Il Giuseppe Garibaldi è stato un incrociatore della Regia Marina italiana e successivamente della Marina Militare. Dopo aver subito radicali lavori di trasformazione, divenne la prima unità navale missilistica italiana.
Alla sua entrata in servizio il Garibaldi era classificato incrociatore leggero, in quanto secondo il Trattato navale di Londra del 1930, erano classificati tali gli incrociatori con cannoni da 6.1 pollici (155 mm) o più piccoli, mentre quelli con cannoni fino a 8 pollici (203 mm) erano definiti incrociatori pesanti.
La costruzione dell'unità avvenne nel Cantiere navale San Marco di Trieste ed ebbe iniziò il 28 dicembre 1933. La nave, varata il 22 aprile 1936, fu consegnata alla Regia Marina il 1º dicembre 1937.
La bandiera di combattimento venne consegnata il 13 giugno 1938 dalla città di Palermo e dalla Federazione Nazionale Volontari Garibaldini, dopo che il 5 maggio la nave aveva preso parte nel golfo di Napoli alla parata navale in onore del Cancelliere tedesco Hitler in occasione della visita in Italia.
L'unità faceva parte della classe Duca degli Abruzzi, ultima evoluzione degli incrociatori leggeri della classe Condottieri. Le navi del tipo "Duca degli Abruzzi" presentavano un perfetto equilibrio fra protezione, velocità, tenuta di mare e armamento, grazie all'esperienza acquisita dalla realizzazione delle precedenti classi e i miglioramenti introdotti richiesero un aumento del dislocamento, che per queste unità superò le 9.000 tonnellate, con un incremento di dimensioni, che portarono la lunghezza dello scafo fuori tutto a 187 metri, risultando quindi tra le più lunghe unità della Regia Marina, precedute soltanto dalle Littorio, dai Trento e dal Bolzano.
Particolare cura era stata posta nello studio della corazzatura. La protezione verticale era costituita da tre paratie, di cui la prima di 30 mm di acciaio al nichelcromo, la seconda di 100 mm di acciaio cementato che poggiava su un cuscino di legno con funzione ammortizzante ed una terza paratia di 12 mm con funzione di para schegge. La protezione orizzontale era costituita da una paratia dello spessore di 40 mm nel ponte di batteria e di spessore variabile tra i 20 e 90 mm nel ponte di coperta, mentre corazze curve dello spessore di 100 mm proteggevano i pozzi delle torri principali. La sovrastruttura presentava i due fumaioli ravvicinati e due catapulte, una per lato, che permettevano di imbarcare fino a quattro idrovolanti da ricognizione marittima IMAM Ro.43 biplani biposto a galleggiante centrale capaci di raggiungere circa i 300 km/h e con circa 1 000 km di autonomia, che avevano le ali ripiegabili all'indietro in modo da permetterne il ricovero sulle navi.
L'aumento delle dimensioni e del dislocamento richiese un aumento della potenza dell'apparato motore che era a vapore con due turbine tipo Belluzzo/Parsons alimentate dal vapore di otto caldaie a tubi d'acqua del tipo Yarrow/Regia Marina, con due caldaie in più rispetto alle precedenti realizzazioni della Classe Condottieri. In queste caldaie, alimentate a nafta, l'acqua fluiva attraverso tubi riscaldati esternamente dai gas di combustione. Questa configurazione sfruttava il calore sprigionato dai bruciatori, quello delle pareti della caldaia e quello dei gas di scarico. Nel XX secolo questo tipo di caldaia diventò il modello standard per tutte le caldaie di grosse dimensioni, grazie anche all'impiego di acciai speciali in grado di sopportare temperature elevate e allo sviluppo di moderne tecniche di saldatura. L'apparato motore forniva una potenzamassima di 100 000 CV e consentiva alla nave di raggiungere la velocità massima di 35 nodi, con un'autonomia che ad una velocità media di 13 nodi era di 4.125 miglia, mentre alla velocità di 31 nodi era di 1 .900 miglia. I serbatoi avevano una dotazione massima di combustibile di 1.725 tonnellate.
