domenica 25 novembre 2018

IL FUCILE DELLA MIA "NAJA": BERETTA F.A.L. B.M. 59




Il Beretta BM 59 (in Italia noto anche come FAL, ovvero "Fucile Automatico Leggero"), è stato l'ultimo fucile da battaglia adottato ufficialmente dall'Esercito Italiano nel 1959: la distribuzione ai reparti cominciò nel 1962 ed è stato sostituito dal fucile d'assalto AR 70/90, sempre della Beretta, negli anni novanta.



Nel 1951 l'Esercito Italiano adottò come arma d'ordinanza il fucile USA modello Garand M1 in calibro .30-06 (7,62 × 63 mm) e, a seguito di una prima fornitura, Beretta ottenne la licenza per la produzione in Italia. Il fucile Garand è stato probabilmente una delle migliori armi per fanteria della Seconda guerra mondiale, ma alla fine degli anni cinquanta cominciava ad essere obsoleto a causa della diffusione delle armi portatili automatiche nelle fanterie degli eserciti del Patto di Varsavia.



Inoltre la NATO aveva stabilito come requisiti per i fucili dei paesi aderenti al trattato una maggiore leggerezza rispetto al Garand, la capacità di tiro a raffica e l'adozione di uno stesso tipo di munizione, ovvero il 7,62 × 51 mm NATO, richiedendo quindi la modifica di armi esistenti o la progettazione di nuove.



Due erano gli obiettivi da raggiungere con la fornitura della nuova arma all'Esercito Italiano: contenere i costi, data la difficoltà nello stanziamento dei fondi da parte del ministero della difesa, ed unificare i compiti operativi delle armi individuali fino ad allora in dotazione con un'unica arma. L'ingegner Domenico Salza, della Beretta, propose la modifica progressiva del Garand già in dotazione, con una spesa notevolmente inferiore a quella richiesta per la progettazione e costruzione di una arma totalmente nuova: infatti la modifica degli esistenti M1 (o la produzione ex novo del Garand modificato) avrebbe utilizzato quasi esclusivamente i macchinari di produzione del fucile preesistente.

La polivalenza di questa nuova arma permetteva di iniziare il pensionamento dei fucili Enfield (alcuni reggimenti ne erano ancora equipaggiati nei primi anni sessanta), di parte dei fucili Garand per quanto possibile, delle carabine Winchester e dei mitra MAB il che avrebbe facilitato enormemente la logistica.

Il BM59 è un fucile da battaglia che può sparare in regime automatico o semiautomatico (fuoco selettivo).

A differenza del fucile da cui deriva, è dotato di:

un caricatore posto inferiormente alla culatta da 20 colpi;
un selettore di tiro a colpo singolo o raffica;
un caratteristico tricompensatore, ovvero un manicotto tromboncino frangifiamma (montato permanentemente sulla versione con il calcio completo o in quello ripiegabile lungo il fusto per truppe alpine mentre nella versione truppe avio anch'essa comprensiva di calcio pieghevole era smontabile per ridurre al massimo lo spazio occupato dall'arma) che funge anche da freno di bocca e che consente di utilizzare le granate a codolo tipo Energa e SuperEnerga a carica cava.
un alzo specifico (chiamato alidada) per il tiro teso della versione anticarro a carica cava delle sopra dette granate era situato sulla volata prima del tromboncino verso il calcio. Portando l'alidada in posizione di utilizzo, ovvero in posizione verticale, si blocca il flusso dei gas diretti al pistone (destinato a far retrocedere l'otturatore per il caricamento di una nuova cartuccia). In questo modo i gas prodotti dalla combustione della carica di lancio vengono utilizzati completamente per il tiro della granata da fucile. Riguardo l'utilizzo anticarro per effettuare il tiro teso con la granata bisognava collimare il bersaglio con una delle tre tacche di mira da 75, 100 e 120 metri presenti sull'apposita piastrina mobile da inserire nel sopracitato alzo prima dell'eventuale utilizzo, con il calcio dell'arma infilato saldamente sotto l'ascella del braccio ed impugnando l'arma sulla sua impugnatura a pistola, mentre l'altro braccio veniva infilato tra la cinghia e l'arma effettuando una leggera pressione sulla cinghia verso l'esterno. Il tutto sia per un più facile inquadramento del bersaglio e sia per ammortizzare meglio il forte rinculodovuto al blocco del foro di recupero gas.
Fu prodotto in cinque varianti principali:

