Gruppo del 32º Stormo con sede all'aeroporto di Brindisi.

Frutto di una revisione complessiva del progetto iniziale, agevolata dall'introduzione di più recenti sistemi costruttivi, il G-91Y era più potente del precedente R. Grazie alla sostituzione del motore Bristol Orpheus con due General Electric J85, dotati di post-bruciatore, la spinta aumentava del 63%, contro un aumento di circa il 37% del peso a vuoto.

L'incremento di potenza produsse un modesto aumento della velocità di punta, mentre si ebbero considerevoli vantaggi in termini di accelerazione ed in riduzione di corsa al momento del decollo. Pur pagando il prezzo di un consumo più elevato rispetto alla precedente versione, la presenza di serbatoi di maggiori dimensioni (3 200 kg, all'incirca il doppio rispetto al G.91R) garantiva un consistente aumento dell'autonomia operativa.

Furono prodotti 65 esemplari, oltre a 2 prototipi, entrati i servizio in due gruppi cacciabombardieri dal 1972 fino al 1994, quando vennero sostituiti dagli AMX.

Benché la sua produzione sia rimasta limitata possiamo trovare esposti diversi esemplari del G-91Y. Uno di questi è esposto al Museo storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Vallesituato in località Vigna di Valle nel comune di Bracciano (RM) nei colori del 101º Gruppo CBR (Caccia Bombardieri Ricognitori), 8º Stormo, mentre un secondo esemplare esposto in un museo (sempre con i colori del 101°) è presente a Lugo di Romagna (RA), presso il museo dedicato a Francesco Baracca.

Altri sette esposti sono gate guardian: uno (MM.6956 8-62) all'aeroporto di Cervia-Pisignano, un altro (MM.6467 8-47) all'aeroporto di Belluno (a San Pietro in Campo, frazione di Belluno) e un altro all'interno dell'aeroporto di Cameri. Uno si trova esposto all'interno della base di Pratica di Mare, vicino al circolo ufficiali, e due a Brindisi, uno all'interno dell'aeroporto e l'altro all'interno della sede della Fiat Avio; un altro ancora presso l'Istituto Tecnico Maxwell di Milano infine un altro presso l'aeroporto di Palermo-Boccadifalco sede dell'Aeroclub Beppe Albanese.

Ulteriori esemplari di G-91Y sono collocati:

all'interno del parco divertimenti Mirabilandia (Ravenna)
all'Istituto Tecnico Aeronautico "Antonio Locatelli" di Bergamo
nel parco dedicato al Magg. Angelo Gays a Cesano Maderno
a Caselle Torinese come decorazione urbanistica alla rotonda di Strada Torino
a Terni all'interno di un'area privata, lungo la SS Flaminia, con livrea alterata a scopo commerciale e pubblicitario
nel parco dell'agriturismo "Oasi" a Cassano Magnago (Varese)
presso il campo volo del Gruppo Aeromodellistico di Castelfranco Emilia (Modena).

(Web, Google, Wikipedia, A.M.I.)



























































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