L'armamento principale era costituito da cannoni da 152/55 Ansaldo Mod. 1934 a culla singola e a caricamento semi-automatico installati in quattro torri, di cui una trinata ed una binata nella sovrastruttura di prua ed una torretta trinata ed una binata a poppavia del secondo fumaiolo, per un totale di dieci cannoni.
L'armamento antiaereo principale era costituito da 8 cannoni da 100/47 mm OTO in quattro complessi scudati, utili anche in compiti antinave, ma che con l'aumento della velocità dei velivoli e con le nuove forme di attacco in picchiata si mostrarono insufficienti alla difesa aerea e rivelarono una certa utilità solo nel tiro di sbarramento, tanto che per ovviare a tali inconvenienti venne approntato il complesso singolo modello 90/50 mm A-1938 con affusto stabilizzato che trovò impiego sulle Duilio e sulle Littorio ma non sulle Cavour.
L'armamento antiaereo secondario era costituito da 12 mitragliere Breda Mod. 31 da 13,2/76 mm che durante la guerra furono sostituite con altrettante mitragliere da 20/70 e 8 mitragliere pesanti Breda 37/54 mm montate in 4 impianti binati che si rivelarono particolarmente utili contro gli aerosiluranti e in generale contro i bersagli a bassa quota.
L'armamento silurante era di 6 tubi lanciasiluri in due complessi tripli, che nel 1945 vennero rimossi e che trovavano posto in coperta circa a metà distanza fra i due fumaioli.
Completavano l'armamento antisommergibile 2 lanciabombe di profondità.
Per la conversione dell'incrociatore Giuseppe Garibaldi in unità lanciamissili fu utilizzato lo scafo originario costruito nei Cantieri Riuniti dell'Adriatico (Trieste) tra il 1933/1937 su un progetto che all'epoca era considerato tra i migliori di quella categoria.
Lo scafo, conservò le dimensioni originarie, fu ricostruita la poppa che divenne del tipo a specchio e si chiusero le aperture a murata per consentire l'installazione di un impianto di ventilazione/condizionamento e di un sistema di difesa NBC.
L'apparato propulsivo rimase in parte quello originario, con 6 caldaie a tubi d'acqua subverticali tipo Yarrow/Regia Marina e due gruppi turboriduttori Parsons the fornivano - negli anni '50 - una potenza complessiva di 85.000 HP su due assi, per una velocità massima di 30 nodi ed un'autonomia di 4.500 miglia a 20 nodi.Essendo rimasta inalterata la disposizione dei locali macchine ed avendo adottato un unico fumaiolo (successivamente allungato per evitare the i gas di scarico interferissero con le apparecchiature elettroniche) in luogo dei due precedenti, fu necessario modificare sia il percorso delle condotte di scarico delle caldaie, sia altre sistemazioni ausiliarie. Per far fronte alle maggiori esigenze di energia derivate dall'adozione di moderni impianti meccanici ed elettronici, fu inoltre necessario installare ex-novo quattro turboalternatori Tosi-Brown Boveri e due diesel-alternatori Fiat-Brown Boveri.
La ricostruzione delle sovrastrutture implicò la realizzazione di un ponte di castello lungo quasi 90 metri, raccordato verso poppa con una tuga estesa per 65 metri, alla cui estremità erano posizionati i quattro pozzi di lancio per missili balistici tipo Polaris. Il complesso plancia-torrione era sormontato da un albero a quadripode che sorreggeva un radar tridimensionale di sorveglianza aerea AN/SPS-39 Frescan; seguivano il grande fumaiolo e un altro albero a quadripode per il radar di scoperta aerea lontana Argos 5000 di produzione nazionale, in grado di battere, in condizioni favorevoli di propagazione, bersagli fino a 500 miglia di distanza.La sommità della tuga missili ospitava i due radar di illuminazione e guida AN/SPG-55, cui era asservita la sottostante rampa binata Mk 9 Mod.1 montata a sua volta sul cielo del locale che ospitava il dispositivo di caricamento e il deposito dei missili Terrier.