BM59 Modello I, con calcio in legno. Conosciuto in Italia come "ITAL" e sul mercato estero come "BM59 Mk-1".
BM59 Modello II con calcio in legno e impugnatura a pistola per migliorare la tenuta da parte dell'operatore nel tiro automatico. Conosciuto sul mercato dell'esportazione come "BM59 Mk-2". In Italia non è mai stato impiegato militarmente, ma è stato venduto in quantitativi molto significativi all'esercito della Nigeria, divenendone per un certo periodo il fucile d'ordinanza e guadagnandosi anche l'appellativo di "Nigerian Type".
BM59 Modello III, con calcio metallico ripiegabile e impugnatura a pistola, progettato appositamente per gli Alpini Italiani e conosciuto dunque in Italia come "ITAL-TA" (TA per "Truppe Alpine"). Una variante del modello III, chiamata "ITAL-Para', o 'TP", è specificamente destinata alle truppe paracadutiste, e come tale utilizza un tricompensatore asportabile per ridurre ulteriormente le dimensioni e facilitare gli aviolanci. Conosciuto sul mercato dell'esportazione come "BM59 Mk-3".
BM59 Modello IV, con canna pesante e calcio in plastica, era studiato come arma di supporto nel ruolo di mitragliatrice leggera di squadra. Conosciuto in Italia come "ITAL-Pesante" e sul mercato dell'esportazione come "BM59 Mk-4", non è mai stato effettivamente utilizzato né tanto meno acquisito in quantitativi significativi dalle Forze Armate italiane. Ancora una volta, il principale sbocco commerciale di questo modello fu la Nigeria, che lo produsse anche localmente negli arsenali governativi (DICON), così come il Modello II, per la maggior parte assemblandolo con parti importate dall'Italia.
BM62, variante per il mercato civile, capace di solo tiro semi-automatico (a colpi singoli e non a raffica), era equipaggiato di un caricatore della capacità di soli cinque colpi calibro .308-Winchester, ed era privo sia del bipede ripiegabile che del caratteristico "tricompensatore", ovvero del manicotto, fisso sui modelli I, II e IV e rimovibile nel modello III, che funge ad un tempo da spegnifiamma, freno di bocca e lanciatore per le granate a codolo, sostituito da un rompifiamma diverso, fisso (non sostituibile col "tricompensatore") e che non consente il lancio di artifizi. La Beretta ne produsse poco più di tremila pezzi per il mercato civile italiano; un'arma molto simile denominata BM69, equipaggiata sia del "tricompensatore" militare che dell'originale caricatore da 20 colpi, fu assemblata dalla ditta statunitense Springfield Armory, inizialmente con parti importate dall'Italia poi interamente in loco con macchinari acquistati dalla Beretta, e fu venduta sul mercato civile americano durante gli anni ottanta (nello stesso periodo la Springfield Armory assemblò un certo quantitativo di BM59 a raffica). Più recentemente, la NUOVA JAGER srl ha immesso sul mercato civile italiano un'arma molto simile ma ulteriormente demilitarizzata, chiamata M-99, assemblata con Garand trasformati e parti di BM59 surplus, modificato nelle componenti meccaniche con lo stesso procedimento utilizzato dalla BERETTA per la versione civile BM62
Il BM59, nelle sue varianti, è stato adottato dall'Esercito Italiano e dalla Marina Militare italiana (per il battaglione San Marco e il Servizio difesa installazioni), nonché da altri paesi tra cui Eritrea, Argentina, Marocco, Indonesia e Nigeria; questi ultimi due paesi ottennero anche la licenza di produzione in loco, che misero in atto sia fabbricando l'arma interamente che assemblandola con alcune parti d'importazione italiana.

In Italia è rimasto in servizio fino a metà degli anni novanta, sostituito progressivamente dal più moderno fucile d'assalto Beretta AR 70/90. Questo fucile andò a far parte dell'equipaggiamento adottato dall'Esercito Italiano in Somalia nel 1993, durante l'operazione UNITAFdelle Nazioni Unite.

Nel tiro a raffica si inceppava spesso ed era evidente l'ingestibilità nel tiro automatico. Inoltre aveva il difetto di deviare il tiro a "sinistra" del bersaglio. Ciò era dovuto all'effetto dell'espulsione del bossolo verso destra dell'otturatore. Tecnica diffusa e insegnata in addestramento (così come il Garand M1) era mirare leggermente a destra in basso del bersaglio per compensare la deviazione del rinculo durante il fuoco. Tale confidenza si acquisiva dopo qualche esercitazione e il tiro non era poi così impreciso, specie nella posizione a terra e/o sul bipede di cui era dotato. Il munizionamento era assai potente e veloce (7,62 NATO). Nel tiro automatico a lungo raggio era di norma la raffica breve a 2-3 colpi, le raffiche lunghe erano pressoché inutili. Il tiro rapido con l'arma sottobraccio era molto impreciso oltre i 30-50 metri e sicuramente nel combattimento a brevissima distanza ci si trovava in svantaggio per l'ingombro e il peso.

Decisamente meglio era la versione per le truppe alpine e paracadutiste che con il calcio ripiegabile, offriva una migliore maneggevolezza, leggerezza e velocità nel tiro ravvicinato e un miglior appoggio spalla, estendendo il calcio in metallo, nel tiro di precisione.


Curiosità

Questo fucile fu distribuito fino al 1974 ad integrazione del 91 cavalleria (poi sostituito dalla carabina M1) ed ai battaglioni mobili dell'Arma dei Carabinieri nonché ai Reparti dei "Baschi Verdi" della GdF con funzione di lancia lacrimogeni nei servizi di ordine pubblico.
A bordo delle navi della Marina Militare il Fal veniva utilizzato anche come fucile lanciasagole, selezionando la modalità lanciagranate per convogliare i gas di sparo nella bocca da fuoco, ed impiegando cartucce con carica ridotta (senza proiettile): grazie alla spinta dei soli gas di combustione il fucile sparava un cilindro cavo di alluminio con testa gommata incastrato sulla bocca da fuoco, a cui era fissata una lunga sagola che veniva così lanciata ad una certa distanza dalla nave (non più di 50m) srotolandosi da una cassettina dove era stata opportunamente arrotolata per evitare che si imbrogliasse. Questa tecnica serviva soprattutto nei rifornimenti in mare, quando le navi devono assicurarsi a vicenda con una o più grosse cime per lo scambio di carichi o persone. Ogni cima veniva legata in fondo alla sagola sparata sull'altra nave. A questo punto bastava tirare la sagola da parte dell'equipaggio della nave raggiunta dalla testa gommata per poter recuperare e poi fissare la cima, ben più voluminosa e pesante. Per motivi di sicurezza non venivano usate cariche complete, il che impediva alla sagola di raggiungere distanze superiori.
La denominazione non ufficiale dell'arma, ovvero "Fal", può ingenerare confusione col nome di un fucile molto differente e ben distinto, lo FN FAL belga. Questo perché entrambi gli acronimi stanno per "Fucile Automatico Leggero" (Fusil Automatique Léger in francese per l'arma belga). Col suo peso di 4 chili e 400 grammi da scarico, dovuto soprattutto all'ampio uso di stampaggi metallici nella costruzione per limitare i costi, l'arma era in realtà tutt'altro che leggera, e questo le guadagnò tra le truppe il nomignolo di "fucile automatico pesante", o "Fap".
Nel giugno 2015 l'arma dei Carabinieri ha iniziato a dismettere e vendere all'asta oltre 15.000 BM-59. Nella prima metà del 2016 l'azienda vincitrice dell'asta l'italiana Nuova Jager Srl ha provveduto a demilitarizzarli, trasformandoli in carabine semiautomatiche, e a venderli sul mercato civile a collezionisti e tiratori.


(Web. Google, Wikipedia)

























Il caporale dei Bersaglieri Nico Vernì, responsabile del blog, prima dei tiri al bersaglio nei pressi di Albenga (SV), luglio 1977.




















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