L'armamento artiglieresco era articolato su due torri prodiere binate da 135/45 mm e su otto pezzi da 76/62 mm OTO Melara «Allargato», disposti ai lati del complesso fumaiolo-torrione.La dotazione elettronica era completata da un radar di sorveglianza aeronavale AN/SPS-6, da un radar di navigazione/sorveglianza di superficie MM/SPQ-2 e da cinque direzioni del tiro, di cui quattro associate ai pezzi da 76/62 mm e una ai calibri principali.Dopo la ricostruzione, il Garibaldi aveva un dislocamento standard di 9.802 tonnellate che salivano a 11.335 a pieno carico, per una corrispondente immersione media di 6,7 metri.
La parte più interessante del progetto riguardò l'installazione dei quattro pozzi di lancio per i missili balistici a medio raggio Polaris, ricavati nella zona poppiera precedentemente occupata da depositi e cale di varia destinazione. Il progetto delle nuove sistemazioni, curato dall'allora Capitano di Vascello Glicerio Azzoni, riguardava sia le sistemazioni strutturali per il lancio degli ordigni che la collocazione (in locali adiacenti a quelli dei pozzi) di tutti gli impianti e le apparecchiature necessarie al corretto impiego dei Polaris (strumentazioni per la navigazione, l'individuazione dei riferimenti e la determinazione dei movimenti della nave, più il complesso delle unità di calcolo). Queste sistemazioni coinvolsero una zona, compresa fra le ordinate 15 e 31 e delimitata da paratie stagne, lunga complessivamente circa 14 metri, dotata di triplo tondo e di un certo grado di protezione laterale; i locali in cui essa era suddivisa avevano un'altezza di circa 8 m - per buona parte compresi al disotto della linea di galleggiamento - ed erano delimitati superiormente da due tughe. I pozzi di lancio (lunghi circa 8 metri, con un diametro di 2 metri e con i portelloni superiori apribili per rotazione verso la mezzeria della nave) scendevano attraverso tali tughe penetrando per un breve tratto attraverso il cielo dei locali sottostanti, la cui funzione era legata alla modalità di lancio dei missili e le cui strutture vennero dimensionate per resistere sia alto shock termico che a quello meccanico.
A differenza di quanto avveniva per i Polaris installati sui sottomarini, il cui lancio era effettuato «a freddo» espellendo il missile dal silo mediante un getto di aria compressa prima dell'accensione del motore del primo stadio, i missili del Garibaldi avrebbero infatti dovuto essere lanciati «a caldo», utilizzando cioè una carica esplosiva, e necessitavano quindi di uno spazio entro cui sfogare gli effetti dell'esplosione. La realizzazione di tali sistemazioni richiese circa 6 mesi e una spesa comparabile a quella per l'acquisto di un singolo pezzo da 76/62 mm.
Le prove di collaudo dei pozzi iniziarono nell'ottobre 1961, mentre nel periodo dicembre 1961/gennaio 1962 vennero effettuati lanci di collaudo con simulacri inerti, sia a nave ferma che in navigazione, per poi proseguire sino all'agosto del 1962 con lanci di simulacri autopropulsi.Motivazioni di natura politica impedirono però la prevista acquisizione dei Polaris, cosicché il Garibaldi prosegui la propria esistenza come unità sede comando della Squadra Navale, partecipando ad attività addestrative di vario tipo in Mediterraneo e oltreoceano e rimanendo comunque, in virtù della presenza del sistema Terrier, il primo incrociatore lanciamissili ad essere entrato in servizio in una marina europea.
L'unità fu posta in disarmo nel gennaio del 1971, al termine di 33 anni di servizio.
(Web, Google, Wikipedia, MMI)
Ciao! Bellissima pagina! Mio papà fece il militare su questa grande nave! Sai per caso se esiste una versione modellino da collezionismo??
RispondiEliminaBISOGNA FARE UNA PICCOLA RICERCA SU INTERNET: SONO CERTO CHE ESISTE UN MODELLO IN SCALA DELLA VERSIONE DELLA 2^ GM E NON DI QUELLA RIMODERNATA. UN SALUTO CORDIALISSIMO.
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